Brusco risveglio, dopo i giri di valzer di Giovanni Bechelloni
I nostri politici tentavano di fare i «mediatori»: ora gli italiani hanno scoperto che... I nostri politici tentavano di fare i «mediatori»: ora gli italiani hanno scoperto che... Brusco risveglio, dopo i giri di valzer •E' difficile immaginare un'opinione pubblica vitale e dinamica che sappia reagire a una grande crisi», così concludeva, vent'anni or sono, la sua analisi uno storico americano della politica estera italiana, Norman Kogan. La grande crisi è venuta; certamente la più grande dalla fine del conflitto mondiale. Nel momento in cui scrivo si sono potuti leggere decine e decine di commenti e si sono già conosciuti i risultati doi primi sondaggi d'opinione. C'è chi ha parlato di «paura» e ha polemizzato contro l'insorgere di questo sentimento; in effetti un sondaggio dell'Europeo ha accertato che contro il 36 per cento di Italiani che ha dichiarato di non avere paura, il 36 per cento ha dichiarato di averne •molta o abbastanza», tuttavia non so se la parola paura sia la più adatta a rappresentare lo stato d'animo prevalente. Penso, piuttosto, alla parola •sgomento», con tutti gli .Ss attributi di Incertezza e di smarrimento che a essa sono collegati. Infatti in quello stesso sondaggio si possono rilevare reazioni contrastanti al significato della crisi libica: da un lato il 45 per cento degli italiani ritiene che la colpa di quanto è successo sia principalmente della Libia (contro IH per cento che attribuisce la colpa all'America); dall'altro, oltre il 60 per cento dichiara che gli americani hanno fatto male ad attaccare la Libia (contro il 20 per cento secondo cui ha fatto bene). Nell'ambiguità di questi dati e di motti contrastanti commenti si puù ritrovare la traccia visibile di un orientamento che oggi si esprime anche a livello di opinione pubblica e che sempre si è espresso a livello delle classi dirigenti, orientamento che è, forse, espressione della posizione geopolitica dell'Italia nello scacchiere intemazionale, oltreché di una consolidata tradizione nazionale. Può essere di aiuto per capire le radici di un tale orientamento, nel momento di rifondazione della nostra politica estera, leggere il bel libro di Ennio Di Mollo Le paure e le speranze degli Italiani (1943-1953) che la Mondadori pubblica in questi giorni. Ma anche riprendere il vecchio libro di Norman Kogan (Larici 1965) per scoprire che ciò che Kogan allora attribuiva alla classe politica £ oggi diventato sentimento diffuso. Tre sono le costanti di lungo periodo che Kogan enucleava come caratteristiche della politica estere Italiana post-unitaria: la sua subordinazione a logiche di politica Interna, il fascino quasi ossessivo che esercita sugli uomini politici italiani la posizione del mediatore («un modo per far sì che gli altri si accorgano dell'Italia»), la cosiddetta tradizione del «sacro egoismo» che porta ai •girl di valzer», I quali consentono di assumere posizioni non im¬ pegnate, in modo da trovarsi in una situazione più favorevole per ottenere piccoli vantaggi. Queste linee costanti sono il risultato di una mediazione che vede sempre presenti, oggi come Ieri, posizioni estreme tra loro divergenti: da una parte chi si schiera per un neutralismo pacifista, egoistico e cieco, e dall'altra parte chi vorrebbe assumere fino In fondo le difese dell'alleato di turno. Queste posizioni estreme si esprimono con maggior determinazione nel momenti di crisi, che sono anche i momenti della verità, quelli che costringono a misurare i risultati e a rendere operanti le direttive di una linea politica. La crisi libica ò uno di questi momenti della verità e non a caso le reazioni sono state ben diverse da quelle che si ebbero dopo Sigonella. L'orgoglio nazionale o il sacro egoismo non sono più sufficienti. Gl'italiani scoprono la du¬ l\ rezza della •real polltlk» e si svegliano sgomenti e disorientati da una specie di sonno della ragione nel quale si erano a lungo cullati, come in altre stagioni della loro storia passata e recente. Questo risveglio costringe un po' tutti a guardare in faccia la realtà delle cose, per cercare soluzioni alla crisi che non siano consolatorie. Lo spirito di Monaco docef, non è sufficiente ad allontanare venti di guerra; cosi come non lo sono le manifestazioni pacifiste alle quali nessuno è in grado di attribuire significati o parole d'ordine credibili. La lettura del giornali in questi giorni, dunque, ha acquistato un significato diverso da quello consueto: milioni di italiani stanno imparando nozioni e concetti che avrebbero preferito ignorare e stanno scoprendo che la scena Internazionale si è profondamente modificata in questi ultimi anni. I due missili libici su Lampedu¬ sa hanno avuto l'effetto di uno choc. E' troppo presto per dire se questo choc avrà la forza di riorientare in modo più realistico le nostre strategie politiche. Per ora si possono constatare alcuni segnali positivi: una certa sintonia tra forze politiche e opinione pubblica, il mantenimento di un orientamento favorevole degli operatori di Borsa, un'accelerazione nella riorganizzazione dei mezzi di difesa e del loro rapporto con il comando politico, un'attenuazione delle divisioni Interne ai partiti. Potrebbero essere tutti segnali nella direzione di una crescita di maturità politica dell'Italia nel suo Insieme; in contrasto con lo Cassandre che anche in questa occasione non hanno mancato di far sentire la propria vóce. Forse non è lontano il giorno in cui questo Paese saprà esprimere •un'opinione pubblica vitale e dinamica». Giovanni Bechelloni
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