Gli italiani raccontano la notte fra le bombe di Liliana Madeo

Gli italiani raccontano la notte fra lo bombe Gli italiani raccontano la notte fra lo bombe (Segue dalla 1* pagina) detto che Gheddafi aveva bisogno di una lezione. La stessa popolazione vuole che gli americani facciano questo*. Uno dopo l'altro i passeggeri varcano il controllo. Un altro racconta: •Eravamo a due chilometri dalla casa di Gheddafi, siamo stati svegliati di colpo dalle esplosioni. 'Abbiamo passato due giorni chiusi in albergo. Ogni sera alle 9 sparava la contraerea. Ieri pomeriggio, verso le 14, ci sono state altre sparatorie ma noi eravamo nell'albergo*. — Contro chi sparava la contraerea? •Secondo me contro nessuno*. — Ci sono stati scontri fra i libici in città? •Sembra che ci siano stati disguidi tra caschi rossi e altri miliziani. L'esercito non si è più visto nella città, c'erano solo le guardie della rivoluzione. Appena la radio ha comunicato che l'aeroporto era stato riaperto, ci siamo andati. Abbiamo aspettato per ore, ci hanno fatto salire e scendere dall'aereo varie volte e alla sera slamo finalmente ripartiti. Oggi era tutto tranquillo, le strade erano normali, si vedevano molti ragazzini in giro col mitra*. — E' vero che alcuni lavoratori italiani sono stati messi in un campo militare? «Si, Io abbiamo sentito dire, però ci risulta che sono stati messi in un campo di lavoro*. Un altro italiano proseguela testimonianza: «Ci è sembrato un terremoto, ma eravamo lontani e non eravamo in grado di capire cosa stava succedendo*. — Sono molti gli italiani che vogliono venire a casa? •Sono tanti, però molti vogliono restare in Libia e sperano che la situazione si tranquillizzi*. Con l'aereo è tornato un gruppo di dieci dipendenti di una stessa società, la Braibanti di Parma. Raccontano quella notte. — Quanto è durato il bombardamento? •Mezz'ora*. — Avete avuto paura? •Certo. In principio non sapevamo niente ed abbiamo telefonato al console. Il console e l'ambasciata ci hanno detto: state tranquilli, non i niente*. I dieci stavano costruendo in Libia un impianto. •Si può dire una sola cosa — aggiunge uno dei dipendenti della Bramanti —; i libici si sono comportati da signori. Noi la mattina dopo temevamo una rappresaglia, una ritorsione, invece niente; si sono comportati veramente bene. Lunedi notte ci sono stati circa venti minuti di fuoco davvero terribile, è difficile descriverlo, nessuno si aspettava niente*. — Quali sono stati i quartieri e gli obiettivi militari più colpiti? «Non siamo riusciti a vedere bene perché tutte le zone colpite sono state subito presidiate dai militari. Da quello che si è sentito due palazzi civili sono stati abbattuti*. — Morti? • Una settantina, anche bambini. Dopo il bombardamento la città era presidiata e in giro si vedevano molte milizie però nessuno ha rotto le scatole*. Nel gruppo dei dipendenti della Brattanti c'è Luigi Ste fani, di Treviso. Viveva in Libia da quattro anni: con i libici ha sempre avuto buoni rapporti. Dice: •Quando c'è stato il bombardamento io ero nello stabilimento, a circa 600 metri dalla casa del Colonnello. I colleghi erano all'Hotel Medina, sul mare. La paura è stata tanta, come non avevamo più provato dopo il '44. Poi abbiamo anche temuto le rappresaglie che, per fortuna, non ci sono state. Stamattina ci siamo presentati all'aeroporto e siamo stati imbarcati e sbarcati quattrocinque volte. Per quanto riguarda le autorità diplomatiche: ci hanno ignorato!». Ne passano altri due. Si rifiutano di parlare. Dicono soltanto: «La paura è stata troppa. Che cosa è successo? Bombe, bombe, bombe*, e si affrettano verso l'uscita. . Pasquale Ruggeri, della provincia di Ascoli Piceno, lavorava a Hannafora per una compagnia internazionale di ricerche petrolifere. SI trovava a Tripoli, ha vissuto l'esperienza delle bombe e dell'artiglieria, ma dice di non avere avuto paura. Insiste ad accusare l'Alitalia, «...che non è venuta a prenderci*. Dell'ambasciata dice: ■Non ci hanno calcolato. Questi sono gli italiani». Lavora in Libia da 12 anni, è tornato In Italia per una vacanza e vi resterà un mese, ma vuole rientrare subito in Libia. E aggiunge: j II powerno italiano si è g preoccupato di noi. L'amba- ■ sciata ci ha chiuso il cancello in faccia*. Il consulente legale di alcune società italiane che lavorano In Libia, si chiama Elio Paris, è di Roma. Ha detto: «Gii scoppi sono durati venti minuti e sono andati avanti per ondate. Si sono levate alte delle fiammate che testimoniavano che si trattava di I bombe ad alto potenziale. La sensazione della morte si è incontrata molto nella città, si vedeva. La gente Ubica era molto colpita perché non capivano perché erano stati attaccati*. E continua: «io sono stato molto colpito da queste scene di morte. Ho aiutato a tirar fuori una bimba uccisa dalle rovine di un palazzo che si trova nel cuore della città. Vado in Libia da dodici anni. L'atteggiamento degli italiani era sereno. Gli italiani vivono in una situazione normale e nessuno è scappato; nessuno di noi che è qui, scappa; nessuno ha paura. Abbiamo atteso di partire in queste ore all'aeroporto-.. Liliana Madeo

Persone citate: Braibanti, Elio Paris, Gheddafi, Ruggeri