«Ma il castrismo è anche tortura e umiliazioni»

«Ma il castrismo è anche tortura e umiliazioni» «Ma il castrismo è anche tortura e umiliazioni» Testimonianze di esuli cdispensatore di carità cri Un frate domenicano. Carlos Alberto Ltbanio Christo. più noto come frei Betto (42 anni, brasiliano di Belo Horizonte, due volte arrestalo per l'opposizione al regime militare di Brasilia) ha intervistato, un anro fa, per quasi trenta ore II leader maximo cubano Fidol Castro. Frei Betto si riconosca pienamente nella •Teologia dalla liberazione.: nel suo colloquio con Castro ha detto: .Grazie ad essa la mia fede è più protonda.. Da qui un duro attacco alla Chiesa europea, colpevole di essersi messa .al centro del mondo.. L'ottica di frei Betto nei confronti del socialismo reale è diametralmente diversa da quella dei padri Jakunln (russo ortodosso, attualmente nel gulag) o Popiefuszko (assassinato in Polonia dalla polizia politica)- o da quella dei francescani perseguitati in Cecoslovacchia o Jugoslavia. La sua condiscendenza al socialismo reale, versione tropici, ò totale: fino a giustificare la circostanza che la Chiesa cubana sia stata a lungo perseguitata da Fidei e che nel pc cubano i credenti ubani contrastano con le affstiana - L'obiettivo della pub non possano trovare cittadinanza. Il ritratto di Fidel che esce fuori dal lunghissimo colloquio del domenicano è degno della migliore agiografia: Rdel appare come una sorta di santo severità di vita e di costumi, intransigenza verso i comportamenti individualistici ed egoistici, amore incondizionato per i poveri: cristianesimo e marxismo fidelista possono, per frei Betto, non solo coesistere, ma persino cooperare alla costruzione di una civiltà nuova. Il comunismo è, più del capitalismo, vicino ai valori cristiani: su questo concordano il leader maximo e frei Betto; ci sono trascurabili particolari, come le persecuzioni comuniste contro la Chiesa, ma questo è un fatto più legato al passato (la compromissione della Chiesa con le classi sfruttatrici), che al presente. Il dialogo è aperto: socialismo (reale) e cristianesimo (della liberazione) non possono che camminare assieme: il Nicaragua insogna. Non c'è affermazione di Fidel che frei Betto non sottoscriva: ci sono persino curiosi spazi per il privato del leader: ffermazioni del frate che fa bblicazione-intervista è di a frei Betto, per esempio, insegna a Fidel come cucinare con un certo olio brasiliano gamberi e aragoste. L'obiettivo del libro-intervista, dal doppio titolo Fidel Castro i la mia lede ovvero Cristianesimo e rivoluzione (singolarmente apparso presso le edizioni Paoline, lire 16.000) è quello di aprire un canale di comunicazione tra i-cattolici e il regime castrista, dopo un quarto di secolo di persecuzioni, angherie e limitazioni durissimi alla libertà del clero e dei credenti. Castro e la sua Cuba, per certi ambienti cattolici, sono diventati un modello da proporre all'intero continente latino-americano: tra il cristianesimo in versione padre Boll e marxismo (leninismo) non ci può sssere che coincidenza di obiettivi; da qui l'entusiastica approvazione di frei Betto alla proposta fidelista di non rimborsare i debiti contratti dai diversi Stati latino-americani alle banche occidentali, e di ribellarsi ai tassi imposti dal Fondo monetario internazionale. L'intervista di frei Betto è un utile servizio al castrismo, in un mo¬ apparire il leader cubano come tollerante, disponibile, prire un canale di comunicazione tra cattolici e regime mento in cui questo si trova ad affrontare una severa crisi economica, apertamente denunciata al terzo congresso del pc cubano nel febbraio scorso. Castro ha bisogno dell'appoggio popolare e della Chiesa: da qui il messaggio che lancia attraverso il compiacente frei Betto, in vista di un'eventuale prossima visita di Giovanni Paolo Il all'Avana. Il panorama di Cuba è ben altro, se lo si vede da un'altra angolazione: a Parigi, in una sala dell'hotel Lutetia, la settimana scorsa si è svolto un convegno organizzato dall'Internazionale di Resistenza (dirigenti il sovietico Bukovskij e il cubano Valladares): sono state ascoltate dodici testimonianze inedite di esuli cubani, che hanno scontato moltissimi anni di carcere e gulag a Cuba; una giuria, di cui facevano parte personalità come Yves Montana. Jorge Semprun, Arraba, Bukovskij, BernardHenri Lévy, ha ascoltato i testimoni che hanno denunciato la fitta rate del gulag cubano: essa parte dalla sede del G/2 (la polizia politica) e dal carcere la Cabana nella capitale e si estende lino alle regioni estreme di Cuba, e i metodi disumani impiegati nei confronti dei prigionieri politici — specie contro i cosiddetti plantados, detenuti sin dai primi Anni 60: — percosse bestiali e arbitrarie, fino alla lesiono di organi vitali; isolamenti continui; torture psichiche, come l'obbligo di assistere alle esecuzioni capitali; umiliazioni materiali e morali. La condanna della giuria è stata netta: Cuba viola i diritti umani fondamentali, nell'indifferenza pavida del mondo democratico. E se la Chiesa cubana non parla, ha dichiarato una delle vittime-testimoni, il francescano Miguel Angel Laredo, è perché essa non ha ancora superato le sue difficoltà di esistenza e di rapporti con il regime. Frei Betto non ha intervistato nessuno dei testimoni del «tribunal Cuba» riunitosi 1*11 a II 12 aprile scorso nella capitale francese (unico italiano presente il dott. Daniele Capanelli, dell'Università di Pisa). Piero Sinatti