Sandokan non abita più qui

Sandokan non abita più qui MALAYSIA, ARCIPELAGO DI CONTRASTI E MITI PERDUTI Sandokan non abita più qui Pare che i pirati infestino ancora le coste del Borneo, dove l'eroe salgarìano chiamava alla riscossa i suoi «tigrotti» - Ma un tempo qui c'erano avventurieri e esploratori; oggi turisti «poveri» e ex indigeni ricchi e astuti che sanno sfruttare folklore e souvenir - Tra islamismo, rovine di chiese cristiane, ori cinesi, eredità portoghesi DI RITORNO DA KUALA LUMPUR — .Fammi navigare a Est di Suez, dove il meglio è come il peggio, dove non esistono i dieci comandamenti...», aveva cantato Rudyard Kipling. E Joseph Conrad aveva descritto mondi separati che si fronteggiano, gli europei frenetici, i malesi assorti nella mistica del villaggio, inebetiti dal betel che fa dimenticare, ma abili a maneggiare il kris, la spada dalla lama ricurva. Kipling, Conrad, l'Oriente vissuto e raccontato da veri viaggiatori, come fu vero viaggiatore anche Some/set Maugham, malato di India, di Malesia, di tropici, di grandi piogge, ma già melanconico, problematico, insomma sul whisky. Erano tempi in cui poteva capitare di trovare una tigre accucciata sotto il tavolo del bigliardo, come si racconta che avvenne all'Hotel Raffles di Singapore nel non tanto lontano 1919: Kipling era partito da poco, Maugham era in arrivo, prima di giocare a cricket, si disinfestava il prato dai cobra, questo era l'Estremo Oriente, prendere o lasciare. Ma la Malesia di Emilio Salgari era l'Asia più esotica che occidentale potesse mai immaginare e proprio questo scrittore che mai mosse i piedi da casa ha avuto l'onore di una citazione del primo ministro della Federazione della Malaysia, Mahatir, il quale, quando due anni fa venne in Italia, disse: «Non siamo il Paese di Sandokan» e questo fu l'esordio del suo discorso ufficiale. Un omaggio alla forza di una fantasia che si è imposta all'immaginario collettivo — sia pure soltanto italiano — perché mossa da passione di avventura nutrita vagando per carte geografiche. Allora la geografia poteva ancora offrire spunti al mito, perché non c'erano i turisti; gente che agli inizi andava in giro per il mondo a misurare la povertà dei popoli: c'erano soltanto conquistatori, avventurieri, esploratori. Salgari, dieci in geografia, dieci e lode in fantasia, ha amato queste terre e questi mari lontani, ha odiato Sir Brooke, il rajah bianco, con tutto l'odio di Sandokan, nome plausibile che suona malese perché Sandokan era ed è un grosso villaggio del Borneo settentrionale. La bella Anche Labuan è nome veritiero, e lei, la bianca bella bionda fanciulla amata da Sandokan, pirata della Malesia, era la 'perla- di questo isolotto che si scorge arrivando in aereo a Kota Kinabalu, un volo di due ore dalla penisola al Borneo. Le coste del Borneo, là dove Sandokan chiamava alla riscossa i suoi .tigrotti' e dove la dinastia dei rajah bianchi, i Brookes, regnò fino al 1946, pare che siano ancora infestate da pirati: di questi nostri tempi assalgono i boatpeople in fuga dal Vietnam o le barche da diporto dei turisti fuori legge, cioè quelli che disprezzano il tour organizzato e anelano all'avventura. Ma inutile parlare di pirati malesi, pare che ce ne siano di più nei Caraibi, altra nostalgia sahariana, come se tutto fosse già stato e non restino altro da scrivere che «pie memorie», nessun mito nuovo si impone perché l'epoca della fablazione è finita, il mito è al massimo un videotape. C'è anche il fatto che il turista oggi non va più in giro a misurare la povertà dei popoli, ma piuttosto la propria. In effetti alcuni popoli, gli ex indigeni, stanno diventando ricchi e astuti. Ci sono più grattacieli in Malaysia che in tutta Italia, in tutta Europa se ci mettiamo anche quelli di Singapore. Rock e veli La Pasqua a Kuala Lumpur si celebra in perfetto stile Walt Disney: coniglietti, che sarebbero graziose ragazze vestite con tute di peluche rosa o celeste, regalano con soavi sorrisi uova variopinte a bambini che non capisci di chi siano figli: di cinesi, malesi, chissà, magari anche qualcuno figlio di uomo bianco, bellissimi bambini a ogni modo, alteri maschietti che sembrano il piccolo lord, vezzose bambine in abitini d'organza alla Rossella O'Hara. Tradizioni, usi e costumi, mode, vezzi e vizi, tutto un gran guazzabuglio: chi riuscirà mai a ritrovare le proprie radici? A Kuala Lumpur si è appena concluso il congresso del Fata, l'associazione turistica per l'area del Pacifico. Quanta fantasia per vendere un sogno inventando un passato da offrire come contorno al piatto forte: un mare pulito ma spesso marroncino, isole deserte o con grandi alberghi, souvenir da portare c casa, tutti esposti in un villaggio con casette-padiglioni nello stile di tutti i tredici Stati della federazione, invariabilmente capanne su palafitte dove si vendono invariabilmente conchiglie, cestini di giunchi, batik, cappelli da contadino risaiolo, collanine, kris, magliette, e qui la fantasia si sbizzarrisce nella battuta stampata sul davanti o sul di dietro, che magari qualcuno se la mette e si sente jetset. Tanto impegno per risuscitare il niente, la