Detmers, che diavolo d'erotismo di Stefano Reggiani
Detmers, che diavolo d'erotismo PRIME FILM: H nuovo Bellocchio, dopo le polemiche e «Morte d'un commesso viaggiatore» Detmers, che diavolo d'erotismo Un Ehistin Hoffman superbo di rancorosità piccoloborghese nell'opera di Volker SchloendorfT tratta da Arthur Miller DIAVOLO IN CORPO di Marco Bellocchio, con Manischka Detmers, Federico Pltzalls, Anita Laurenzi, Riccar. do de Torrebruna, Alberto di Stasto, Claudio Botosao. Fotografia di Giuseppe Lanci. Drammatico. Cinema Nazionale e Rite di Torino. Cinema Qnirlnetta e Holiday di Roma. Partito, nel preannunci di lavorazione, come un film intorno al terrorismo; fermatosi, nelle polemiche di montaggio tra autore e produttore, al gradino Inconsueto di film-dono a un analista poco ortodosso; giunto, nelle chiacchiere prima dell'uscita, al ruolo curioso di portabandiera dell'erotismo di Stato (perché coproduttore è l'Istituto Luce), Dianolo in corpo si porta addosso la fatica e 11 fastidio di queste etichette, e piegato su se stesso per le sue intenzioni pedagogiche e magari terapeutiche, ma non cade, non perde una certa proditoria unita, un'in dlscu ti bile suggestione. Non sapremmo se darne il merito a Bellocchio che ha officiato 11 film In stretta, strettissima sintonia col suo psicoanalista (dice l'Incipit rivendlcatlvo • Questo film i personalmente dedicato a Massimo Fagioli») o non piuttosto all'Interprete, a Maruschka Detmers. Raramente una storia realistlco-f antastica. In lotta con le pericolose necessità dell'» pologo, vigilata da una, come dire, psicoterapia di clan, è stata interpretata In modo tanto intenso e sincero. La Detmers è «pazza» con una freschezza interiore, una prepotenza corporale, delle quali Prénom Carmen aveva dato solo un avviso. Si capisce, anche nella fellatio che ha preoccupato censura e crona che: 1 guardoni e gli studiosi troveranno piti esplicite le solite sale a luce rossa, alle quali francaronte 11 indirizziamo. La carica erotica di Maruschka sopravvive intatta anche alle trappole della visione (in genere, guardare tutto non è vedere tutto). Bellocchio era partito dall'Idea (col soggettista e scrittore Paiandri) di una grande, Mediocrità, Romanzesca contrapposta agli itinerari per sonali della liberazione di una donna e di un ragazzo. Cosi romanzesca che la donna Maruschka attende di sposare il terrorista pentito che le ha ucciso il padre colonnello del carabinieri; 11 processo nell'aula bunker è alle ultime battute e la legge sul pentiti farà il resto. Cosi romanzesca che il padre del ragazzo Pltzalis, il liceale innamorato di Maruschka, é lo psicanalista ortodosso che ha avuto in cura la donna, subendone Inevitabilmente la seduzione corporale (ecco il corpo bellissimo di Maruschka che emerge nudo dal lettino dell'analista). Nel montaggio 11 troppo ri¬ goroso e romanzesco «tutto si tiene» s'é un poco attenuato in favore dello stile: non si sa se 11 terrorista sia l'assassino dell'eventuale suocero e il fidanzamento di Maruschka ha 11 valore di un astratto cedimento alla «cura» della' comune rispettabilità. Il regista non sarebbe più Bellocchio, se non ci spiegasse che famiglia, benessere, ex terrorismo, pentitismo (ma anche ecologismo, marxismo e ciclismo) fanno parte di una stessa, solidale congiura della normalità. [ Nel film tratto da Radiguet (citato anche per vezzo cinefilo nel titolo) l'amore del ragazzo con la moglie del soldato al fronte costituiva un oltraggio alla normalità della retorica patriottica (del rispetto ufficiale verso i combattenti); nell'apologo di Bellocchio il ragazzo amoroso è il mezzo che ha