In Garda Màrquez l'amore diventa epidemìa

Il primo romanzo scritto dopo il Premio Nobel Il primo romanzo scritto dopo il Premio Nobel In Garda Màrquez l'amore diventa epidemìa REGGIO EMILIA — Un •Omaggio a Sctieiwiller., da 60 anni editore d'arte e letteratura, un riconoscimento alla sua «grande» opera di «piccolo» operatore culturale, con raffinate e preMose scoperte e riproposte, le .plaquettes. del 'Pesce d'ora» e dell'Acquario.. Il ciclo di manifestazioni, promosse dall'Istituto Mounier, tra l'8 aprile e il 9 maggio, comprende una mostra sugli archivi dell'editrice ^Arcana Scheiwiller», a Palazzo Magnani; sei incontri al liceo Ariosto dedicati a poeti pubblicati da Scheiwiller: Pound, Rebora, Sbarbaro, Sereni, il siciliano Lucio Piccolo, lo spagnolo Jorge Guillén; una tavola rotonda con Luciano Anceschi. Neri Possa, Giovanni Roboni, Gianni Scalia su «La piagnette. Fascino e rigore di una scelta poetica-editoriale'. Le manifestazioni saranno inaugurate i8 aprile al Teatro Valli, presente Scheiwiller. e porta sempre gardenie alla sua innamorata e coltiva rose, è detto che mori «lmpastricclata e floreale». La storia vuol essere un po' cosi: lmpastricclata e floreale, perché «niente a questo mondo (e) più difficile dell'amore» e «il cuore ha più stanze di un casino», e Fiorentino Ariza, telegrafista spiantato, che finisce poi padrone di tutti i battelli fluviali, ama Fermlna Daza, suona serenate, le Invia innumerevoli telegrammi e lettere, e, respinto da lei, colma il vuoto dell'amore delle undicimila lettere che non può più inviarle, scrivendo lettere per gli altri e andando a letto con innumerevoli altre donne. Lei, d'altro canto, sposa un uomo avvenente che non crede di amare, il dottor Juvenal Urbino, per scoprirsi, prima, innamo¬ issata sul battello del due vecchi amanti che non vogliono scendere a terra e continui, e per lo meno inopinati, sono, anche nelle scene d'amore, i riferimenti alle viscere. E qui, in questo ossessivo alludere alle miserie del corpo umano, spiate, grazie alla tecnica di un flash back quasi circolare, anche nella carne giovane, sta la separazione netta con 11 romanzo dell'Ottocento. Il grande romanziere del secolo scorso, pur sapendo tutto di malattie, prigioni e prostituzione, uscendo ed entrando con disinvoltura tra interni ed esterni, tra capanne e palazzi, davanti all'amplesso (si fa per dire) si arresta sempre. A restituire un mondo di amore bastava, allora, il fulgore di un décolleté, o un centimetro di calza in più. Tale meraviglia, per noL tuttavia non esiste e rata di lui e disperata alla sua morte, poi, come tante, anzi quasi tutte le donne, «vedova felice». Rinuncia però a questo stato di perfezione quando si ripresenta Fiorentino anche più ridicolo di prima perché sono ormai passati cinquantanni, ma scoprendosi innamorata anche di lui, 1 due fanno finalmente l'amore insieme, superando e quasi accarezzando estreme e mutue decadenze fisiche, il tutto su un battello fluviale che continua a navigare e non può attraccare nella città che li giudica, a torto o a ragione, un po' assurdi. Non amore come passione, dunque, ma amore come epidemia. L'amore al tempo del colera, infatti, è un titolo tautologico, e l'accostamento tra l'amore e il colera guizza attraverso tutto il romanzo: la bandiera de) .co.lera, viene Palmiro - » V mio » <<«**' Kit S ir •»»' SE per Antonio Tabucchi il racconto è «il romanzo di un pigro», per Alain Elkann «è un acquarello rispetto ad un olio». Ecco due poetiche, due differenti modi di intendere un «genere», oggi ritornato nelle grazie di editori e lettori in Italia e all'estero. Dire, come fa Elkann «acquarello» è già fornire una chiave d'interpretazione al suo nuovo libro «Le due babe*, una raccolta di racconti scrìtti fra il '72 el'85. Ci sono storie di abbandoni e nostalgie, di amorì strascicati e derisi, di incontri rapidi ma laceranti, sogni di avventure, ingannevoli come una pubblicità, desideri acuti di poter vivere altre vite, ossessioni sconvolgenti come solo possono provarle i veri collezionisti. «Storie di separatezze», le ha definite Guido navico Bonino, di «cosmopolitismo» Moravia, intendendo anche di «spiazzamento»: essere inglese e italiano a Londra, greco a Parigi, vivere cioè la malattia di essere lontano dal proprio •dove», da un «dove» che «Le due babe», racconti di Elkann per un calamaio che possiede una prostituta da lui frequentata; nel secondo l'ingegnere Federico Coppel, quintessenza del perbenismo, si ribella al male di vivere mettendo in scena macabri marchingegni per darsi una nuova, impossibile identità. Ma anche nel racconto «Le due babe», storia di immigrate di Treviso a New York che badano a due creature infelici, rappresentandole e dando loro una seconda e più mondana esistenza, scorre una vena di «fantastico nero». Scritti in un linguaggio tutto comunicazione, a proposito del quale Moravia ha usato 11 termine di «parlato» e Furio Colombo di elementarietà «aeroportuale», Elkann, che si dibatte fra molte lingue, sembra ancora alla ricerca di un suo «dove». Un «dove» linguistico che rischia oggi di sottrarre fascino ad una volontà innegabile e caparbia di narratore. Nico Orengo Alain Elkann, «Le due babe», Mondadori, 175 pagine, 18.000 lire. Un'autobiografia •in presa diretta», come scrive Antonio Porta nella postfazione, è quella raccontata da Luigi Di Ruscio in Palmiro (Ancona, Il lavoro editoriale, pp. 145, L. 14.000). L'autore, cinquantaseienne marchigiano che ha già pubblicato alcune raccolte di poesia, da trentanni vive e lavora in Norvegia come metalmeccanico, il suo romanzo recupera un genere di moda negli Anni 70, quello della letteratura •selvaggia; per tracciare, con un linguaggio sperimentale, l'apprendistato di un anarchico nelle file del Pei durante gli Anni Cinquanta, (m. r.)

Luoghi citati: Ancona, Italia, Londra, New York, Norvegia, Parigi, Reggio Emilia, Treviso