Export, perdite di 1000 miliardi All'estero rifiutano anche i doc di Sergio Miravalle
Export, perdite di 1000 miliardi All'estero rifiutano tinche i doc VINO TOSSICO La mappa dei danni s'estende, la viticoltura è in ginocchio Export, perdite di 1000 miliardi All'estero rifiutano tinche i doc Su 1600 miliardi di esportazioni, si teme un taglio di quasi due terzi - Vendite bloccate in Francia e Germania anche per i prodotti di qualità: la concorrenza approfitta senza esitazioni dello scandalo - Un importatore inglese: «Non si beve italiano neppure nelle pizzerie» DAL NOSTRO INVIATO ROMA — Il bollettino di guerra dello scandalo del metanolo segnala su tutti i fronti il vino italiano in ritirata e in alcuni 8tati gli importatori parlano già di «vera disfatta». E' il quadro desolante che appare in questi giorni su tutti i mercati. Dagli Stati Uniti alla Germania, dalla Francia all'Inghilterra le bottiglie «made in Italy» sono bloccate alle frontiere o respinte dal clienti. Il certificato obbligatorio di analisi previsto dal decreto Pandolfl, per tutte le partite di vino destinate all'export, non è evidentemente sufficiente a rassicurare i grossi clienti stranieri. Molti Paesi, a cominciare dalla Germania, non si accontentano della certificazione italiana e obbligano a nuove analisi nel propri laboratori. All'estero le notizie dall'Italia con 1 morti causati dal metilico hanno avuto un'eco enorme e gli organi di informazione locale non hanno saputo (o voluto) distinguere tra prodotti di qualità in bottiglia (sostanzialmente non coinvolti nello scandalo) e vini a basso costo. Il nostro export enologico rischia cosi di venire coinvolto in una Caporetto dalle conseguenze economiche tragiche. C'è già chi parla di un •buco» di almeno mille miliardi nella nostra bilancia commerciale. Il settore vinicolo è stato da sempre tra le voci attive dell'interscambio con l'estero. Nel 1985 l'Italia ha spedito nel mondo oltre 15 milioni di ettolitri di vino per un valore di circa 1600 miliardi, re importazioni non hanno superato 1 cento miliardi (soprattutto champagne). Ma quanto di questo. attivo rimarrà alla fine deji;^,^. 4.1AH41 dei piu»hoti importatori di vino italiano nel mondo si ritroveranno venerdì a Verona per una tavola rotonda organizzata dalla rivista «Bargiornale» nell'ambito del Vinitaly. Si discuterà delle posizioni che il vino italiano sta perdendo' su tutti i mercati. E i pareri purtroppo appaiono concordi. Germania — Harald Bremer ha una rete di oltre ottomila clienti in tutta la Germania Occidentale cui serve ogni anno oltre mezzo milione di bottiglie di vini italiani di qualità: dal Barolo di Bruno Oiacosa, al Chianti della fattoria Ama, agli spumanti champenols della bresciana Cà del Bosco. «In un primo momento pensavo che le reazioni allo scandalo colpissero i vini italiani di scansa qualità lasciando fuori i doc. Ora purtroppo mi sono dovuto ricredere' spiega Bremer. che opera a Braunschweig, vicino ad Hannover, min Germania si sono lasciati per giorni la televisione e i quotidiani popolari sparare notizie scandalistiche: Francia — Carlo Dossi, un monzese, responsabile dell'ufficio commerciale della «Carniato s. a.» una società a Bonnevllle. vicino a Parigi, ' che importa in Francia il 40% del yino italiano in bottiglia, è disperato. «Stiamo pensando di cambiare mestiere e credete non è una semplice battuta: La Carniato importa decine di etichette famose Chianti Mellnl, Corvo di Salaparuta, spumanti Riccadonna, Lungarotti di Torglano, ecc. -Abbiamo fatto analizzare tutto il vino che avevamo in magazzino e i francesi han trovato tutto regolare. Ma a livello di opinione pubblica non basta: la televisione fa precedere le notizie dall'Italia dal disegno di una bottiglia con il teschio: mAbbiamo fatto una riunione tra gli operatori del settore c'erano i francesi, gli spagnoli i tedeschi. Tutti sono stati solidali verso gli italiani ma, sotto sotto, credo che non gli dispiaccia veder un temibile concorrente in difficoltà: Inghilterra — In una riu nione presso la sede londine se dell'Ice (Istituto commercio estero) gli importatori di vini italiani hanno chiesto una campagna promozionale precisa e puntuale per cercare di frenare l'effetto dello scandalo. Oli importatori si sono visti rifiutare ordini, già acquisiti. Perfino le migliala di pizze rie e ristoranti italiani disse minati in tutto il Regno Unito preferiscono non servire Chianti o Barbera. La con¬ correnza francese e spagnola si è fatta ancora più aggressiva. Stati Uniti — La bufera del metanolo arriva in un momento già difficile per i vini italiani, che nel 1985 avevano subito una flessione del 7% in quantità (2,21 milioni di ettolitri contro i 2,38 dell'84) e del 4,6% in valore (229 milioni di dollari contro 1 240 del 1984). Il nostro Paese resta il primo esportatore di vino negli Usa, superato però dalla Francia in termini di valore. U«Itallan Wine&Food Instante» sottolinea 11 momento critico. Le campagne antialcoliche e la concorrenza dei produttori californiani avevano già reso il mercato statunitense più difficile e ora lo scandalo con il conseguente blocco di alcuni Stati (quello di Washington ha deciso la sospensione del commercio di tutti i vini italiani in attesa di analisi), rischiano di abbattere definitivamente le vendite in un mercato particolarmente sensibile all'immagine dei prodotti. Sergio Miravalle Torino. La manifestazione della Confcoltivatori che ha offerto la barbera in piazza ai torinesi
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