Lévinas: il bello, il sacro e la morale

Quinzio incontra il filosofo francese che presenta in Italia il suo ultimo saggio Quinzio incontra il filosofo francese che presenta in Italia il suo ultimo saggio Lévinas: il bello, il sacro e la morale NAPOLI — Il volto di Emmanuel Lévinas rende testimonianza, prova la verità dell'affermazione sulla quale il filosofo ha costruito il suo discorso: prima di ogni cosa, di ogni possibile conoscenza, ciascuno di noi è interpellato dal volto dell'altro, alla responsabilità per l'altro uomo risale l'origine dell'intelligibilità, e del senso. Il volto di Lévinas provoca intensamente l'umanità del suo interlocutore: è il volto vivacissimo di un ebreo ottuagenario, lituano di nascita, vissuto in Russia al tempo della rivoluzione, e che ha conosciuto 1 campi nazisti. Parlando a Napoli ha interpretato il secondo versetto della Bibbia, In cui è scritto che prima della creazione lo spirito di Dio si librava sulle acque, con l'aiuto di un antico commento rabbinico, in cui quel librarsi di Dio è paragonato al volo di un uccello sul nido dei piccoli. Dunque, prima ancora della luce, prima del senso razionale dell'uomo, c'è la tenerezza di Dio. Il volto di Lévinas, attento e disponibile all'altro, dice questa tenerezza. sto... «preconciHare». Insiste, contestando la tesi della moderna linguistica secondo la quale il linguaggio, la forma espressiva, sarebbe inseparabile dalla struttura, dai contenuti. Lévinas crede adesso nella perfetta traducibilità della rivelazione nella lingua del filosofi. Mi è più vicina la radicale diffidenza che Lévinas non perde l'occasione di manifestare nel confronti del «sacro» e dell'.estetico», due ambiti che oggi in Italia una diffusa voga culturale tende nuovamente ad avvicinare e addirittura sovrapporre. Nell'aldilà det versetto il giudizio sull'estetico è pesante: 'L'estetica di per sé non è in fin dei conti cosa seria o sufficiente. V'è in essa — i talmudisti l'hanno sempre pensato — una possibilità di retorica e di pura cortesia, un "linguaggio di corte" che copre crudeltà e malvagità, fragilità estrema di tutto questo raffinamento capace di trovare il proprio compimento ad Auschwitz'. A voce è, se possibile, ancora più perentorio: 'L'estetico è una crudeltà, il bello è crudele: E' fatta valere qui, anzitutto, un'ebraica esigenza di concretezza, un ebraico sospetto di falso nei confronti del sublime. La stessa linea anti-sacrale e anti-estetica è presente nella teologia della Riforma, e in Kierkegaard, proprio in virtù della comune radice biblica. In Lévinas l'accentuazione è totalmente etica, è l'esigenza etica a rifiutare le eluslonl del sacro («parente nobile della stregoneria', scrive in Dal sacro al santo) e gli abbellimenti dell'arte. La stessa etica, invece, è sospettata a sua volta nella teologia protestante, fino a Barin. Non a torto, a mio parere. Si può davvero dire che l precetti, o gli insegnamenti, della Legge configurano un'etica, quando il morale non vi è distinto dal rituale, e 11 Dio biblico comanda più di cento volte l'uccisione di nemici? il pensiero di Lévinas si scontra con una grande difficoltà nel momento in cui dovrebbe spiegare 11 passaggio dall'etica, dove l'eccesso di responsabilità per l'altro interdice ogni calcolo, alla giustizia, che nel concreto tentativo d'instaurarla nella società non può fare a meno del ricorso alla ragione calcolante. «£' Il che appare la Grecia., spiega Lévinas, nel momento cioè in cui il rapporto io-tu deve tener conto det terzi, e si deve quindi 'Passare dall'incomparabile alla comparazione'. La giustizia è già una «prima forma di violenza: e questo è «un o considerati marginali, dimostra che il discorso di Vittorini e il suo fascino non si è esaurito». Tra gli aspetti nuovi di Vittorini emersi al convegno milanese si può citare quello rilevato da Marina Zancan, di un Vittorini massmediale, che, proprio circa 40 anni fa. si cimentava con la faticosa impresa del Politecnico. «Vittorini ha sempre lavorato — dice Marina Zancan — al rinnovamento della cifra narrativa attraverso l'uso di strumenti comunicativi diversi come le traduzioni, che sono state spesso una forma di riscrittura, e l'uso integrato della grafica e della fotografia. Aveva capito l'importanza per il mondo moderno dell'immagine». £ Raffaele Crovi aggiunge: «La sua spregiudicata vitalità crìtica' risulta esemplare in questi pigri tempi di editorìa e di critica. Del repechage Vittorini coltivava il sospetto, la pedagogia e il rispetto per l'immaginazione. Era uno scrittore che viveva non di compiacimenti ma di inquietudini. I giovani scrittori di oggi dovrebbero rimeditare la lezione». Vittorini, dunque, con tutte le sue contraddizioni come modello per i giovani? Il problema rimane aperto. Per il momento comunque ad accoglierlo non c'è solo l'abbraccio della Storia, ma anche i nostri scaffali. paradosso, perché in questo caso la violenza i richiesta proprio dalla misericordia: Noi, comunque, possiamo solo operare per «una migliore giustizia nella giustizia, ogni giorno: Ma la coesistenza fra 1 due plani mi appare tragicamente difficile. La riprova può essere offerta proprio dalla recente storia dello Stato di Israele, la quale sembra dar ragione, piuttosto che alla speranza ancora fiduciosamente nutrita da Lévinas di uno Stato che non sia «lo Stato di Cesare» ma il pienamente umano «Stato di Davide», all'amaro pessimismo espresso verso la fine della loro vita da grandi sionisti come Buber e Scholem.

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