L'inventore-curatore-autore del varietà di Italia 1 racconta tutto di sé e della trasmissione di Simonetta Robiony

Venne Ricci e creò «Prive in » Uinventore-curatore-autore del varietà di Italia 1 racconta tutto di sé e della trasmissione Venne Ricci e creò «Prive in » E' l'unico show tv arrivato al traguardo delle 100 puntate in piena vitalità - In autunno parte la quarta serie - Unica defezione Beruschi ROMA — Detto così Antonio Ricci non significa niente. E' un nome che sa di elenco del telefono, di lontane classi elementari, di persóna incontrata e subito dimenticata. Sconosciuto al grande pubblico Antonio Ricci, però, è un signore famosissimo tra gli addetti allo spettacolo come inventore, curatore e autore di Drive in, l'unico varietà televisivo arrivato al traguardo delle cento puntate in piena vitalità e perenne dinamismo. Ami senza neppure un segno di stanchezza se la media d'ascolto continua ad aggirarsi intorno ai sette-otto milioni con exploit stravolgenti che toccano i tredici. Tant'è che l'autunno prossimo, come comincia la nuova stagione televisiva, per il quarto anno consecutivo, ecco che Drive in riparte alla carica: stessa formula, stesso orario, stessa rete televisiva del circuito berlusconiano. «Meglio la domenica del sabato, meglio Iìalia 1 che Canale 5, meglio la posizione defilata che quella in prima linea», dichiara Ricci. £ perché? «Perché noi siamo comunque contro e una collocazione troppo ufficiale mi farebbe sospettare di non essere più trasgressivo». Unica novità prevista per la prossima edizione l'abbandono di Enrico Beruschi che lascia Drive in per il teatro. «Ma gli abbandoni — dice Antonio Ricci — non indeboliscono il programma: rinnovare 11 parco attóri salvando il contenitore è una delle nostre carte vincenti». E poi per un Beruschi che se ne va ci sono un Vastano, un D'Angelo, una Del Santo, un Gaspare con l'amico Zuzsurro, una Ttny Cangino, un Greggio, una Ambra .Orfei che restano. Quest'anno si chiude il 25 maggio festa della Santissima Trinità: l'apertura d'autunno è fissata a data da destinarsi. Ministoria di Antonio dei miracoli. Ma come ha fatto Ricci Antonio, trentasei anni, di Albenga provincia di Savona, una moglie e un figlio saldamente radicati ad Alassio perché senza provincia lui non può creare, a diventare il nume tutelare della risata televisiva, il gran patron della comicità che piace e fa bene a grandi e piccini? Mancato attore per irrefrenabile terrore del palcoscenico, professore di lettere rinunciatario per esaurimento della spinta pedagogica, giornalista satirico discontinuo per mancanza di tempo, Antonio Ricci esordisce come autoattore al teatro «Instabile» di Genova, un cabaret che deve il suo nome all'incapacità di mantenere una sede fissa. Alla televisione arriva con Beppe Grillo nel mitico «Lunapark» del 77. «E da allora Grillo ed io non ci siamo mai lasciati. Più che una coppia la nostra è una simbiosi: lui è una forza della natura, a me tocca solo imbrigliarla». L'esperienza necessaria per il passo successivo, però, gliela fornisce la scrittura dei testi per Gigi Sabani: «Sabani è un imitatore: lavorare per lui è come lavorare per quindici personaggi diversi: la pratica dell'antologia l'ho appresa con lui». Il miracolo di Drive In. E cosi dopo anni di televisione di Stato con programmi che vanno da «Fantastico» di Trapani al «Te lo dò io il Brasile», prima, e «L'America», poi, di Grillo, Antonio Ricci decide di cedere alle lusinghe di Berlusconi e trasferirsi armi e bagagli sull'emittente privata Italia 1. Potenza del denaro? Lui giura di no. «Ho posto solo due condizioni a Berlusconi: quella di non essere vincolato dall'esclusiva perché voglio sentirmi libero e quella di avere un programma unico ma con una colloca¬ zione stabile e precisa». E' il 1983: nasce Drive in: «L'idea era sotto gli occhi di tutti — ammette con modestia Ricci — chiunque poteva arrivare a fare un programma di varietà con tantissima roba dentro». Il modello è «Due di tutto» di Enzo Trapani, il regista verso il quale tutti i giovani autori, Ricci compreso, hanno un debito di riconoscenza. Ma mentre il varietà classico dura al massimo sei-otto puntate, il varietà televisivo immaginato da Ricci ha la misura dell'eternità perché lui guarda ai fumetti e alle loro storie senza tempo. «B mio merito — aggiunge — è stato coniugare velocità e stereotipo, rivoluzione e conservazione, tormentoni e novità». Fa un esempio: il bocconiano di Sergio Vastano. Nato come studente meridionale immigrato a Milano è oggi un manager di alto livello che frequenta il salotto di Eugenio Scalfari e le nevi di Luca di Montezemolo. Cosa c'è dietro le quinte Numerosissimo lo staff di autori che lavora con Antonio Ricci. C'è Lorenzo Beccati, • l'uomo della notte», quello che fa l'alba insieme a lui scrivendo appunti e buttan¬ doli via. Ci sono Gino e Michele, quelli che fanno il pubblico e le nottate a giorni alterni: se ridono loro vuol dire che funziona. C'è Aldo Rami che ha in gestione dall'inizio alla fine il comico conduttore Enrico Beruschi. Al loro fianco una nutrita schiera di esuli dai fumetti: Silver e Castelli specialisti in horror, Bruno D'Alfonso e Cavallo vignettisti riciclati, Stoino di Boba che costruisce in proprio per Pietrangeli. Lui Antonio Ricci fa l'imbuto: «Tutti i contributi passano per le mie mani: leggo, vedo, taglio, scarto, rifaccio e poi, finalmente, partiamo per la registrazione». Pochissimo sonno, niente alcol, niente droga e niente donne: molta fatica, molti giornali letti, molti libri sfogliati, moltissime chiacchiere, qualche scherzo giocato alle spalle dell'uno o dell'altro, un'occhiata al bar per sentire cosa dicono i ragazzi, una lunghissima registrazione, un duro lavoro di montaggio e, voilà, Drive in è servito: duecentoquaranta milioni a puntata, praticamente una miseria. Antonio Ricci dice che è il primo programma italiano di «nouvelle cuisine» perché, spiega, gli elementi tradizionali ci sono tutti ma il gusto complessivo è nuovo, il suo orgoglio è aver usato la comicità demenziale degli Anni Ottanta per una critica di costume con punte di educazione culturale. «E' l'unica trasmissione di varietà che usa il congiuntivo, spesso anche il condizionale, a volte perii no le frasi subordinate». Simonetta Robiony