Maruschka per uscire dall'orribile normalità del fronte interno. In carcere il fidanzato terrorista ha scritto un inno alla medio¬ crità che sembra convincente come una poesia di Prévert. I simboli del profondo, sparsi In ordine faglollano, possono essere accolti, in mancanza di un'interpretazione autentica, come segnali di una fede partecipata (la gita in barca soprattutto). Certo, c'è un ristagno narrativo, un'esitazione che non è solo elisione creativa, al centro del racconto; ma è molto furbo e commovente il finale. Pitzalis all'esame di maturità, Maruschka che se lo beve con gli occhi (ha disertato le nozze terroristiche), la professoressa di greco che propone di tradurre alcuni versi dell'Antiporte, il contrasto con Creonte, la legge scritta contro la legge morale. *Bravo* dice un professore un po' corrivo, sollecitando confidenze; ma non attacca, perché il ragazzo non ha ideologie da offrire in cambio. Non è complice, non è precisamente nemico. E' imprendibile per adesso, è solo l'amante di Maruschka, è la sua libertà con l'amore. * * MÒRTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE di Volker Schloendorff con Dustin Hoffman, Kate Reid, John Malkovic, Stephen Lang, Charles Durning. Sceneggiatura di Arthur Miller dal suo dramma omonimo. Produzione americana a colori. Cinema Olimpia 1 di Torino. Povero Willy Loman. beffato e distrutto dai piccoli ideali (soldi, lavoro, acquisti a rate), dalla modesta ambizione di commesso viaggiatore che ha Inseguito tutta la vita come segno di affermazione individuale. Beffato e distrutto dalle speranze eccessive riposte nei figli, vittima di un cattivo sogno americano. Beh, non staremo a raccontarvi di nuovo la drammatica storia, che ha fatto 11 giro del palcoscenici e anche degli schermi. Da Stoppa a Bosetti nei teatri italiani, Fredric March nel film di Benedek del '51 (per cui ancora gli annuari americani spendono l'aggettivo «raperò»). Viene una -buona o cattiva aria di teatro americano Anni Cinquanta dal celebre testo di Miller (datato 1949), e magari qualcuno deve scacciare da sé il fastidio di avere visto il Commesso troppe volte, anche nelle Interpretazioni dei film drammatici. Ma questa edizione con Hoffman, che Schloendorff ha ripreso e tradotto in cinema dal precedente successo teatrale, ha tutta la qualità per far dimenticare 1 paragoni, ottima In se stessa, appunto -superb. per il trionfante protagonismo dell'attore e per l'eccellente collaborazione dei suol compagni. La cadenza teatrale, l'uso delle scene madri, si sviluppano spesso in un'ordinata frase figurativa che scorre dai primi piani ai fondalinl che mimano il teatro e semplificano i ricordi. Hoffman è un Willy Loman minuto e rancoroso, spaventato e gaglioffo; il primo piano del cinema ha questa grande virtù: di mostrare e studiare un'interpretazione nei suoi particolari, di entrare negli occhi dell'attore, di smontare e rimontare i manierismi. Hoffman è sempre quello di rooteie, là diventava una donna, qui un vecchio fallito, secondo una tecnica di appropriazione del ruolo che fa diventare anche i gigionismi carattere del personaggio (La tv- ha trasmesso un bel •si gira» del film con Hoffman che dopo là scena conclusiva corre ad abbracciare Schloendorff). Naturalmente Aon bisogna dimenticare, come si dice a teatro, il Malkovich, figlio tradito e traditore, il Durning, attore di pancia, e la Reld, trepida imbarazzante, madre soppor tatrice e saggia. Stefano Reggiani Maruschka Detmers, una prepotenza corporea esplosa con «Prénom Carmen» di Godard
Luoghi citati: Roma, Torino, Torrebruna
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