Vincitori in stile hard-rock-proto-punk di Carlo Massarini

Il giudizio di Mr. Massarini sul «2° Concorso Nazionale Indipendenti 86» di Pistoia Il giudizio di Mr. Massarini sul «2° Concorso Nazionale Indipendenti 86» di Pistoia Vincitori in stile hard-rock-proto-punk Sonò i «Magrit» di Torino, i «Torquemada» di Potenza, gli «Aut Out» di Palermo e i «Savage Circle» di Imperia Sabato sera, nel geometrico Auditorium di Pistoia, si è svolta la finale del secondo concorso nazionale «Indipendenti '86», riservato a gruppi non ancora sotto contratto ufficiale. Ora, si sa che l'Italia non è mai stata un terreno fertile per i complessi, come si chiamavano una volta. Le classifiche in questo senso sono precise e spietate. Il mercato italiano è dominato da cantanti e cantautori; c'è un panorama abbastanza vasto di gruppi diversissimi fra loro ma è un circuito molto per «addetti», che crea dei «movimenti di culto» intorno a del nomi (Gaz Ne vada, Litfiba, Valli al la, De Novo) che solo occasionalmente emergono a livello più consistente. Non è un circuito ricco, anzi: commercialmente frazionatissimo ed episodico e quindi economicamente povero. Ciò nonostante, com'è giusto, ci si prova a setacciare le nuove leve, non si sa mal che ci sia qualcosa destinato alla gloria. «Indipendenti '86» è stato organizzato dalla rivista Fare musica e dal programma radio Stereo Drome (la fascia serale di Stereo Uno) e appoggiato da «Videomusic»: ha raccolto circa 1500 adesioni, e per scendere a quattro finalisti non dev'essere stata cosa veloce. I Magrit (da Torino), Torquemada (Potenza), gli Aut Out (Palermo) e i Savage Circle (Imperia), i vincitori, in ortodosso stile hard-rock-proto-punk, a ognuno 20 minuti di concerto, in teoria quindi dovevano rappresentare il meglio del presente rock italiano. Direte voi, e com'è il presente del rock italiano? concerto di una band non magistrale, né originai-, né con degli hits in repertorio? «I gruppi per maturare devono suonare In concerto, e in Italia questa possibilità manca», mi diceva più tardi Oderso Rubini — leggendario produttore dell'area new wawe bolognese e ora nello staff della neonata «fare musica records» che ha pubblicato in concomitanza il primo album dei vincitori di «Indipendenti '86», il trio rock dei «Go Flamingo! ». «Purtroppo, non vedo per questi gruppi grandi possibilità di penetrazione in un mercato che accetta solo cose facili. Certi gruppi rimasti fuori, però, hanno qualche chances». Già, perché il particolare pubblico di Stereo Drome — rock duro, psichedelico, «eccessivo» — ha tendenzialmente tagliato fuori tutti i gruppi «pop» (fra cui le deliziose Squeezers di Brescia, «meglio delle Bangles e Go-Gosi», garantisce il sempre più bravo maestro di cerimonie Luca De Gennaro), ignorando certe esigenze dei Tempi, proiettati verso una musica certamente più solare, leggera, danzabile. Quando si sanerà la frattura fra chi pensa che il pop è fuorilegge e il «difficile» è un valore in se stesso, e chi — la massa — pensa che certa musica ha comunque fatto il suo tempo anche perché i tempi corrono assai veloci, forse si parlerà di successo anche commerciale dei gruppi italiani. Forse non troppo destinato alla gloria, purtroppo. Anche se, a mio parere gli Aut Out — voce femminile a fronte, come sempre più spesso si vede — che per un attimo alla volta mi hanno ricordato qualsiasi cosa, da Prince a Teresa de Sio, dalla new wave al jazz-rock, alle ballate, erano di gran lunga i più interessanti, una vera promessa. C'è più padronanza tecnica di una volta, ma certi limiti di ispirazione e originalità rimangono visibili. Non tanto nei confronti dell'«Estero», come si accusava una volta, che ormai il pianeta musica è un calderone planetario in cui si confondono nigeriani e newyorkesi, australiani e dance-makers brianzoli o emiliani, eccetera, eccetera. Ormai non ci si confronta più con la possibilità di realizzare un suono, ma con la capacità a inventarsi qualcosa che riesca a distinguersi nell'ambito del suono che c'è nell'aria, cioè delle mutevoli tendenze degli Anni Ottanta. A questo si aggiunga che i gruppi hanno meno dimestichezza con lo scrivere «canzoni», che è poi comunque la vera chiave del successo anche a livello di «emergenti». Sembra che chi sappia scrivere dei brani con un potenziale non resista alla tentazione di cantarli lui stesso, o forse gli autori non nascono quando si suona insieme, come nelle fiabe sotto i cavoli, chissà. Sta di fatto che nessuno più ascolta suoni, o musica, per se stessa, se non suonata da maestri, e quindi cui prodest un Carlo Massarini

Persone citate: De Novo, Flamingo, Gosi, Luca De Gennaro, Massarini, Oderso Rubini, Savage, Stereo, Teresa De Sio