Parole, missili e vecchi difetti

Qua! è la politica estera italiana davanti alla più grande crisi del dopoguerra? Qua! è la politica estera italiana davanti alla più grande crisi del dopoguerra? Parole, missili e vecchi difetti Altiero Spinelli: «Cara Europa sei solo divisa e chiacchierona» «Che cosa avrebbe fatto adesso Alcide De Gasperi, mio padre» ROMA — Bene hanno fatto gli Stati Uniti a colpire Gheddafi, pur se il loro grande difetto è di non avere una politica seria nel confronti del mondo arabo e di Israele; male fanno invece i Paesi europei a lamentarsi perché, sino a quando resteranno divisi, produrranno solo chiacchiere senza peso. Cosi è secondo Altiero Spinelli, eurodeputato della sinistra indipendente, padre della proposta per l'unificazione politica dell'Europa approvata dal Parlamento di Strasburgo e affossata dal governi nazionali. Non ci sono altre soluzioni per gli europei; e forse è il caso di riecheggiare quel l'orribile ma efficace verso risorgimentale: «Liberi non sarem se non Siam uni». Onorevole Spinelli, lei dice che l'Europa non esiste, e dunque per questa crisi nel Mediterraneo non poteva decidere un bel niente. Ma è proprio cosi? •Non ho detto questo. Dico invece che i Paesi dell'Europa occidentale hanno affidato da quarant'anni agli Stati Uniti la responsabilità suprema della loro politica estera e della loro difesa». Partiamo dalle vicende di casa nostra. Sembra anche a lei un po' troppo pendolare la politica estera italiana nel Mediterraneo? Tra Andreotti e Spadolini, chi preferisce? «Per quanto riguarda i problemi del Mediterraneo e del mondo arabo, l'Italia non è in grado di fare una sua politica nazionale; può produrre soltanto chiacchiere nazionali. Ma ciò vale anche per la Francia, l'Inghilterra, e gli altri Paesi europei. E' questa la ragtone^ger^ui su questljfem^ parlano mollo tutti quanti, ma agiscono, poco; vediamo prese di posizione, dichiarazioni di questo o quel ministro, ma nulla di più, perché sono problemi che vanno al di là della dimensione nazionale. La vera ragione di questo stato di cose è che dalla fine della guerra mondiale giace sul tavolo la questione dell'unione europea*. Nasce da qui lo scarso peso dell'Europa? «O gli europei sono capaci di crearsi un governo europeo e una forza che permetta loro di agire, oppure l'Europa avrà sempre un fratello maggiore che agisce per essa. Così si andrà avanti con queste conferenze dei ministri degli Esteri davanti al caminetto, che non decidono nulla; e saremo sempre più costretti a dover prendere atto di quel che fa il fratello maggiore. Alle differenze tra Craxi, Spadolini e Andreotti, non do alcun peso, perché quando si è al dunque delle cose si ritrovano tutti e tre nelle stesse condizioni: Veniamo ai problemi della difesa. Quei due missili su Lampedusa mettono in crisi e in discussione tutto quel che si è sempre detto sulle nostre scelte militari? «Quei due missili hanno mostrato una cosa molto chiara, per chi vuol vedere: per sapere cosa fosse successo a Lampedusa, si è dovuto ricorrere ai servizi di Informazione della Nato, perché quelli italiani non lo sapevano. Come si può organizzare una difesa in queste condizioni? La difesa italiana è una parte del sistema difensivo atlantico il quale, se l'Europa fosse unita, potrebbe essere fondato su una partnership di re sponsabilità europee e responsabilità americane; con un insieme di Paesi europei divisi, le responsabilità fondamentali toccano all'America. Questa è la forza delle cose'. D'accordo, ma gli americani-avrebbero anche potuto tener conto della posizione espressa dagli alleati europei. Non le pare? .A guardare le cose