Il Diritto di fronte ai danni nucleari

Il Diritto di fronte ai danni nucleari Come ottenere il risarcimento? Il Diritto di fronte ai danni nucleari E' di questi giorni la notizia di azioni giudiziarie promosse da privati e da enti pubblici minori, in Italia e all'estero, contro l'Unione Sovietica per ottenere un risarcimento dei danni provocati dal grave incidente di CernobiI. Di fronte a tali iniziative due sono i problemi che possono porsi. Il primo riguarda la configurazione stessa di una responsabilità dell'Unione Sovietica, il secondo l'individuazione dei soggetti legittimati a farla valere e dei mezzi all'uopo utilizzabili. Sul primo punto, non v'è dubbio che la risposta debba essere positiva. Il principio secondo il quale chiunque arrechi ad altri, col proprio comportamento doloso o colposo, un danno ingiusto, è tenuto a risarcirlo, risale al diritto romano, è consacrato dagli ordinamenti dei Paesi più civili ed è indubbiamente accolto anche nel Diritto internazionale. Diffìcile valutazione Il problema è semmai complicato dalla particolare natura dei danni causati dagli incidenti nucleari che spesso si avvertono a distanza di molti anni (ad esempio sotto forma di alterazioni genetiche, di accresciuta insorgenza di gravi malattie, eccetera) e sono quindi difficilmente valutabili. D'altra parte, sulla entità dei danni incidono spesso in misura rilevante le misure di protezione adottate dallo Slato danneggiato. L'Unione Sovietica potrebbe ad esempio sostenere, a torto o a ragione, che il divieto di vendita di certe derrate imposto dal governo italiano sia stata una misura eccessiva e ingiustificata e quindi declinare ogni responsabilità per i danni che ne sono derivati ai produttori agricoli del nostro Paese. Per quanto riguarda il secondo punto, vi è da dire che l'unica via giudiziaria aperta ai privati stranieri è quella che può essere fatta eventualmente valere dagli stessi di fronte ai tribunali interni sovietici, in base alle leggi di quello Stato. Quanto essa sia praticabile e quali prospettive offra ognuno può valutare. Nell'ordinamento italiano, invece, un'azione del genere, salvo una improbabile crisi di magnanimità da parte sovietica, ha ben scarse prospettive. Nel Diritto internazionale, infatti, vige il principio della esenzione giurisdizionale degli Stati esteri: uno Stato, proprio perché ente sovrano, non può essere tradotto davanti ai tribunali di un altro Stato, a meno che non agisca come un privato qualsiasi, cosa che sembra da escludersi nel caso della gestione di un impianto nucleare, soprattutto nell'ambito di una concezione dell'economia com'è quella sovietica. Una iniziativa volta ad ottenere il risarcimento non può quindi essere intrapresa davanti a un tribunale interno straniero, che, per le ragioni esposte, sarebbe carente di giurisdizione. Essa andrebbe semmai adottata a livello diplomatico, e quindi solo da parte dello Stato di cui i privati danneggiati hanno la cittadinanza e solo dopo che questi ultimi abbiano inutilmente tentato di ottenere soddisfazione dai tribunali interni sovietici. Lo Stato danneggiato potrebbe poi ripartire proporzionalmente tra i propri cittadini colpiti dall'esplosione la somma eventualmente ottenuta a titolo di riparazione. Ci si può chiedere quali altre vie sussistano una volta fallita quella diplomatica. Nel Diritto internazionale non esistono tribunali con giurisdizione obbligatoria, di fronte ai quali uno Stato sia costretto a rispondere del proprio operato, come accade fra gli individui nel Diritto interno. La prospettiva di investire del problema una Corte intemazionale e di ottenere una sentenza di condanna è quindi legata al fatto che i due Stati interessati abbiano stipulato un accordo accettando liberamente tale giurisdizione. Tale accordo, con l'Unione Sovietica, non esiste e non è certo probabile che tale Stato sia disposto a sottoscriverlo proprio ora. Pertanto, nel caso che venga declinata ogni responsabilità, l'unica arma a disposizione degli Stati danneggiati è, a rigore, quella della autotutela, che potrebbe esplicarsi sotto forma di azioni di vario genere come il sequestro di beni dello Stato responsabile esistenti all'estero o il non pagamento di forniture già effettuate. Ma è chiaro che considerazioni di carattere politico spesso sconsigliano, specie quando altri interessi sono in giuoco, iniziative del genere. Un trattato internazionale L'incidente di CernobiI ha avuto se non altro il merito di porre gli Stati di fronte a un problema che non può più essere accantonato. E' urgente la stipulazione di un trattato intemazionale che, analogamente a quanto è stato fatto con il trattato del 29 marzo 1972 per i danni causati da oggetti spaziali, affronti il tema della responsabilità connessa alla gestione di impianti nucleari. Tale trattato dovrebbe sancire, come si sta facendo nel Diritto interno, il principio della responsabilità oggettiva dello Stato in cui rimpianto è situato (indipendentemente cioè dall'accertamento di una sua «colpa»), e fissi parametri determinati per la valutazione dei danni, con riferimento, ad esempio, al grado di radioattività riscontrato, ad opera di organi intemazionali di controllo, nei Paesi danneggiati. Giorgio Badiali Ordinarlo di Diritto Intemazionale olla facoltà di Giurisprudenza di Perugia

Persone citate: Giorgio Badiali

Luoghi citati: Italia, Perugia, Unione Sovietica