I giudici calabresi del «caso Terranova» nell'aula-bunker di Palermo di Francesco Santini

Liggio: Buscetta è un golpista I giudici calabresi del «caso Terranova» nelFaula-bunker di Palermo Liggio: Buscetta è un golpista Il boss di Corleone attacca il grande pentito, dice di averlo conosciuto 16 anni fa: «Venne a chiedermi mille, duemila uomini per sovvertire lo Stato» - Parla di politici che tiravano le fila del complotto, ma non ne fa i nomi: «Li sa Buscetta» - Poi chiede il confronto ma non lo ottiene DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Luciano Liggio, un democratico; Tommaso Buscetta, un golpista: ecco, sedici anni dopo, la verità del boss di Corleone, chiamato a rispondere dell'omicidio del giudice Cesare Terranova. C'è, a Palermo, la Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria. S'è trasferita in Sicilia, nell'aula-bunker del processo alle cosche, per misura di sicurezza: deve ascoltare don Masino che accusa Luciano Liggio. Ma il vero protagonista della giornata è pròprio il capo dei corleonesi, Liggio, deciso ad attaccare il grande pentito della mafia. Abito blu, cravatta dai colori vivaci, Liggio dice di conoscere Tommaso Buscetta. E ogni riferimento è, nella sua deposizione, sullo stesso piano: «Abbiamo mangiato carciofi arrustuti e pisci, nel CinquantaseU. 'Cipristai, un pantaloncini! curtu, nel Sessanta». Poi, ecco, dopo i car ciofi alla brace e i bermuda in prestito, il terzo incontro, del 1970. Liggio sorride. Con patetica solennità dichiara: •Non mi sono lasciato comprare dal signor Buscetta. Mi avevano promesso anche la libertà in cambio di mille, duemila, tremila uomini, ma io non ho voluto portare l'Italia sotto un regime di dittatura. Lui, Buscetta e i suoi programmatori mentono». Il fantasma di Junio Valerio Borghese è nell'aula verde di Palermo. Come in tutte le cronache giudiziarie, per gli ergastolani il tempo s'è fermato. E Liggio davanti ad una Corte per nulla stupita continua nella deposizione: «Non era nelle mie intensioni scoprire il sederino a nessuno. Ma visto che mi ci hanno tirato per i capelli, voglio ricordare il 1970 e la mia latitanza a Catania. Buscetta mi viene a trovare. Mi domanda se ci sono uomini pronti all'asiane. In cambio, c'è la promessa della liberti assicurata da quei politici che domandano uomini per sovvertire lo Stato». Il presidente Franco Delfi¬ no non è interessato ad approfondire. Cede il microfono al giudice a latere, Scordo, che domanda: «Liggio, che cosa volevano gli uomini politici?.. Liggio: •/ politici chiedevano a Buscetta garanzie e soprattutto un incontro con me». Giudice Scordo: «Un incontro con lei?». Liggio: .Si, un incontro diretto, perché non si accontentavano delle garanzie di Buscetta. Quel signore aveva raccontato che io ero al corrente della richiesta. Io non ne sapevo proprio nulla e rifiutai qualsiasi contatto». Giudice Scordo: «Che cosa accadde, dunque?». Liggio: »Di qui nasce l'odio di Buscetta nei miei confronti. Due.sono i motivi: per la brutta figura del signor Buscetta e dei suoi programmatori Che hanno perso la faccia in tutta la Sicilia e perché tutto l'affare andò in fumo». Presidente: «Liggio, chi erano i programmatori, i politici?». Liggio: «Alcuni sono morti. Dei vivi non parlo. Quanto al primi stendiamo un velo pietoso; quanto ai secondi chiedete a Buscetta come si chiamano». P.M.: «Liggio, che cosa le avevano promesso?». Liggio: 'C'erano di mezzo molti interessi. Ville, milioni, miliardi. Ho rinunciato alla mia libertà pur di non prestarmi a fare danni irreparabili al Paese. Mi avevano promesso la libertà. Perciò, quando Buscetta parla dei corleonesi dovrebbe prima sciacquarsi la bocca con l'aceto. Come cittadino di Corleone pretendo le scuse, non ammetto che il presidente dell'aula-bunker consenta questo atteggiamento al signor Buscetta*. P.M.: «Insomma, Liggio, esca dal vago, qual è il motivo preciso di questo rancore? Chi sono i politici, che cosa volevano?». Liggio: 'Io ho un ergastolo, una condanna a ventidue anni e un'altra a sei anni, ma nei miei confronti non c'è una prova. Eppure non ho mai parlato, non ho mai tradito. A Socrate fecero bere la cicuta, a me è toccata la galera. Io ero in carcere nel 74. Sono stato condannato per ritorsione, ma non è il caso di scomodare i morti». Presidente: «Quando ha conosciuto Buscetta?». Liggio: « Voglio parlare da vicino, voglio il signor Buscetta a confronto. La faccia è lo specchio dell'anima. Voglio che quel signore mi guardi negli occhi. Chieda, presidente, a Buscetta se si ricorda di aver accompagnato Salvatore Grecò nella mia villa vicino a Catania. Guidava un'automobile con targa svizzera. Gli regalai un paio dì pantaloncini corti perché aveva caldo e cosi poteva guidare meglio». Buscetta è sul pretorio. Liggio parla dalla gabbia. Buscetta risponde direttamente: 'Non lo ricordo, ma non è vero». Il processo Terranova riprenderà a Reggio Calabria il 28 aprile. . Francesco Santini Palermo. Il boss Tommaso Buscetta (di spalle, protetto da un recinto con vetri antiproiettile) fotografato ieri mentre risponde alle domande della Corte di Reggio Calabria (Telefoto)