Il varietà tv piace di più
Il varietà tv piace di più Un sondaggio di «Punto 7» Il varietà tv piace di più In «Punto 7» di Arrigo Levi sono venuti fuori l'altra sera i curiosi risultati di un sondaggio. La domanda era «Qual è secondo voi. oggi, la forma più viva di spettacolo in Italia?». Partendo dal basso, la prosa non ha raccattato che l'otto per cento delle risposte. Su qualche gradino più. in alto la lirica, a quota undici. Un posto eminente è stato assegnato al cinema, con il trentadue per cento; cinema che però è stato net-, tornente battuto dal varietà televisivo con un trionfante trentanove per cento. Si sa che i dati dei sondaggi non sono mai verità assoluta e che spesso provocano polemiche e risentiti «distinguo.. In genere possono fornire indicazioni di massima: tuttavia i risultati di questo sondaggio, direi soprattutto il risultato al vertice, sono alquanto sconcertanti. Dunque per trentanove interpellati su cento lo spettacolo più vivo che si produce oggi in Italia è il varietà che compare sul teleschermo. Ci sarebbe da chiarire il significato dell'aggettivo «vivo-.' sta per vivace, o sta per intrigante, pimpante, coinvolgente, pieno di cose, o anche per intelligente? Comunque c'è da prendere atto dì questa indU:azione, ma al tempo stesso non si può non rilevare come oggi il varietà televisivo risulti in profonda crisi di qualità. Alla rivista vera e propria, quella con il comico, è andato via via sovrapponendosi il contenitore di varietà, un mastodonte dove si rovescia dentro di tutto, e che dura due o tre ore per puntata. La preoccupazione principale è di rastrellare ospiti di nome, il vanto maggiore è di offrire uno spettacolo-fiera-passerella che sia il più possibile lungo, grande e grosso; al centro, il conduttore o la conduttrice — Carrà o Goggi o Baudo — che sono molto più padroni manageriali e mattatori egocentrici e invadenti del comico di una volta. Sono spettacoli interminabili, rigurgitanti di chiasso, salamelecchi, ciarle e conformismo, e poveri di spirito e di mordente; sono i simboli di una tv sfarzosa, fragorosa, commerciale e sponsorizzata che cerca di sbalordire soltanto con la quantità. ' A rappresentare la rivista autentica — in crisi non solo per carenza di ingegni ma anche per ragioni di costi — rimane poco, forse ultimo campione è .Drive in. che seguita a sgranare imperterrito, una dopo l'altra, le sue puntate a schema fisso, con personaggi fissi e modi di dire e battute che puntualmente, o inesorabilmente, tornano ogni domenica come fossero spot ricorrenti (si. è sul martellamento della ripetitività che .Drive in. fa leva, ma la ripetitività può causare un logorio e un effetto di prevedibilità e monotonia tali da soverchiare i guizzi originali sparsi qua e là). Proprio un anno fa erompeva il successo travolgente di «Quelli della notte» che si era imposto per estro, comunicatività, immediatezza, e per irresistibile forza di collettivo umoristico. Stanno sfilando ora in tv le patetiche membra sparse in volonterosi ritrattini, il che fa ancora più rimpiangere quel felice momento, quell'anomalo show con cui Arbore aveva dimostrato che si può .osare il nuovo» contro la tradizione — persino in Rai — e ottenere l'unanime assenso del pubblico. Ma la trasmissione di «Quelli della notte» resterà presumibilmente un'esperienza unica; oggi, di sicuro, la si vorrebbe trasformare in un varietà kolossal imbottito di pubblicità. Ugo Ruzzolati
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