obiettivamente, perché mai gli americani avrebbero dovuto tener conto di dodici ministri degli Esteri, che In una crisi di questo genere si riuniscono per decidere soltanto che diminuiranno il numero dei diplomatici?: Ma «uel|a degU Stati Uniti è stata una buona politica? «La mia opinione è che hanno fatto bene a dare questa solenne lezione a Gheddafi. Fanno però malissimo a non sviluppare alcuna politica seria che accompagni le dise*. ss! mostrazionl della loro forza. Questa politica non ce l'hanno né rispetto agli arabi, né rispetto a Israele'. E rispetto all'Europa ce l'hanno una politica? •L'hanno avuta, desideravano che gli europei si unissero, diventassero indipendenti, forti e loro alleati. Da parecchio tempo però, si sono rassegnati. Ora pensano che non ne siamo capaci, e che dunque dobbiamo seguirli». Dunque i nodi della politica estera e della difesa stanno nell'unità politica dell'Europa. Ma perché è fallita la sua proposta approvata dal Parlamento europeo? •Perché i capi di governo ne hanno affidato l'elaborazione alle rispettive diplomazie, cioè alle macchine costruite per fare il contrario, per difendere le posizioni nazionali. Quell'atto unico che hanno partorito è una misura gatto¬ Chi ci vorrebbe co! colonnel pardesca: hanno modificato qualcosa affinché non cambiasse nulla, e tutto restasse al livello di rapporti intergovernativi: Come intende rispondere il Parlamento di Strasburgo? •Attraverso la commissione istituzionale che presiedo, il Parlamento europeo sta cercando di riproporre ti problema. MI auguro che eventi come quelli di questi giorni inducano finalmente a pensare, ma la sola strada praticabile è che i governi nazionali affidino un compito costituente al Parlamento europeo: Sarebbe un passo decisivo. Crede davvero che ci si arriverà? •Non so se riusciremo a farlo capire, ma dobbiamo convincerci tutti che le chiacchiere sulle sovranità nazionali degli Stati europei sono aria fritta. L'Europa occiden¬ pardesca: qualcosa abiasse nullal livello dvernativi: Come intParlament•AttraveristituzionaParlamentocando di rima. MI acome quellinducano fire, ma la sbile è che iaffidino utuente al peo: Sarebbe Crede davvverà? •Non so slo capire, mvincerci tuchiere sullnali degli aria fritta. lo Gheddafi qo i nqo i CI) «v'.DO ni ^ tale sta vivendo -n processo di unificazione anche politica e militare; ma resta ancora da vedere se sarà unificata In un quadro imperiale sotto l'egemonia degli Stati Uniti, o se sarà unificata dagli europei. Il grande vantaggio che abbiamo rispetto agli europei dell'Est — i quali sono anch'essi presi in un quadro imperlale -rè che gli Stati Uniti si sono rivelati sinora, almeno con noi, un.impero liberale che ammette critiche, ricerca di alternative, rapporti diversi con lui. Adèsso ha perso la pazienza con questi vassalli riottosi o esitanti, e comincia a darsi da fare da solo; ma ha ancora un sostanziale atteggiamento liberale nel nostri confronti. Abbiamo la chance di poter cambiare le cose^Ma il ritorno alle borie nazionali sarebbe la peggior cretineria!: Gianni Pennacchi Chi ci vorrebbe col presiden ROMA — •Alla mia cara segretaria e compagna d'America. Papà Alcide». A grandi caratteri, la dedica spicca su una di quelle fotografie ufficiali che mostrano Alcide De Gasperi a mezzo busto, di profilo. Maria Romana sorride, racconta di avergliela chiesta lei stessa, al ritorno di quel primo viaggio negli Stati Uniti di un presidente del Consiglio della nuova Italia repubblicana, nel gennaio del 1947. Un viaggio storico quello, iniziato su invito informale per tenere alcune conferenze, e terminato in colloqui politici alla Casa Bianca con lo stesso