Béjart, una danza per i dannati di Sartre di Luigi Rossi

Béjart, una danza per i dannati di Sartre ,r - ■ i i ■ - i. , -■ -.i . i-- ..»■.-■ i i . —-- — — ■ — — .... . i A Reggio Emilia il Ballet du XX Siècle con due riprese e una novità per l'Italia tratta da «Huis Clos» Béjart, una danza per i dannati di Sartre ,r - ■ i i ■ - i. , -■ -.i . i-- ..»■.-■ i i . —-- — — ■ — — .... . i Un disperato passo a tre in una stanza che allude all'aldilà - Proposti anche «Dionysos» e «Bolero» - Nel cast, una splendida Grazia Galante REGGIO EMILIA — Affollato weekend emiliano per Maurice Béjart e il suo Balletto del XX Secolo. Quattro spettacoli esauritissimi al Teatro «Romolo Valli» con due riproposte e una novità per l'Italia, anche se nel vasto catalogo béjartiano porta una delle prime date: 1957. Parliamo della Sonata a tre di Bartók, basata su Huis Clos di Sartre, che il coreografo francese ha recentemente rilanciato all'Opera di Parigi e porta per la prima volta da noi. Occasione piuttosto rara, se si pensa che l'inesausto ricercatore marsigliese ha cancellato dal proprio repertorio capolavori come la Nona Sinfonia di Beethoven, che pure è di sette anni più recente. Ma evidentemente c'è uno sguardo indietro in questo periodo da parte di Béjart, se si considera che a Reggio Emilia ha presentato pure il suo Bolero di Ravel che è del 1960, insieme alla «suite» dal Dionysos che abbiamo visto alla Scala appena tre anni fa. Certo Huis Clos risente della sua preistoria di balletto da camera, composto quando non esisteva ancora la grande compagnia odierna e Béjart plasmava le sue prime esperienze creative su piccoli gruppi. Qui è un terzetto di dannati che si ritrova nella disperata claustrofobia di una stanza metafisica nell'altro mondo. Per scontare 1 propri peccati i tre sono costretti a sbranarsi a vicenda, condannati ad essere il loro reciproco inferno. In questo disperato passo a tre, la storia sartriana diventa inevitabilmente un po' astratta, il clima alla Beckett o Ionesco si avverte appena. -L'esistenzialismo che Roland Petit in quegli stessi anni espresse in un altro capolavoro Le jeune homme et la mort viene risospinto sullo sfondo. Resta la mirabile interpretazione di Shonach Mlrk, Colleen Neary e Marco Berriel racchiusi nella scato■ la nera di una prigione senza uscita e sotto il cono di luce di una lampada che resta il solo attrezzo insieme a tre sedie, adoperate qui ben prima dell'insistito simbolo attuale di Pina Bausch. Anche il groviglio esoterico e mitico di Dionysos viene reso alquanto astratto nella sintesi che raccoglie due quadri di quel vasto affresco ispirato a Nietzsche e alla sua Nascita della tragedia. C'è prima l'aneddoto della taverna greca d'oggi, con soldati, prostitute, marinai, gigolò e contadini. Poi irrompe Dioniso, nella sua prima incarnazione indiana, con calzoni arancioni a sbuffo, che comincia la danza di invasamento del Dio e dei suoi seguaci. Al fortissimo e aereo Michel Gascard danno risposta gli altrettanto formidabili componenti del corpo di ballo maschile, il vero punto di forza del Balletto del XX Secolo, e danzano fino alla sfinimento la musica iterativa di Manos Hadjudakis, basata su melodie popolari greche e su arcaiche melopee bizantine. Anche il giovane greco dei nostri tempi, impersonato da Philipe Lizon, interviene nel delirio dionisiaco con forza e incisività. ' E altro cerchio magico finale è quello dell'eterno Bote¬ rò che ha sempre il potere di scatenare l'entusiasmo degli spettatori. Venuto a mancare per indisposizione Jorge Donn (che tutti conoscono per averlo visto danzare Ravel nel film di Lelouch) abbiamo avuto la possibilità di ammirare un'altra solista italiana dopo l'ineguagliabile Luciana Savignano. Si tratta di Grazia Galante, tecnicamente splendida soprattutto nel movimento delle braccia. Anche per lei le lunghe acclamazioni che hanno accompagnato tutta la serata. Luigi Rossi Béjart prepara un «Martyre de Saint-Sébastien» per la Scala

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