Prosciolti i tre Caltagirone La bancarotta? Mai esistita di Roberto Martinelli

Prosciolti i tre Caltagirone La bancarotta? Mai esistita Roma, il giudice istruttore li ha scagionati con formula piena Prosciolti i tre Caltagirone La bancarotta? Mai esistita «Nel lóro comportamento non c'è stato dolo» - Analoga decisione per undici amministratori delle loro aziende - L'hanno spuntata dopo sei anni di attesa ROMA — Il giudice istruttore. Vittorio Bucarelli ha prosciolto con formula piena dall'accusa di bancarotta fraudolenta, i fratelli Gaetano, Francesco e Camillo Caltagirone, protagonisti, a cominciare dal 1978, di una complessa vicenda giudiziaria determinata dalla dichiarazione di dissesto di importanti società edilizie. Insieme con i tre fratelli nel cui comportamento, «non sussiste alcun dolo», il giudice ha prosciolto anche altre undici persone, che comparivano come dirigenti. In particolare, perchp «il fatto non sussiste», sono stati affrancati da ogni sospetto Mario Giovarmeli!, Enzo Foci, Delia Marlonghi, Domenica Santoro, Riccardo Giangrosso, Luciano Sbardellati, Italia Fanoni, Remo Colasanti, Franco Perticarinl, Vittoria Mastromichele e Paola Lefevre. C'è una norma nel nostro codice che impone al giudice, come dovere di ufficio, l'obbligo di scagionare l'imputato smaccatamente innocente. I fratelli Caltagirone. principi dell'edilizia romana e «grandi elemosinieri» della Repubblica, ci hanno messo sei anni, ma alla fine l'hanno spuntata. La sentenza che li assolve equivale ad una lettera di scuse. Non dovevano essere inquisiti, né processati. Il loro fallimento non doveva essere dichiarato, i loro beni, palazzi, ville e banche, non dovevano essere messi all'asta, i loro aerei personali non potevano essere posti sotto sequestro e poi venduti (a Niki Lauda). La giustizia penale ha restituito loro piena dignità di cittadini al di sopra di ogni sospetto. Chissà che lo Stato non debba risarcir loro i danni. Si chiude, o forse si apre una pagina di storia che sul finire degli Anni Settanta fece tremare la Roma politica: quella del finanziamenti occulti, delle tangenti elevate a sistema di vita, delle banche amiche degli amici, degli scenari equivoci nei quali si muovono con grande destrezza maneggioni di Stato e manager della libera industria. L'Impero dei Caltagirone appariva intoccabile, solido come una roccia, protette dalle grandi aperture di credito dell'Italcasse e dalle amicizie politiche. All'improvviso lo scandalo: sono i giorni delle grandi inchieste sulla gestione del danaro pubblico. Nel mirino dei giudici è il sistema bancario, l'Italcas.se in testa, con i suol crediti agevolati e le sue allegre finanze. Rovelli (Sir), Urslni (Liquigas), Arcaini e tanti altri ancora, finiscono sotto inchiesta, assieme ad una quarantina di banchieri e politici. Saltano fuori assegni a non finire. Franco Evangelisti, allora ministro della Marina Mercantile, ammette candidamente di aver intascato fondi per la sua corrente dai fratelli Caltagirone. In una famosa intervista Evangelisti consegna alla storia 11 detto «A Fra, che te serve?». Era la domanda di rito di Gaetano Caltagirone al momento di staccare l'assegno dal suo carnet. Dimissioni da ministro di Evangelisti, grandi polemiche sulla corrente andreottiana, altri politici coinvolti poi il fallimento della Caltagirone e c. E i mandati di cattura. Vengono spiccati una sera di febbraio e consegnati alla Guardia di Finanza. Ma i due Mystère con i piani di volo già pronti da alcuni giorni fanno in tempo a decollare da Ciampino. Gaei ino e Francesco riparano a New York, nella loro residenza nella Quinta Strada. Camillo, il cugino, atterra a Santo Domingo. .Un mese dopo l'arresto- americano per i primi due: pochi giorni di permanenza nel carcere di Manhattan e poi scarcerazione e risarcimento danni del governo federale: duemila dollari. Camillo, il piti sfortunato, sconta più di un anno a Regina Coeli. Intanto la giustizia italiana macina una istruttoria dai mille risvolti sconcertanti. I massimi esperti di mercato vengono Interpellati come periti e sostengono che 11 fallimento non poteva essere dichiarato perché i beni immobili garantivano i debiti verso le banche. Non c'era passivo e non poteva esserci fallimento. Un grosso abbaglio dei giudici? La tesi difensiva, enunciata prima timidamente, prende consistenza e si fa avanti. Trova conferma in una sentenza parallela del tribunale civile il quale dice che quel crac non poteva essere. E' un grosso guazzabuglio giuridico. I mandati di cattura vengono revocati, 1 costruttori tornano in Italia. Ed ora il gran finale. La pubblica accusa si ritira e ammette di aver sbagliato, il giudice assolve. Il crac è solo una allucinazione? Le perìzie lo hanno stabilito a prova di codice penale. L'ultima parola deve dirla la corte d'appello, chiamata a pronunciarsi sulla validità tecnica della sentenza dichiarativa di fallimento. Roberto Martinelli