non-storia che sarebbe dignitosissima se di non essere storia, ma natura, vita, fosse paga. Invece ecco il risultato dì malintesi insegnamenti degli etno-antropo-sociologi accoppiati a una concezione commerciale e ridanciana del folklore: toh, guarda la piroga, ecco i lunghi bambù per far la danza. Quale danza? Ma la danza del bambù: tu salti e se non salti a tempo ci rimetti il piede perché gli «indigeni» muovono ritmicamente le canne e tu salta, salta su e giù, su e giù. Divertito? Bene, avanti il prossimo. A Kota Kinabalu, nel Borneo chiamiamolo pure di Sandokan o di Salgari, sono meno scafati, quindi più contenuti: ti intrattengono soltanto complessi rock filippini, batteristi, chitarristi, minutissime bellezze brune che spagnoleggiano per trenta notti, tanto dura il loro permesso di soggiorno, nei night-club o nei piano-bar. Le ragazze musulmane mai farebbero cose del genere, loro si coprono i capelli pudicamente con il velo e, se gli chiedi perché mai, ti rispondono: >I capelli di una donna possono essere tentatori. Sono tanto belli...-,. Si coprono tutto meno le mani, sui piedi si discute perché ci sono due scuole che ancora dibattono la questione. Però è chiaro che questa storia di coprirsi con il velo per le donne, di vestirsi all'araba per gli uomini, manifesta il desiderio di costruirsi un passato, un'identità, che non poteva essere occiden- talcristiana o confuciana, anche se i portoghesi arrivarono qui poco dopo l'Islam, i cinesi già all'epoca Mìng avevano fatto del sultanato di Malacca un loro Stato tributario. Avrebbe potuto essere cinese o portoghese o olandese o britannica l'identità acquisita dei malesi, invece è stata araba. Come mai? Forse perché, come ti dicono e ripetono qui, l'Islam è la religione più moderna del mondo, duemila anni meno del buddismo o del giudaismo, settecento' anni meno del cristianesimo. E scopri che anche per una religione conta essere l'ultimo grido. La verità è che l'Islam, non essendosi presentato qui come conquistatore, è stato accolto come •redentore' che Ubera da tuta l mali indiani, cinesi, portoghesi, olandesi, britannici. Kuala Lumpur, vagamente british-moresca con tocchi giapponesi, è città giovane, senza storia, La storia con tutti i suoi mali dovrebbe invece essere concentrata a Malacca, centocinquanta chilometri a Nord dalla capitale. Ci sono andata per il nome, il fascino di quel nome, di quell'antico emporio dell'Asia: un bastone di Malacca, il pepe di Malacca, le spezie, gli ori, le gemme le sete e.- chi domina 10 stretto di Malacca prenderà alla gola Venezia... Come dovevano apparire brutti, goffi, i portoghesi; ma ancora peggio gli olandesi rossi di pelo, una versione caricaturale dell'inglese: corazze, cappelli piumati, nasi enormi, eccoli i conquistatori, manichini a grandezza naturale esposti in una sorta di museo degli orrori. Inassimilabili, inassimilati. Rimangono le loro chiese : la chiesa di Cristo del 1753 in mattoni rosso salmone che gli olandesi portarono piamente fin qui dalla patria lontana come zavorra nelle stive delle loro navi. La chiesa di San Paolo edificata dai portoghesi nel ISSI dove trovò temporanea sepoltura 11 grande evangelizzatore dell'Asta, Francesco Saverio. Spaesate vestigia, corpi estranei di civiltà aliene, hanno poco di glorioso, il calore dei tropici ha squagliato come un gelato la loro carica di Storia. Anche le rovine si sono liquefatte. Su una lapide funeraria nella chiesa di San Pietro leggi: -Qui giace Mary Betty, morta a trentanni nel 1800, pianta dal suo sconsolato marito». Su di un'altra: «Qui è sepolta Catherine deceduta a ventidue anni nel 1820 con il suo bambino ancora nel ventre». Più sobriamente raccontano delle storie di vite vissute anche le scritte sulle pietre tombali della Butik Cina, la collina dove sono sepolte le cinquecento dame di compagnia della principessa cinese Hung Li-poh, nel 1459 mandata sposa dall'imperatore di Cina al sultano di Malacca, un indiano. «da Fedro» / discendenti dei cinesi ogni modo hanno prosperato: come sono ricche, come sono pompose le loro belle case con le porte istoriate in legno massiccio lasciate aperte per far intravedere la ricchezza degli interni, l'altare di famiglia, l'arredo pesante tutto oro e avori e madreperla. Povere sono invece le case dei discendenti dei portoghesi, meticci che sono scuri di pelle come indiani. Saranno due o trecento al massimo, abitano poco fuori Malacca, in riva al mare fangoso, in un villaggio con la piazzetta vagamente mediterranea costruita l'anno scorso dal governo come grande attrazione turistica. Campeggia l'insegna di un ristorante* 'da Fedro*, nel quale affluiscono i gitanti che scendono dai pullman del .tour storico.. Due volte la settimana i portoghesi si esibiscono sulla piazzetta in danze folkloristiche, naturalmente portoghesi. Se gli rivolgi la parola ti rispondono in christao che sarebbe autentico portoghese del millecinquecento. Cantano una canzone che ricorda: quante belle figlie Madama Dorè Anzi, è proprio Madama Dorè, la madama del re del Portogallo «che volea ballar la samba, ma essendo poco in gamba cadendo si ferì...». He nata Pi su