Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

eterna bambina r Cattivi Pensieri di Luigi Firpo eterna bambina Sette giorni fa, il 13 aprile, Enzo Biagi ha dovuto alzarsi presto. Alle. 7,30 è partito infatti dalla Mal pensa con un aereo privato da noleggio che 10 ha trasportato, insieme con una piccola squadra di tecnici della Rai, all'aeroporto di Tripoli. Un portavoce di Ghcddal'i, rispondendo dopo lunghi silenzi a una richiesta di intervista, gli aveva dato via libera, anteponendolo con singolare benevolenza alle decine di inviati speciali spediti nella capitale libica dai giornali e dalle televisioni di mezzo mondo. Dopo una lunga giornata di attesa e di incertezza, lunedì alle 14 è giunto il sospirato segnale: nel cuore stesso del suo quartier generale — il campo trincerato e ultraprotetto di Bab Al Aziza — il «Fratello che guida la rivoluzione» avrebbe ricevuto il giornalista italiano, «pronto a rispondere a qualunque domandai). Conclusa l'intervista, alle 18 Biagi e i suoi ripartono con lo stesso aereo per l'Italia; mezz'ora dopo l'aeroporto viene chiuso al traffico civile; nella notte pio/ono su Tripoli e Bengasi le bombe delle squadriglie Usa partite dai lontani scali britannici. Si è dunque trattato, dal punto di vista giornalistico, di uno straordinario scoop, di uno di quegli eventi in cui la bravura professionale, il disprezzo per il rischio fisico, la disponibilità di mezzi e, non, ultima, una concatenazione di circostanze fortunate, consentono di realizzare un «prodotto» di assoluta eccezionalità e di attualissimo interesse. Non per nulla, l'annuncio della messa in onda, prevista nello Spot di martedì sera, aveva destato nel mondo intemazionale dell'informazione grande attesa, e invidia, e offerte di acquisto a scatola chiusa. Preannunciata dalle agenzie c dai giornali, la trasmissione suscita grandi aspettative, ma 11 Telegiornale si prolunga oltre i limiti consueti e anche oltre quelli giustificabili con la scottante attualità. In un dibattito abbastanza prolisso e ripetitivo, ha luogo un palleggiarsi di opinioni tanto rispettabili quanto superflue: quelli che mancano sono i fatti e i protagonisti, cioè il midollo ^vvro dell'informazione. Finisce che la più bella figura in fatto •di competenza ed equilibrio la fa un generale in borghese, ma il pubblico resta a bocca asciutta e Spot, misteriosamente," non va in onda. Con le polemiche suscitate da questa soppressione, che per la Rai rischia di apparire come un vero e proprio gesto di autocastrazione, si potrebbe colmare un giusto volume. Tutti ne hanno parlato e scritto per giustificare o deplorare il divieto piovuto dall'alto all'ultimo momento. Il direttore generale del servizio pubblico, Biagio Agnes, se n'è assunta pienamente la responsabilità, sostenendo che gli sviluppi drammatici della situazione libica, i missili scagliati contro Lampedusa, le paure dilaganti fra le popolazioni indifese del Sud, imponevano di non attizzare le angosce, le fughe nelle grotte e le manifestazioni di irrazionalismo emotivo. Agli inviti alla prudenza, pervenuti nel pomeriggio di martedì da parte della senatrice Jervolino, presidente della Commissione parlamentare di vigilanza, e del ministro dell'Interno, Scalfaro, Agnes ha potuto rispondere che già aveva provveduto in piena autonomia a togliere di mezzo quella pietra dello scandalo. Non so se si sia trattato di inviti in senso mondano, garbate preghiere, oppure di segnali inequivocabili, di ordini appena velati; certo, in mattinata, dal ConsigLtodei ministri era¬ no giunti i soliti messaggi di ostilità contro Biagi, reo secondo alcuni di non esibire tessere e di non accettare padroni. Qualche critico forse troppo malizioso ha supposto che il motivo della soppressione del servizio sia da individuare nella domanda di Biagi (rimasta senza risposta) circa i quattro terroristi catturati a Fiumicino nel '73 e condannati a cinque anni di reclusione, che con qualche eccesso di disinvoltura i nostri allora non inappuntabili servizi segreti, spedirono impuniti in Libia quale grazioso omaggio di buon vicinato. Che la de odierna voglia difendere a oltranza le decisioni dei responsabili d'allora (Moro e Rumor) sembra frutto di accesa fantasia: in politica, tredici anni sono un'era geologica; quanto ai servizi segreti, cui si è attribuito un intervento ingiuntivo di divieto, rischierebbero di più con un'indebita inframmettenza oggi di quanto possa nuocere loro il riparlare di un vecchio e notorio episodio. La spiegazione è, a mio avviso, più semplice e più grave. Un alto dirigente della Rai, persona illuminata e proba, ha asserito con bella naturalezza che, fosse dipeso da lui, non avrebbe sospeso il «servizio», lo avrebbe solo ripulito delle battute inopportune. Di qui comincia l'orrore. Perché coloro che debbono garantire l'informazione pubblica e democratica di un Paese civile non possono aver paura della verità. Essi continuano a coltivare l'immagine di un'Italietta immatura, provinciale, ora vociante con arroganza e ora spaventata da mille pericoli veri o immaginari. Comunque, un'Italia in perpetuo stato di minorità, affidata non si sa da chi alla loro tutela, incapace di distinguere il bene dal male, destinata alla rovina se i suoi buoni pastori non la tengono nell'ovile e non la nutrono di mezze verità addomesticate. Invece il Paese è cresciuto, legge, produce, inventa, vuol ragionare con la sua testa. Il vero «servizio pubblico» non consiste nel dire e non dire, nell'eludere, neU'edulcorare, ma nel fornire a cittadini adulti il cibo aspro della realtà.

Persone citate: Biagi, Biagio Agnes, Enzo Biagi, Jervolino, Moro, Rumor, Scalfaro

Luoghi citati: Bengasi, Italia, Lampedusa, Libia, Tripoli, Usa