I nostri soldi di Mario Salvatorelli
I nostri soldi di Mario Salvatorelli I nostri soldi di Mario Salvatorelli «Sono una vecchia donnétta qualunque: dovrà perciò scusare la mia ignoranza — ed ingenuità — in campo finanziario!», scrive da Aosta la signora Diana Toquettaz. che sarà pure una «donnetta qualunque), ma si dimostra, da come si esprime, tutt'altro che ignorante, e. da quanto propone, per nulla ingenua. La lettrice, infatti, aggiunge: «Nullatenente, ho versato tre anni orsono 20 milioni (dei 30 — tanti! — di buonuscita quarantennale) in conto corrente: una persona sola e anziana deve poter disporre, per una malattia o un evento qualsiasi, di liquidità immediata. Assisto, perciò, scandalizzata, alla progressiva, costante "rapina", su quel modestissimo capitale, da parte dello Stato, e da parte delle banche,..». Segue un giudizio, piuttosto pesante, sull'uno e sulle altre, dopo il quale la lettrice continua: «L'esiguo interesse concesso sui depositi in conto corrente (secondo la mia banca, esso copre largamente il tasso d'inflazione...), viene pesantemente razziato sia dalla banca, che obbedisce, rapidissima, al Governo, non appena si deve calare il costo del denaro per darlo alle imprese..., sia dal Governo, che attinge agl'interessi dei poveri diavoli, che non possono certo giocare in Borsa con i loro spiccioli». Ed ceco, indiretto, l'invito allo Stato: «Io le domando: il Governo, così attento alla progressività delle aliquote Irpef, non potrebbe istituire diversi, progressivi scaglioni di ritenute anche sugli interessi passivi dei risparmiatori, in modo da non penalizzare allo stesso modo poveri e ricchi?». Cara signora Diana, lei commette solo un piccolo errore, itati una svista, definendo «passivi» gl'interessi dei risparmiatori, mentre sono tali per le banche che li pagano, e attivi per i correntisti che li incassano. A meno che, nella sua «inge- Invito allo Stato... nulla», lei intenda dire che sono passivi in quanto inferiori al tasso d'inflazione, come, in realtà, al netto dell'imposta del 25 per cento, sono sempre stati negli ultimi dodici anni. In questo momento, con interessi che in media si aggirano sul 10 per cento lordo, quindi sul 7,5 netto, contro un tasso d'inflazione avviato a scendere sotto il 7, e verso il 5 per cento, si può dire che i nostri depositi In banca siano, se non proprio remunerativi, quanto meno difesi contro la svalutazione della moneta. Dobbiamo, però, attenderci, anche a breve scadenza, un'ulteriore discesa dei loro interessi, se verrà nuovamente ridotto il tasso di sconto, e le banche ridurranno la remunerazione del denaro depositato per poter ridurre il costo di quello che imprestano alle imprese. A questo punto, forse, sarà opportuno prendere in considerazione la proposta, già più voile e da più pani presentata, di remunerare diversamente il denaro depositato nelle banche: con interessi più alti quello vincolato e più bassi quello «corrente». Una proposta che condivido, anche perché ho sempre considerato il conto corrente come una forma, non d'investimento, ma di «parcheggio» del denaro, in attesa d'impiegarlo a condizioni migliori, oppure per poter usufruire delle comodità e dei servizi di cui può disporre un correntista. Dello questo, mi sembra opportuno girare al destinatario l'invito della lettrice d*Aosta. Non sembra giusto, effettivamente, che l'imposta del 25 per cento colpisca tanto chi ha 10 milioni, quanto chi ha 100 milioni depositati in banca. Se progressività ci dev'essere nel concorrere alle spese dello Stato secondo la rispettiva capacità contributiva di ogni cittadino, come la stessa Costituzione prescrive, non si capisce perché il principio sia applicato per certi redditi, e ignorato per altri. ... e alle banche «Lei sa benissimo che sono ancora in circolazione fra i risparmiatori ingenti quantitativi di titoli obbligazionari al fi e 7 per cento, quali Opere Pubbliche (con emissioni vurie), tri. Imi, Enel, eccetera. Putroppo. la maggior parte delle banche non controlla l'estrazione per il rimborso, quando il possessore presenta le cedole allo sportello per l'incasso degli interessi. Così, quando il titolo è stato estrallo, il rimborso viene decurtato dell'importo di tutte le cedole ' 'indebitamente ' ' incussale. Pensiamo al danno. Vorrei pregarla d'invitare tutte le banche a controllare almeno una volta l'estrazione dei titoli, quando si presentano le cedole allo sportello». Mi sembra che anche il signor Francesco De Stefano, di Ivrea, meriti la «trasmissione» del suo invito. Anche perché, al danno per ia decurtazione delle cedole incassate «indebitamente», si aggiunge quello derivante dal ritardato rimborso di un denaro che avrebbe potuto essere reimpiegato.
Persone citate: Diana Toquettaz, Francesco De Stefano
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