Henry James spiega se stesso

Quasi un' «arte del romanzo» nelle prefazioni del grande scrittore ai suoi libri Quasi un' «arte del romanzo» nelle prefazioni del grande scrittore ai suoi libri Henry James spiega se stesso furono tradotte in italiano nel 1956, per l'editore Neri Pozza, ad opera e con una introduzione di Agostino Lombardo: è, con qualche revisione e ampliamento bibliografico, il volume oggi riproposto dagli Editori Riuniti -Le prefazioni' (396 pagine, lire 28.000), affascinantissima lettura alla quale non è difficile prevedere, oggi, diffusione ben maggiore che non trent'anni fa, quando i lettori italiani del Maestro si conoscevano quasi tutti fra loro. Con un cri du coeur di traduttore messo a dura (e, affrettiamoci ad aggiungere, vittoriosa) prova, Lom¬ NEL 1907-09, ormai prossimo alla conclusione di una gloriosa carriera iniziata quarant'anni prima. Henry James curò con caratteristica scrupolosità l'edizione in ventiquattro volumi delle sue opere narrative; e oltre a sancire clamorose esclusioni, e a intervenire su testi ormai consacrati in modo che avrebbe reso perplessi molti critici e lettori, dettò diciotto memorabili prefazioni, che in seguito, nel 1947. R.P. Blackmur avrebbe raccolto in un volume unico, intitolandolo L'arte del romanzo. Queste stesse prefazioni bardo mette l'accento sulla deliberata capricciosità dello stile di Henry James prefatore di se stesso, sornionamente colloquiale e autobiografico negli spunti — quasi tutte le prefazioni cominciano con la reminiscenza dei luoghi o delle circostanze che costituirono il germe delle trame — per poi diventare a gradi sottilmente e puntigliosamente metafisico. In effetti, forse non si saprebbe indicare un luogo dove più che in questo libro derivato da tanti libri precedenti Henry James sia caratteristicamente se stesso, eloquente e impacciato, lucido e ambiguo, accattivan¬ te e ostico. Protetto dalla maschera dell'imparzialità che affetta dì adottare nell'osservazione della propria produzione talvolta di molti anni prima (e alla quale, si è osservato, eglt attribuisce in qualche caso intenzioni che all'epoca l'autore era certamente lontano dal nutrire), The Master approfitta dell'occasione per dare, tramite molti tocchi obliqui e apparentemente casuali, la formulazione più completa della ferrea filosofia che fu alla base della sua ricerca nel campo della natura del romanzo e dell'arte in genere. Masolino d'Amico Henry James in una caricatura di Levine (Copyright N.Y. Review of Books. Opera Mundi e per l'Italia -La Stampa-) verlo; ricordo di esservi stato molto impegnato, l'anno successivo, durante un soggiorno di parecchie settimane a Venezia. Avevo un alloggio sulla riva degli Schiavoni, in cima ad una casa accanto al vicolo che conduceva a San Zaccaria; la vita del molo, la meravigliosa laguna distesa dinanzi a me, e l'incessante chiacchiericcio umano di Venezia giungevano fino alle mie finestre, verso le quali mi par d'essere stato costantemente attratto, nell'infruttuosa impazienza della composizione, come per vedere se dall'azzurro canale non potesse profilarsi alla vista la nave di un qualche suggerimento esatto, di una frase migliore, della felice svolta successiva del soggetto, del giusto tocco successivo per la mia tela. Ma ricordo, abbastanza vividamente, che, in 'generale, la risposta più frequente a tali inquieti appelli era il monito piuttosto cupo che i luoghi romantici e storici, come quelli di cui abbonda la terra d'Italia,, offrono all'artista un discutibile aiuto alla concentrazione, a meno che non ne siano essi stessi l'oggetto. Essi son troppo ricchi della propria vita, e troppo carichi dei propri significati, per limitarsi ad aiutarlo a raddrizzare una frase; lo distolgono dai suoi piccoli problemi per porlo dinanzi ai loro, tanto più grandi; sì che, dopo un po', mentre si volge ansioso verso di essi, gli par di trovarsi nella situazione di chi si rivolga ad un esercito di gloriosi ex combattenti affinché lo aiutino ad arrestare un venditore ambulante che gli ha dato il resto sbagliato. Vi sono pagine del libro che, nel rileggerle, mi hanno fatto come rivedere l'irta curva dell'ampia riva, le larghe chiazze di colore delle case coi balconi e la ripetuta ondulazione dei ponticelli gobbi, segnata dal sorgere e dal ricadere, con l'onda, di risonanti pedoni a mezzo busto. Il suono di passi e le grida veneziane — a Venezia ogni discorso, dovunque sia fatto, ha il timbro di una chiamata attraverso l'acqua — ritornano ancora alla finestra, rinnovando l'antica impressione del godimento dei sensi e della frustrazione e divisione della mente. Com'è possibile che luoghi che parlano così in generale all'immaginazione non le diano, poi, la cosa particolare che essa richiede? Ricordo d'essere stato continuamente preso, in luoghi notevoli per la loro bellezza, da tale stupore. La verità è, io credo, che in questo senso essi esprimono fin troppo — più di quanto, in un dato caso, possa servire; sì che ci si trova a lavorare meno proficuamente, per quel che riguarda il quadro che ci circonda, che non in presenza di un elemento moderato e neutro, al quale possiamo dare alcunché della luce della nostra visione. Un luogo come Venezia è troppo orgoglioso per siffatta beneficenza; Venezia non prende in prestito, ma dà tutto munificamente. Noi ne profittiamo enormemente, ma per far ciò dobbiamo essere o del tutto in vacanza o esclusivamente al suo servizio. Tali, e tanto amare, sono queste reminiscenze; anche se, nel complesso, non v'èdubbio che il libro, e il «lavoro letterario» hi,,senso lato, non potessero, che diventarne migliòri. Henry James

Persone citate: Agostino Lombardo, Henry James, Levine, Masolino D'amico, Neri Pozza

Luoghi citati: Italia, San Zaccaria, Venezia