Forse presto riavremo un grande Calcagno

bridge bridge Forse presto riavremo un grande Calcagno QUANDO siamo capitati a casa Calcagno, si stava festeggiando Edoardo, tre anni, nipotino prediletto, scarsamente interessato al visitatore ma assai più alla torta. Gabriele Calcagno, nazionale di bridge degli Anni 60. vive in campagna ad Aimese, all'imbocco della Val di Susa, a ridosso delle montagne: grande casa, ampio cortile, orto e nove giornate di terreno e alle spalle un bosco di castagni. Da Almese, Gabriele Calcagno è però in contatto persino con la Cina: la sua attività, nient'aifatto campagnola, è quella di consulente aziendale, esperto di mercati e di espansione commerciale, e di ristrutturazione d'industrie, cui sta ora avviando anche il figlio e la figlia col non del tutto segreto proposito di ritirarsi e di ricominciare a dedicarsi al bridge. E' passato infatti non poco tempo, e non poco lavoro, da quel 1962 quando lasciò 11 bridge dopo i primi successi nazionali (con Luigi Firpo, Salvatore e Tilly Marano, Gianni Brogi e Maria Bertela) e le prime esperienze internazionali: ma non ripose definitivamente le carte in un cassetto, si riservò una rentrée, magari da protagonista, di cui oggi — sistemata la sua vita e anche con un cuore rimesso a nuovo — sta meditando il programma. Perché c'è anche il difficile problema, caratteristico del bridge, che è il compagno: come diceva Perroux. quella «dolorosa ma Ineluttabile fatalità» del dover giocare con un partner. Gli inizi dei grandi giocatori nascono spesso dal caso: Calcagno cominciò perché, finito ili prigione per antifascismo, non trovò altro libro da leggere che il famoso Bridge contratto, di Culbertson. Tornato in libertà si sarebbe forse dimenticato di quel curioso gioco se un giorno alcuni amici non avessero cercato il quarto. «Ma io non ne so quasi nulla», disse, ma dopo mezz'ora s'accorse che a non capirne nulla erano gli altri. Partecipò al primo torneo e lo vinse. Nel 1961, a Saint-Vincent, Calcagno in coppia con Firpo giocava contro l'Inghilterra in sala chiusa: in sala aperta c'erano Avarelli-Belladonna. A metà incontro, dopo circa cento smazzate e il punteggio grosso modo in parità, capitò questa mano: • 107 V QJ942 0 J53 •> 976 *> KJ86 N 0 A952 S!AK n| |p V 875 0 Q 10982 "| |C 0 76 + 54 S * AQJ2 • Q43 V 1063 0 AK4 • K1083 Ovest apre di 1 Fiori, Firpo in Nord passa. Est (era Joel Tarlo) dice Picche e Calcagno (in prima contro seconda) passa senza esitazioni. Sul 2 Picche di Ovest, Tarlo chiude a 4. «Devo dire», racconta Calcagno, «che la stessa licita si sviluppò nell'altra sala. Terence Reese, che sedeva al mio posto, intavolò l'A di Quadri e per i nostri non ci furono problemi. Io fui agevolato dalla lunga pensata di Tarlo prima di dire 4 Picche: ebbi cosi il tempo di scegliere L'attacco... meno brutto e uscii col 4 di Picche». Sul 6 del morto e il 10 di Firpo,', Tarlo prese d'A e dopo un'altra meditazione mosse Quadri. Calcagno passò immediatamente il 4 e sul 2 del morto fece presa il J di Firpo che rientrò Fiori per la Q e il K di Calcagno. «Ancora una volta non esitai intavolando il 3 di Picche e rimettendo in augustie Tarlo che fini per passare il K. Segui la Q di Quadri e realizzai l'A, incassai la Q di Picche e rinviai Cuori. Tarlo riparti di 10 di Quadri ma rimase perplesso quando vide Firpo rispondere col 5. Forse ebbe 11 dubbio d'essere incappato male, ma poi si decise a scartare Cuori e io mi feci anche il K. Cosi fu sotto di due prese». Luigi A. Bassi Camillo Pabis-Ticci

Luoghi citati: Aimese, Almese, Cina, Inghilterra, Saint-vincent