«Fine della pena: mai» di Maurizio Caravella

Visita a Porto Azzurro dove ogni carcerato ha un'occupazione Visita a Porto Azzurro dove ogni carcerato ha un'occupazione « Fine della pena: mai » Eppure gli ergastolani continuano a sperare - Rari i casi di fuga - Un detenuto diventato pittore aiuta la moglie inviandole alcuni milioni l'anno ricavati dalla vendita dei suoi quadri - Quasi tutti sono convinti di essere vittime di errori giudiziari - Calcio, bocce e televisione a circuito chiuso per il tempo libero DAL NOSTRO INVIATO PORTO AZZURRO — Qui gioia e dolore sono vicini, quasi si toccano; qui il purgatorlo (che per alcuni è inferno) è in alto, su una collina, si chiama Forte San Giacomo, e il paradiso è in basso: da quassù, dal penitenziario, il golfo di Porto Azzurro, anche se visto da dietro le sbarre, è bello come un quadro d'autore. E' un quadro che però fa rabbia a chi può guardarlo solo da lontano. Fa ancora più rabbia, d'estate, 11 mare trasparente dell'isola d'Elba, perché chi è qui non ci si può tuffare. •Fine della pena: mai»: questo è scritto sulla cartella personale di 72 dei 480 reclu¬ si. Nessun penitenziario, in Italia, ha tanti ergastolani come questo. Eppure in nessun penitenziario, forse, si respira tanta voglia di vivere, e di rifarsi una vita, come in questo. Forte San Giacomo è una cittadella spagnola del Settecento, trasformata in carcere nel 1858. Si sale per una strada ripida, si arriva ad un ponte ed oltre quel ponte finisce la liberta. C'è un piccolo negozio di souvenirs: scialli, quadri, cofanetti in legno, piccoli oggetti ornamentali fatti a mano, con infinita pazienza, dai reclusi. Chi vuol comperare da una mano ad un detenuto: lo aiuta a mangiare meglio, o a comperarsi le sigarette. Nel carcere, quelli che lavorano sono oltre trecento. Altri venti lavorano invece all'esterno: come contadini, o come operai. La sera, tornano in cella, puntuali. C'è il reparto carrozzeria: .Portano le auto da fuori, arrivano qui da ogni parte dell'isola: sanno che avranno un lavoro ben fatto e risparmieranno un buon venti-trenta per cento*, spiega il direttore, il dott. Cosimo Giordano. E' di Benevento, ha 39 anni, è qui da tre, dopo esperienze a Pianosa, ad Ascoli ed a Brescia. E' contrario all'ergastolo: come lo sono tutti, qui, ed il mensile scritto e stampato dai detenuti si intitola: «La Grande Promessa». Che è soprattutto una grande spe- ranza: quella di poter tornare ad essere, un giorno, cittadini come gli altri. Cioè carcere come purgatorio per tutti e come inferno per nessuno. Spiega il dott. Giordano: «Con la buona condotta dopo 25 anni un ergastolano, comunque, ottiene la libertà condizionale. Anche prima, si possono avere 40 giorni di permesso ogni anno: Renato Cavallero usufruisce spesso di questi permessi: Rovoletto, che era l'autista della banda, è già andato a Torino a trovare i parenti. Qui da oltre dieci anni non c'è un'evasione. Certo, è successo che qualcuno non è rientrato dai permessi quando avrebbe dovuto: e il caso di Mesina è il piti eclatante. Ma sono episodi sporadici. Anni fa, due detenuti fecero addirittura gli 'inviati speciali' fuori dalle mura del penitenziario con le telecamere per riprendere il Rally dell'Elba da una delle zone più suggestive dell'isola. Abbiamo una tv a circuito chiuso, se ne occupano i carcerati. Le celle, che vengono aperte alle otto del mattino e richiuse alla sera, sono per la maggior parte singole ed in ciascuna c'è un piccolo televisore». Quella tv è per tutti un'evasione senza reato. C'è il reparto falegnameria. Un detenuto sta intagliando il legno. Si chiama Aldo Giorgi, ha una bella barba bianca, ha già scontato otto anni e ne deve ancora scontare dieci. Gli chiediamo se lo faceva anche prima e lui, con un sorriso: «No, prima di entrare qui ero molto impegnato in altre cose Già, era impegnato tutto il giorno con le rapine», dice ad alta voce un agente e tutti ridono. Erano a mano armata (una mano armata che lui nascondeva, raccontano qui, sotto una tonaca da prete: pare che il «lavoro» gli venisse meglio).. In un penitenziario, còme ovunque, la vita non è fatta di bianchi e neri, ma