Washington durissima con Gheddafi «Non sottovalutatelo, è come Hitler»

Il sottosegretario di Stato Whitehead in una intervista alla televisione Il sottosegretario di Stato Whitehead in una intervista alla televisione Washington durissima con Gheddafi « Non sottovalutatelo, è come Hitler» La Libia avrebbe «Un attacco sar NEW YORK — Gheddafi ha organizzato «letteralmente dozzine di altri attentati in tutto il mondCM, oltre a quello della discoteca di Berlino. Gli Stati Uniti ne hanno «le prove specifiche» e sperano di prevenirli. Tra gli obiettivi del colonnello ci sono installazioni civili europee e americane. Lo ha dichiarato ieri in un'intervista televisiva il sottosegretario di. Stato Whitehead, Io stèsso che si recò da Craxi per l'Achille Làuro. Whitehead ha usato termini di inaudita violenza contro Gheddafi paragonandolo a Hitler: «Come Hitler, viene sottovalutato» ha detto. «Hitler fu considerato una macchietta coi baffi. Il mondo si rese conto troppo tardi di ciò che era in realtà». Il sottosegretario di Stato ha però rifiutato sia di commentare la minaccia di Gheddafi di chiudere gli americani in Libia nelle basi militari per impedire che vengano bombardate, sia di confermare che la VI Flotta è Spadolini sulla in programma doebbe autodifesa, in procinto di sferrare un attacco contro bersagli strategici libici. Sul primo punto ha soltanto esortato i cittadini Usa ancora a Tripoli a lasciarla immediatamente — i calcoli sul loro numero sono discordi, vanno da 100 a 800 persone —. Sul secondo ha detto che il presidente Reagan non ha ancora preso una decisione. Analoga cautela ha mostrato il.vicepresidente Bush, appena tornato da una visita ai Paesi Arabi. «Sul terrorismo internazionale ci sono le impronte digitali di Gheddafi», ha detto Bush. «Non possiamo restare inattivi». Ma come Whitehead, il vicepresidente ha rifiutato di svelare i piani di ritorsione americani. Molto dipenderà dall'esito della riunione di oggi del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca. Il presidente Reagan, che ieri ha ricevuto il premier giapponese Nakasone nella villa di Camp David nel Maryland, ha atteso il ritorno di Bush e crisi nel Mediterran zzine di attentati e gl non rappresaglia» - quello del ministro della Difesa Weinberger dall'Estremo Oriente per mettere a punto i piani. Secondo i portavoce, Reagan ha discusso con Nakasone un progetto contro il terrorismo da fare approvare alla Conferenza delle potenze industriali a Tokyo all'inizio di maggio. Il presidente non ha perù indicato all'ospite se questa sera ordinerà ,o- no alla VI Flotta dì attaccare la Libia. Gli ha soltanto spiegato che le portaerei Coral Sea e America con le unità navali di scorta sono pronte nel Mediterraneo centrale. Nella sua intervista alla televisione, Bush ha detto chiaramente a quale principio si appelleranno gli Stati Uniti per ottenere l'approvazione di un'eventuale loro azione militare contro Gheddafi da parte dell'Europa. «Si tratta di autodifesa» ha detto il vicepresidente «non di vendetta né di rappresaglia. Si tratta di assicurare alla giustizia e di punire uno dei maggiori aneo meridionale i Usa sperano di prevenirli - Bush: Ipotesi di invasione dall'Egitto? responsabili del terrorismo nel mondo». Bush ha ammesso che anche la Siria e l'Iran sponsorizzano il terrorismo, forse ancora più della Libia, ma senza sommarvi «provocazioni. — è il termine impiegato dal vicepresidente — come la sfida a varcare la cosiddetta linea, della morte nel Golfo delfà'Sirte. L'altro ieri, il direttore degli Affari mediorientali del dipartimento di Stato Murphy ha trascorso quattro ore a colloquio col presidente siriano Assad a Damasco. Un estremo riserbo circonda però quello che i due uomini si sono detti. A Washington, è sempre più precisa la sensazione che solo l'adozione di drastiche misure politiche ed economiche da parte della Cee — boicottaggio della Libia, rottura dei rapporti diplomatici — impedirebbe agli Stati Uniti il ricorso alla forza. «Certo Gheddafi risponderebbe con nuovi attentati» ha osservato Bush. «Ma non è questo che può fermarci». Il vicepresidente ha espresso la speranza che di fronte ad una escalation della violenza il popolo libico si ribelli al colonnello. Ha anche esortato gli alleati europei e arabi a non tirarsi indietro nel confronto con Tripoli. «Jvoti è un problema americano, ma è un problema internazionale» ha ricordato il capo dell'antiterrorismo del dipartimento di Stato Hakley. Secondo le indiscrezioni del Pentagono, i piani di Reagan si potrebbero ridurre sostanzialmente a due: uno di ritorsione limitata, l'altro di un «affondo» per rovesciare Gheddafi. In questo secondo caso, gli Stati Uniti avrebbero due alternative: un blocco aero-navale della Libia che sarebbe però assai difficile da realizzare, dispendioso, e comporterebbe comunque la partecipazione dell'Europa. Un'invasione ad opera degli egiziani, con l'appoggio del¬ l'aeronautica militare americana, invasione che non sarebbe completa, ma finirebbe per spaccare il territorio libico in due. Si tratterebbe, in questo caso, di recuperare un vecchio disegno di Sadat, che venne bloccato dall'allora presidente Carter. Forse l'ultima scelta è irrealizzabile.. Ma il Congresso, innervosito anche dal silenzio di Reagan, ha incominciato a dare segni di disagio. Il capo della Commissione esteri del Senato Lugar, un reaganauta convinto, ha mandato una lettera di protesta al segretario di Stato Shultz. Se il Presidente attaccasse la Libia senza prima consultare il Congresso, ha ammonito Lugar, violerebbe la legge del '73 sui poteri di guerra. Il senatore repubblicano non ha nascosto che pur appoggiando l'idea di un intervento armato contro Gheddafi, il Congresso vuole garantirsi che esso non sfoci in una guerra in Medio Oriente. Ennio Carctto