Come in un cabaret di fantasmi Kantor e la morte dell'artista di Osvaldo Guerrieri

Come in un cabaret di fantasmi Kantor e la morte dell'artista Lo spettacolo al Colosseo per la stagione del Cabaret Voltaire Come in un cabaret di fantasmi Kantor e la morte dell'artista TORINO — Uscito dalla crisalide del dadaismo. Tadeusz Kantor ha fatto della morte il centro poetico del proprio lavoro teatrale e il leitmotiv della propria maturità. Una decina d'anni fa. con La classe morta, intraprese quel percorso dentro al labirinto mortuario e alle ossessioni della memoria che si precisarono con Wielopole Wielopole e culminarono nel Crepino gli artisti giunto l'altra sera al Colosseo per le Frontiere del teatro del Cabaret Voltaire. Ma la morte secondo Kantor. pur intrisa di stilemi dada e profondamente legata al .formismo» catastrofico di Witkiewicz. procede per sentieri che divergono dalla letteratura, si nutre di un autobiografismo che solo in parte è memoria individuale, anzi, più spesso, è vicenda collettiva, proiezione di sé in uomini — marescialli o artisti — con 1 quali è possibile risalire il fiume degli anni Il maresciallo Pilsudski e lo scultore quattrocentesco Veit Stoss sono, non a caso, gli interlocutori dialettici e poetici di uno spettacolo che mette in scena un'umanità di giocatori bari, puttane, sguattere formalizzata nel nero e incorniciata dall'altro nero della scena. In un angolo, come un direttore che regoli i tem pi e i modi della rappresentazione, lo stesso Kantor osserva il proprio doppio in frak. il quale, sdoppiandosi come in un gioco di specchi, osserva se stesso morire. Intanto la memoria privala materializza un ricordo di sé bambino nell'atto di trascinare, seduto sul proprio carrettino, una processione di feticci legaci alla propria anima di polacco: il maresciallo che giunge sullo scheletro di un cavallo: lo scultore chiuso in una prigione simbolica, citazione del carcere in cui l'artista fu realmente rinchiuso e torturato in un modo orribile, con un chiodo che gli trapassava le guance: i soldati di stagno, che vengono a formare una turba burattinesca: l'immagine di una 1 santa Maria incapsulata nel misticismo devozionale... Provengono da una misteriosa lontananza ed invadono il presente: la vita, le utopie, le grandezze e le bassezze del passato si rigenerano nel presente. Nella bellissima scena del supplizio, quando i fantasmi vengono inchiodati ad elementari macchine della tortura, quei morti senza gloria riacquistano nuova vita grazie all'intervento dell'arte. Ed è una vita in continua rigenerazione: escono, quelle ombre, dalla porta del ricordo e si dispongono in parata, ai I ritmi di una marcia e di un j | tango degradate, fino a fis- j sarsi nell'ultima opera di Stoss. La barricata, che ac-; iquista significato simbolico, l jallude a una forma della] ! mente e alla condizione idea| le dell'artista, che deve saper salire sulla barricata e ImmoI larsi per rinascere. Il grandissimo fascino di 1 questo spettacolo consiste . I nel modo in cui vengono di- j sposti gli elementi onirici e ; quelli più largamente culturali, nella circolarità che as-1 ! sumono e nello stile in cui I ;sono proposti: un modo acre ■ 1 da cabaret postimpressioni- ■ ' sta, un grottesco temperato | dall'ironia, un tono da rivista i funeraria ma tuit'altro che ' funebre. ; Alla fine, esplosione d'emù! siasmo del pubblico, che ha applaudito la compagnia del i I Cricot per sei minuti. Si re- , , plica fino a domani pomerig- • i gio. Osvaldo Guerrieri

Persone citate: Kantor, Pilsudski, Tadeusz Kantor, Veit Stoss

Luoghi citati: Torino