Un'unica dose di allergene può liberare dagli starnuti

Un'unica dose di allergene può liberare dagli starnuti Un'unica dose di allergene può liberare dagli starnuti T8 ^ HLA Classe I bersaglio CON la fioritura degli alberi e l'aria di primavera piena di pollini, lacrimazione, sternuti, prurito al naso e difficoltà di respirazione colpiscono in Italia oltre due milioni di individui. Che fare? Sulla base di una diagnosi precisa e corretta si può instaurare la terapia iposensibllizzante, detta più modernamente immunoterapia specifica, che consiste nella somministrazione per via sottocutanea di dosi crescenti dell'allergène o degli allergeni responsabili della fastidiosa sintomatologia. Un metodo di cura abbastanza efficace è quello ideato nel 1966 dal profesor Me Ewen del St. Mary Hospital di Londra, studiato per anni con osservazioni sperimentali in diversi modelli su cavie, ratti, topi e oggi applicato correntemente all'uomo con ottimi risultati. La tecnica consiste nella coniugazione dell'allergene con un enzima, la «beta-glicuronidasi». Questa da sola non ha_ nessuna .azione;., agisce infatti soltanto se associato cori l'allergene, an-che in dosi minime. La beta-glicuronidasi è un enzima presente negli organismi animali e vegetali, quindi anche nell'organismo umano, e agisce sul sistema immunitario, regolandone la risposta quando viene a contatto con qualche sostanza allergogena. Me Ewen ha condotto i suoi esperimenti basandosi su queste osservazioni e Modello di Recettori della cellula T Questi ricercatori osservarono che tale molecola è in realtà un sistema alternativo di attivazione delle cellule T, che esercita le sue funzioni senza tutte le restrinzioni cui è vincolato il sistema TÌ-T3. Inoltre, un ricercatore italiano, C. Milanese, dottorando in Genetica Umana dell'Università di Torino, durante la sua permanenza a Boston è riuscito a chiarire le modalità di azione del TU, che contiene un sito di legame specifico per un nuovo fattore attivante prodotto dai linfociti T helper, definito in- La soluzione è stata quella di ottenere in vitro quantità virtualmente illimitate di cellule T omogenee (cioè con un unico recettore specifico per lo stesso antigene) grazie all'impiego di particolari condizioni colturali oppure mediante immortalizzazione per ibridazione somatica di cellule T. Il primo approccio è stato eseguito da Ellis L. Reinherz dell'Harvard University che riuscì a produrre anticorpi monoclonali, specifici per il recettore T. E' stato cosi possibile studiare la struttura del recettore la provocando la morte della cellula ospite, mentre le altre popolazioni sono deputate alla regolazione della risposta immune (in senso negativo nel caso dì T suppressor e positivo da parte di T helper). Sorprendente è risultata la somiglianza fra il recettore delle cellule T e le immunoglobuline, sia in termine di struttura generale che di sequenza. Queste osservazioni sono state ulteriormente confermate dai risultati del clonaggio dei geni che codificano per tali recettori. Impronte digitali genetiche Alee Jeffreys e i suoi colleghi della Leicester University in Inghilterra sono riusciti ad individuare le sezioni di DNA che rendono una persona unica, mettendo cosi a disposizione una nuova irrefutabile prova di Identità destinata a rivoluzionare la medicina legale. Alcune di queste sezioni, chiamate «minisatelliti», sono lunghe, altre corte, secondo 11 numero di volte che una specifica sequenza chimica è ripetuta in ogni sezione. Il numero di replicazioni in ogni minisatellite varia da un individuo all'altro, costituendo delle vere e proprie impronte digitali, dV DNA, dal momento che la probabilità di trovare uno schema di minisatelliti identici è pari a una su 100 milioni. Unica eccezione: i gemelli identici, che presentano lo stesso set genetico. Queste impronte possono essere individuate nel sangue, nel liquido seminale e in altri tessuti. Fabio Malavasi giungendo a stabilire la dose ottimale di enzima che deve essere messa in contatto con l'allergene in causa. E' stato dimostrato che la beta-glicuronidasi induce una tolleranza immunologica quando l'antigene iniettato rimane trattenuto negli strati vascolari: l'aumentata permeabilità vascolare dovuta all'enzima permette quindi di potenziare l'effetto desensibilizzante. E' ipotizzabile che altre sostanze in grado di aumentare la permeabilità vascolare potranno in seguito essere adoperate per ottenere l'induzione della tolleranza immunologica e potranno chiarire con maggiore precisione scientifica il meccanismo di questa moderna e interessante tecnica terapeutica. Dal punto di vista pratico, la somministrazione consiste in una leggera scarificazione della cute dell'avambraccio, sulla quale viene applicata un'apposita «conchìglia» che contiene la giusta dose di allergene (pollini) coniugato con l'enzima potenziarne. La «conchi-' glia» dev'essere mantenuta per 24 ore, affinché la sostanza venga lentamente assorbita attraverso la scarificazione, una piccola abrasione non più importante di un graffio. Passate le 24 ore, il paziente potrà rimuovere la conchiglia da solo. Questa modalità terapeutica in un'unica dose annuale offre numerosi van¬ taggi: non è rischiosa, perché la quantità di allergene somministrata è minima e non sono perciò ipotizzabili reazioni anafilattiche o sistemiche; non esistono controindicazioni (eccetto la gravidanza o altre vaccinazioni in corso); è indolore, di facile applicazione, utilissima al pazienti che per motivi di lavoro o di lontananza non possono seguire con costanza le iniezioni settimanali per i tre mesi che precedono la pollinazione. Infine può essere applicata fino a 15 giorni prima della fioritura dei pollini, il che è di grande utilità per coloro che si rivolgono in ritardo allo specialista allergologo. Questa tecnica offre buoni risultati non solo con 1 pollini di Graminacee e di Parietarie, ma anche nelle sindromi asmatiche provocate dalla polvere di casa (e quindi dagli acari domestici del genere Dermatophagoides). Inoltre è in fase di avanzata sperimentazione per le forme di sensibilità allergica verso alcuni 'alimenti, per le quali occorrer no però tre-quattro applicazioni ogni anno. Secondo Me Ewen la «conchiglia» deve essere applicata per due-tre anni consecutivi dopo i quali potrà essere sospesa per un periodo di tempo che varia da caso a caso: talora passano anche 10 anni prima che ricompaia la sintomatologia primaverile-estiva. Enrico Belli

Persone citate: Ellis L., Enrico Belli, Ewen, Fabio Malavasi, Jeffreys, Mary Hospital

Luoghi citati: Boston, Inghilterra, Italia, Londra