Due missili libici contro Lampedusa

Due missili libici contro Lampedusa La risposta di Gheddaf i al bombardamento americano su Tripoli e Bendasi Due missili libici contro Lampedusa Gli ordigni sono caduti in mare senza fare danni - Erano diretti alla stazione radar Usa installata sull'isola - Si alzano in volo aerei italiani, ma non trovano alcuna nave: i razzi lanciati da una base in Libia - Craxi: «£' un atto di guerra» - Energica protesta della Farnesina - E' già polemica sull'efficienza delle strutture difensive nazionali, convocato per oggi il Consiglio superiore della Difesa VUrss annulla rincontro Ira Shultz e Shevardnadze - Uccisa una figlia di Gheddafi Sulla linea del rìschio La crisi aperta dal raid americano su Tripoli e Bengasi ha subito coinvolto l'Italia, sia pure nell'estremo lembo del suo territorio e senza conseguenze per la popolazione dell'isola di Lampedusa. L'allarme con cui non soltanto il nostro Paese, ma l'Europa, avevano seguito i preparativi dell'azione americana, e la disapprovazione nostra e degli altri europei (con l'eccezione quasi isolata dell'Inghilterra) per l'azione compiuta, trovano cosi un riscontro anche troppo immediato in una «escalation» militare che i comportamenti irresponsabili del leader libico, protettore di terroristi, facevano prevedere. Siamo cosi in grave allarme per il rischio di ulteriori e più diretti coinvolgimenti dell'Italia in quello che potrebbe diventare un vero e proprio conflitto, con un Paese dove diecimila nostri compatrioti potrebbero diventare altrettanti ostaggi di un leader spregiudicato e privo di scrupoli. Siamo altresì in allarme per la minaccia di una seria crisi politica tra Stati Uniti ed Europa: il dissenso tra le due metà dell'Alleanza atlantica, cosi vitale per la nostra sicurezza e libertà, è forte e potrebbe aggravarsi. Anche se l'Europa, con i suoi passati silenzi e la sua inerzia, è in parte responsabile per l'isolamento dell'America, e quindi persino per la reazione militare di Reagan, ciò non deve impedire agli alleati europei di far sentire le loro ragioni. Il presidente del Consiglio italiano lo ha fatto ieri con senso della misura, riconoscendo le gravissime provocazioni a cui l'America è stata sottoposta dalle Libia di Cheddafi, ma confermando il nostro «disaccordo». Non possiamo non chiederci: l'America ha scelto la via giusta? O ha adottato, per combattere il terrorismo internazionale c gli Stati suoi protettori, una strategia errata, controproducente e pericolo' sa? La divergenza tra gli europei e l'America non riguarda il giudizio su questo terrorismo, che tutti intendiamo isolare e combattere, ma i mezzi con cui combatterlo. L'Europa dei Dodici ha detto ieri unanimemente che, pur comprendendo le frustrazioni e le sofferenze dell'America, ritiene la rappresaglia militare, imprecisa e in discriminata, inefficace per reprimere il terrorismo. E poi, dove può condurre una tale strategia? Userebbe l'America la stessa forza contro la Siria, alleata dell'Urss, se le responsabilità siriane tante volle denunciate venissero in egual modo alla luce? E ancora: un'azione punitiva, che provoca in risposta altri atti di terrorismo (agli occhi libici giustificati dalle vittime civili del bombardamento americano), da quali ulteriori punizio ni sarebbe seguita? Fin dove potrebbe arrivare una «escalation» di questo tipo? Infine, non offre così l'America all'U nione Sovietica (anche supponendo che per una sorta di complicità tra le superpotenze Mosca non reagisca se non a parole) gratuiti vantaggi politi ci nella regione, e l'alibi per futuri (o passati) atti d'imperio sovietici? La strategia della rappresa glia, anche adottata da un pie colo Stato accerchiato come Israele, ha già dimostrato tutta la sua pericolosità, quando e stata portata da Begin fino alle sue estreme conseguenze con la fallimentare invasione del Libano. Ma una cosa è Israele, potenza locale e limitata, un'altra l'America, superpotenza globale. E Israele stesso ha sì usato le rappresaglie, ma ha anche cercato la via alternativa del negoziato, anche con Begin, l'uomo della pace con Sadat. Una strategia della rappresaglia avrebbe per principale risultato di stringere attorno a Gheddafi anche i governi arabi più moderati e filooccidentali, rafforzando l'estremismo, invece d'indebolirlo. Tutte queste sono le ragioni che hanno indotto l'Europa a pronunciarsi contro la rappresaglia reaganiana. Con il raid americano si è messo in