Truman. «Occorreva convincere gli Stati Uniti che non dovevano aver paura, e che la democrazia in Italia sarebbe cresciuta e resa salda: De Gasperi ce la fece: tornò in Italia con un credito te Rea» di cento milioni di dollari, altri cinquanta milioni come rimborso spese per i militari americani in Italia, l'assicurazione che avremmo potuto contare ancora sugli aiuti Unrra, su grano e carbone. •Avevo vent'anni — precisa Maria Romana De Gasperi — quando lo accompagnai In quel viaggio. Lui ripeteva che dovevamo chiedere senza perdere in dignità, e sema offrire una contropartita troppo forte. Ricordo tutti quel grandi banchetti. Papà parlava bene il francese e II tedesco, conosceva l'inglese ma non benissimo, e Infatti continuò a studiarlo anche dopo: si alzava presto e faceva lunghe passeggiate con l'interprete, per Imparare meglio: Continua: •Preparava con gran cura ogni discorso, su grandi fogli di carta che portava sempre con sé, piegati Chi ci vor rebbe indipendenti nelle tasche della giacca: non era semplice chiedere aiuti economici e insieme il riconoscimento della nostra dignità nazionale. Cosi, in quella girandola di banchetti durante i quali doveva parlare, un paio di volte sbagliò foglio e invece di ringraziare la camera di commercio che ci ospitava, ringraziò chi lo aspettava per la sera». I ricordi di Maria Romana De Gasperi sono vivi, specialmente di quel primo viaggio in America che la vide assistente e segretaria del padre, e che segnò l'inizio reale della politica estera italiana nel dopoguerra. Racconta: -Era attentissimo a quel che succedeva intorno a lui. Una sera ero seduta ad un tavolo lontano e parlavo nel mio stentato inglese con persone tutte più grandi di me, quando mi vidi arrivare un suo biglietto che nelle tascheera semplieconomici noscimentognità nazquella girandurante i qre, un paiofoglio e invla camera ci ospitavaaspettava pI ricordi De Gaspercialmente viaggio invide assistdel padre, zio reale deitaliana neRaccontamo a quel torno a luiduta ad unparlavo neglese con grandi di marrivare un da entrambi diceva: "Attenta, stai parlando con Enrico Fermi, quello della bomba atomica". Dopo di che non fui più capace di aprire bocca: Parla tranquilla, la figlia di De Gasperi, con voce timida e grandi sorrisi. Mentre parla, lo sguardo va alle fotografie posate numerose sulla libreria. Ce n'è una piccola, bellissima, che la ritrae bambinetta abbracciata dal padre, un viso forte e giovanile che protegge con infinita dolcezza la figlia. Per Alcide De Gasperi la politica estera era la cosa più importante. «Si dedicava molto ai compiti di presidente del Consiglio, ma con una attenzione particolare alla politica estera. Anche oggi questa influisce moltissimo, ma allora, si era agli inizi del nuovo scenario mondiale, e la politica estera cominciava a diventare più importante della politica interna: Maria Romana De Gasperi parla volentieri del padre. Non si occupa attivamente di politica, forse per rispetto di una eredità morale cosi impegnativa, e le piace scrivere, tanto che avrebbe voluto essere giornalista, se ancora non avesse avuto quel nome che porta. Cosi scrive saggi e libri, è diventata la biografa di De Gasperi. Discreta e attenta, analizza la crisi del Mediterraneo e questi drammatici giorni alla luce degli insegnamenti paterni «Mi ha fatto ricordare Monaco, e che la paura alla fine non paga. Questi popoli europei cosi disuniti su ogni cosa, nonostante siano passati tanti anni dalla formazione dell'Europa, hanno dimostrato In queste ultime vicende di saper guardare soltanto ai loro piccoli interessi. Eppure quegli anni erano cosi pieni di idee, di iniziative, di