da tante tonalità di grigio, che una battuta o un sorriso possono rendere meno pesanti. C'è la tessitoria, l'officina ta, affetta da Aids meccanica, la calzoleria, c'è il reparto tessitura e la sartoria, c'è la tipografia, c'è un po' di tutto: un carcere che è una piccola città laboriosa, 1 detenuti che lavorano guadagnano 400 mila al mese ma c'è anche chi guadagna di più. In una lunga stanza, quella detta «dei pittori», Sergio Sarti, qui già da 17 anni, è alle prese con una tavolozza ed una tela: «Ho cominciato a dipingere liei penitenziario, adesso per i miei quadri mi danno anche 350 mila lire, l'anno scorso ho guadagnato circa 15 milioni. Così posso aiutare mia moglie, che fa salturiamente la bidella». Ogni mese, la bldella riceve i soldi a casa, sia benedetta quella tavolozza. Se chiedi ad un ergastolano se è innocente o colpevole, nove volte su dieci ti risponderà di essere vittima di uh errore giudiziario. Ma fra i 72 di Porto Azzurro, forse qualche innocente c'è davvero. Sono uomini a decidere 11 destino di altri uomini: e gli uomini possono sbagliare. Francesco Di Martino, emiliano, condannato a 24 anni per concorso in omicidio a scopo di rapina, sta lottando per ottenere la revisione: «Non può finire così. Non è giusto. Non ho ucciso nessuno. Ci fu una rapina in una gioielleria nel 78 a Carpi, la città in cui abitavo: fu ammazzato un agente. Fui fermato sei giorni dopo su indicazione di una ragazzina che giurò di avermi visto. Io non ne sapevo niente. L'orefice non mi riconobbe, ma non ci fu niente da fare lo stesso». Lo guardo negli occhi e cerco di capire: ma com'è difficile. Sorridono, sono gentili,-sembrano tutti innocenti: probabilmente si sono abituati a mentire anche a se stessi; oppure sono cambiati: forse stanno guarendo. Entriamo in una cella. «Gradisce una tassella di caffè, dottò? Non è caffè alla Sindona, stia tranquillo: E*, napoletano, alle pareti c'è Mar adona in tutte le salse. Entriamo in un'altra cella:. «Scusi per l'odore, sa, può anche non piacere, mi sto facendo scaldare un poco di ricotta: ' . ti■ . -cut» C'è un campo da bocce, uno da tennis, la palestra per chi tiene alla linea è quasi pronta. E c'è, naturalmente, un campo di calcio: una squadra di agenti partecipa al torneo di Terza categoria, ma viene; organizzato anche un vero e proprio campionato per dete*; nuti. Se qualcuno si infortuna, o si ammala, i medici sono a disposizione 24 ore su 24, anche' nei giorni di festa (uno di loro' è Maurizio Papi, dentista,' sindaco di Porto Azzurro). E quasi tutto un piano è praticamente un ospedale, con una sala attrezzata per ogni specialista. I cuochi sono dei detenuti:; preparano da mangiare anche per se stessi e questa è una garanzia per gli altri. Le cucine sono più pulite di': quelle di un buon ristorante,: ogni locale è in perfetto ordine. Chissà quanto avranno-, lavorato, i detenuti, per fare bella figura con chi scriverà di loro. Recentemente sul campo di calcio è stato sistemato un tendone da circo: sotto quel tendone Lucio Dalla ha cantato per oltre due ore gratis assieme al complesso degli «Stadio», a fianco dèi carcerati c'erano 1500 invitati, è, stata una festa, ora sono in programma altre iniziative, del genere. Come dice il cappellano,' don Giovanni Vavassori, «certi incontri servono a far' conoscere la nuova immagine' del carcere all'esterno, servono a far sentire i detenuti ito-' mini come gli altri, e non leb- ' brosi da isolare». Un centinaio di loro, ogni domenica,' vanno a messa: e pregano) davvero. Cè il sole, è primavera masembra estate, il golfo visto' da quassù è un incanto. Al Forte c'è gente che ha fatto soffrire ed ora soffre per '• espiare, ma la speranza in quasi tutti è rimasta: un penitenziario umano e una te- ' rapia, in altre case di pena la '. condanna sembra invece fine1 a se stessa, ed abbrutisce.'' Qui questi uomini che hanno ' sbagliato imparano a vivere ' bene adesso con la speranza ' di tornare a vivere davvero 1 dopo. Maurizio Caravella '

Persone citate: Aldo Giorgi, Cosimo Giordano, Giovanni Vavassori, Lucio Dalla, Maurizio Papi, Mesina, Renato Cavallero, Rovoletto, Sergio Sarti, Sindona