moto un meccanismo pericolosissimo di «escalation»: si può ancora fermarlo? La sola risposta possibile è che si deve chiedere con forza che l'azione compiuta rimanga una sorta di monito isolato, a cui segua una complessa azione politica mirante ad isolare Gheddafi e gli altri protettori del terrorismo. Non azioni militari isolate e imprecise, ma la formazione di un fronte internazionale compatto può contenere il terrorismo: non ne avevano parlato anche Reagan e Gorbaciov al vertice di Ginevra? Giusto trent'anni fa un altro Presidente repubblicano, che si chiamava Eisenhower, fermò le due grandi potenze europee dell'epoca, Francia e Gran Bretagna, che avevano lanciato una spedizione contro Nasser, l'agitatore di quegli anni, all'epoca della crisi di Suez. Ora le parti si sono capovolte, ed è giusto che l'Europa suggerisca all'America di lasciare il terreno delle armi per fare ritorno all'azione diplomatica, come suggerì allora Eisenhower agli europei. Quanto a Gheddafi, se colpirà ancora bisognerà rispondere con la necessaria durezza: questo è bene dirlo forte, sperando che senta. Arrigo Levi ROMA — La Libia ha cercato di colpire ieri l'isola di Lampedusa con due missili, caduti per fortuna in mare senza provocare danni. E' stata questa la prima reazione di Gheddafi al bombardamento americano di lunedi notte su Tripoli e Bendasi. In serata la Marina Italiana ha reso noto che i due missili esplosi vicino alla costa di Lampedusa sarebbero stati identificati da un satellite Usa e apparterrebbero al tipo «Scud-B superficie-superficie., prodotto dall'Unione Sovietica. La base di lancio' è libica e i due missili, di media gittata, hanno superato una distanza di 330 chilometri, al limite della loro gittata. Mezzi della Marina stanno cercando di recuperarne i frammenti. Tutto comincia intorno alle diciassette. Al Senato è in corso il dibattito sul bombardamento americano. La voce è già nelle redazioni del giornali e 1 vertici dello Stato vengono travolti dalle telefonate. Quirinale, Palazzo Chigi, i ministeri della Difesa, dell'Interno, la Farnesina. E poi i centri militari, i servizi di sicurezza, i comandi Nato. Le risposte sono evasive, imbarazzate, incerte. Avanzano le prime ipotesi e si fa osservare che comunque il grande dispositivo di sicurezza messo in piedi ieri notte dal Centro Crisi di Forte Eraschi e dalla sala operativa della Difesa è stato clamorosamente bucato. C'è un momento di panico; in attesa che Roma fornisca la sua versione, cominciano a squillare i telefoni di Lampedusa. Chiamano da tutto 11 mondo e la centrale va in tilt. Risponde un addetto alla radio costiera e dice che intorno alle diciassette sono state udite due forti esplosioni. Indica come zona possibile del bersaglio una base radar della Nato, tipo Loran con 30 militari Usa di guardia. Un abitante dell'isola sostiene che i «botti» sono stati sentiti verso le cinque e un quarto. La prima notizia rassicurante viene dal comando della Guardia di Finanza di Palermo: «Non hanno colpito alcun bersaglio'. Solo in serata 11 sindaco Giovanni Fragapane fornisce una versione meno approssimativa. Quarantasei anni, scapolo, preside di scuola media, comunista come tutti e venti i consiglieri comunali, riferisce di essersi recato personalmente alla base americana e di non aver trovato traccia della caduta di missili. •Alle cinque e dieci — racconta — abbiamo sentito questi scoppi, come delle cannonate. La gente ha avuto paura e, dopo quello che stanotte è avvenuto a Tripoli, la paura è più che giustificata. Ora è tornata la calma, la gente è composta e spera che la crisi possa rientrare'. Al Viminale è riunito il comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico convocato da Scalfaro per coordinare le misure di vigilanza di tutti i possibili obiettivi del terrorismo: porti, aeroporti, ferrovie, sedf diplomatiche, compagnie aeree. Si è parlato di Lampedusa e sono state formulate varie ipotesi. Quella di missili lanciati da un sottomarino e caduti in mare. O, ancora, quella di un peschereccio camuffato, difficile da identificare. In attesa della versione ufficiale della Marina basata sui rilevamenti del satellite Usa, l'Ipotesi del bersaglio mancato era diventata una quasi certezza e subito erano cominciate le polemiche su come era stato possibile lo sfondamento delle apparecchiature di sicurezza, Roberto Martinelli' Tunisi ■ —piegai» CJiiccaìe=~' ;ls. Ifampedusa— 'Mar¬ ca ZfiZ -CU +1 m -Mediterraneo-.