speranze; c'erano uomini come mio padre, Adenauer, Schumann, che hanno lasciato tracce profonde nella storia». L'Europa sognata da De Gasperi ha fatto pochi passi: •Qualcuno ne abbiamo fatto Individualmente, come persone. Ma come dimostrazione di forza e di idee, come istituzione che sappia confrontarsi con gli altri blocchi, l'Europa non c'è. Dopo tanti anni slamo ancora a questo punto: come europei non esistiamo. E' ciò che mi ha Impressionato dt più. In questa vicenda». Verrebbe da domandarsi se De Gasperi si sarebbe comportato in modo diverso in questa situazione, se sarebbe riuscito ad imporre un altro corso agli eventi. E' vero, che la storia non si scrive con i se, ma certamente De Gasperi avrebbe continuato a lavorare per una situazione diversa, perché voleva creare un'altra Europa: E' Impressionante rileggere l discorsi del primissimi Anni Cinquanta. De Gasperi, Adenauer e Schumann credevano davvero che l'unità europea sarebbe stata possibile nel giro di una decina d'anni. Avevano gettato delle basi profonde, aperto una strada che oggi seguiamo ancora, ma con passi lentissimi». De Gasperi e la Nato. Le polemiche per l'adesione dell'Italia al Patto Atlantico infuocarono i primi anni di vita della Repubblica. L'opposizione accusava il presidente del Consiglio di portare il Paese in un'alleanza di guerra, in cambio degli aiuti economici americani. Eppure Maria Romana racconta- che -De Gasperi-: aveva -ben presente il timore ,-. di trovarsi di fronte alla necessità di entrare in nuovi conflitti: « Uscivamo da una guerra enorme e spaventosa,: che aveva colpito tutti. Ma anche ti Patto Atlantico, come l'unità europea, veniva pensato come uno strumento \ per evitare nuovi conflitti. Non c'erano ragioni economiche in quella scelta, sono venute dopo». Infatti De Gasperi era de- " cisamente schierato a favore della Ced, la Comunità, europea per la difesa, che poi però non ce la fece a nascere. •Eppure l'idea di un esercito comune aveva fatto molti passi, c'erano già addirittura i disegni delle nuove divise. Sembrava che fosse più semplice del mettere insieme le banche o le monete: ogni Paese aveva già il suo esercito, si trattava soltanto di unirli, con una guida comune. Gli studi avevano raggiunto una fase molto avanzata, si voleva un esercito europeo proprio per non fare più le guerre». Ma alla fine il progetto di difesa europea fu bocciato, anche perché un esercito comune presuppone un governo e un Parlamento comuni. Sono trascorsi tanti anni, e le spinte ideali sembrano esaurite. Ora prevale il particolare, mentre i grandi respiri, nati dalle speranze della pace ritrovata, appaiono spenti. Ma è poi vero che De Gasperi non si trovasse anche lui a dover fare i conti con i piccoli interessi? •Certamente doveva occuparsene», risponde la figlia, «e la storta delle crisi governative In quel periodo non è stata ancora scritta. Ma è anche vero che i leader politici di quel tempo erano figure eccezionali. Si erano affacciati alla nuova vita politica ormai quasi sessantenni, dopo grandi sofferenze anche umane. Penso che fossero mossi proprio da un fuoco interiore». Ma se c'è una lezione de gufi pertana che potrebbe tornare utile oggi. Maria Romana la riassume cosi: «Occorre impegnarsi onestamente senza cedere alle delusioni, perché anche una piccola pietra serve e resta nella storia dell'umanità: saliamo tutu su gradini fatti dagli altri. E' vero che non siamo andati avanti con l'Europa, è vero che il mondo è pieno di guerre, ma è anche vero che facciamo passi avanti verso la civiltà. Vale la pena di insistere. Ecco, penso che sia questa la lesione che mio padre ci ha lasciato». g.p»