Una donna di qualità
Una donna di qualità Una donna di qualità Persone di Lietta Tornabuoni E' in giorni come questi, quando la pace sia nelle mani di un uomo troppo vecchio e troppo malato per immaginare un futuro e troppo attore per rinunciare a mosse spettacolari, che si sente in modo speciale la mancanza di intellettuali come Sartre, Raymond Aron. Simone de Beauvoir. Non conformisti, non paurosi, non frivoli. Persone che di fronte agli avvenimenti non pensavano esclusivamente a se stesse, al «numero» da fare per distinguersi da altri e impressionare il proprio piccolo ambiente, ma che si sentivano partecipi dei drammi del mondo, impegnate a capire e a reagire, ad assolvere alla propria funzione critica. Persone fallibili come tutti, ma di qualità, serie, appassionate: e intelligenti. Peccato che non ci siano più. Per Simone de Beauvoir che adesso è morta, insieme con il rimpianto si prova ammirazione e gratitudine. E' stata un'intellettuale e una donna straordinaria, per almeno tre ragioni fra tante altre. Una è // secondo sesso, il testo che per primo dopo la seconda guerra mondiale, già 37 anni fa, analizzava la condizione, la storia e il destino delle donne usando gli strumenti, allora inconsueti per un simile tema, dell'antropologia e della sociologia. Un saggio interdisciplinare, un manifesto studioso, un libro che ha contribuito come nessun altro ad aprire la testa e chiarire le idee a generazioni di donne e di uomini. Anche un atto di coraggio, in un tempo in cui la massima aspirazione delle intellettuali era ancora quella di essere come gli uomini e scrivere su «cose di donne» pareva una diminuzione: in più, da parte di un'autrice che non aveva alcuna vocazione femminea e che ha sentito poi soprattutto come un dovere l'impegno culturale o la militanza politica a fianco delle sue simili. Nel corso del tempo, la saggistica sulle donne si è fatta sterminata, magari anche più scientifica: ma pochi libri, o forse nessuno, hanno avuto la forza convinta, l'effetto sociale, la funzione culturalmente rivoluzionaria, la qualità simbolica del Secondo sesso. La seconda ragione d'ammirazione c gratitudine per Simone de Beauvoir è il rapporto che per tutta la vita l'ha legata a Sartre. Insieme erano una coppia unica, inimitabile eppure esemplare: a! confronto paiono patetiche certe «coppie aperte» o certe coppie-ditta contemporanee, paiono mediocri certi esperimenti di promiscuità o di solitudini separate. Sartre e Beauvoir formavano una coppia solidale, amica, amorosa, intellettuale, fondata su quella che chiamavano «la trasparenza»: l'assoluta schiettezza e confidenza reciproca, il non fingersi migliori né peggiori del vero, il non mentirsi mai: per scelta, e per orgoglio. Una coppia unita e salda al di là degli amori diversi di ciascuno: non senza sofferenza e ambiguità e ferite, ma per sempre. Due persone capaci di provare uno per l'altro un interesse, un'attenzione mai logori, ed era straordinario incontrarli, in certe sere romane d'estate, tra piazza del Pantheon e piazza Argentina: già vecchi, sedevano uno di fronte all'altro in posti anche bruttissimi (bar notturni aperti alle due del mattino, caffè avvelenati dal traffico), e parlavano. Parlavano fitto, con animata passione, con risate sussultanti o precarie indignazioni, per ore: come fosse la prima volta al mondo che si scambiavano idee. La terza ragione d'ammirazione e gratitudine per Simone de Beauvoir è il modo in cui da scrittrice ha saputo raccontare la vecchiaia e la morte, in Una donna spezzala, la Vieillesse (tradotto in italiano con il tremendo titolo Im terza età). La cerimonia degli addii. Non sono tra i suoi libri più famosi, certo l'argomento non è di quelli preferiti dagli autori o dai lettori di best-sellers: però molto raramente il tempo finale della vita è stato analizzato e narrato con tanta lucidità e tanto rispetto, con tanto duro realismo e tanto amore umano, con tanta intelligenza. Ma poi, gratitudine si prova per la persona che Simone de Beauvoir è stala: più forte dell'affettii per la sua faccia incantevole in gioventù c poi come cristallizzala o per quel suo piccolo turbante-uniforme o per il nomignolo-definizione prediletto da Sartre, Castoro. Castorino mio, resta l'ammirazione per la prova offerta con la sua vita e il suo lavoro di cosa può davvero essere un'intellettuale.
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