I cugini impossibili di Frane Barbieri

I cugini impossibili CONGRESSO PCI Un partito alla ricerca del rinnovamento nella linea, negli uomini e nei rapporti con le altre forze politiche I cugini impossibili (L'imbarazzo del sovietico Zaikov che non ha raccolto un applauso). DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Grazie ad un'accorta o malaccorta regia i due partiti, non più solo le due anime, del pei hanno mandato alla tribuna i due loro oratori più rappresentativi durante un'unica seduta: Cossutta e Lama. Veterocomunista e neosor ^democratico. Il primo ha trovato «veramente singolare oggi l'eccesso di fiducia per l'Ovest capitalista e ieri l'eccesso di sfiducia per l'Est socialista». Il secondo ha semplicemente constatato lo spostamento del «baricentro» del pei verso la civiltà occidentale, dalla quale proviene anche nella sua ispirazione marxista, n delegato di Gorbaciov e stato presente per applaudire Cossutta. Durante il discorso di Lama si è dileguato. 11 numero tre della nuova nomenclatura cremliniana non vede probabilmente l'ora di ritornare a Mosca. Un partito cosi Zaikov non.l'aveva mai visto. Non è più fratello, ma non lo capisce neanche come cugino. Un esponente sovietico ormai anche quando va a Washington si trova al centro delle attenzioni. Qui non ha raccolto nemmeno un applauso, più che le sue reazioni studiano il suo vestito e la cravatta. Impressiona eventualmente con la sua stazza monumentale, ormai caratteristica dei burocrati. Gli hanno destinato gli stessi posti in sala dei cinesi con la pattuglia titoista in mezzo, non si sa se per avvicinarli o dividerli. Una volta c'era invece la cerimonia dell'icona di Lenin destinata ad esaltare la presenza dei «mitropoliti» di Mosca. Il membro del Politbjuro di turno nel salire sulla tribuna, negata a Zaikov, portava in regalo al Congresso un'oleografia del capo di tutti i capi comunisti. Affissa al banco della presidenza, nessuno osava toglierla fino al termine del convegno. "La cerimonia sprofondava nelle ovazioni senza fine al rappresentante del «glorioso partito fratello», il quale sembrava portasse in Italia un pezzo del socialismo già costruito. Era successo l'ultima volta ancora a Roma, dieci anni fa. Ora Zaikov scopre che quel pezzo non solo nessuno lo accetta in regalo, ma non lo riconosce neanche come socialista. Il «new style» gorbacioviano Zaikov ha potuto esprimerlo in una sola novità: accetta di parlare con i giornalisti. Anzi, supera con certa disinvoltura le differenze fra il pcus e il pei, pur messe bene in vista da Natta. L'europeismo nell'interpretazione del sovietico serve per imbrigliare l'imperialismo Usa, quindi Mosca non vede distanziamento alcuno nella nuova collocazione del pei. E quando gli si chiede una valutazione sulla sinistra europea, della quale il pei si sente parte integrante, salta semplicemente gli steccati: parla del "nostro continente» come per fare intendere che anche il pcus fa parte della neoscoperta sinistra europea. Sull'enunciazione nattiana «concepiamo il rapporto con l'Urss in termini politici e non ideologici», ricorre addirittura all'eresia per un allievo di Suslov: «Tutto incomincia con la politica». Se non è più l'ideologia a unire il pcus e il pei rimane il legame della politica «coincidente». Ci si aspettava che Zaikov dovesse difendersi da Natta, finisce che Natta deve evitare l'invadente abbraccio del russo. Un inviato dell'Est, dell'organo di un partito appena uscito dal congresso (sarebbe, indiscreto menzionare nomi), quando gli chiedo di paragonare l'assemblea del suo partito e questa del pei mi sorprende: «Un congresso così da noi farebbe crollare il sistema, gli italiani invece puntano con esse alla conquista del potere». La difficoltà di comprendersi fra il palco degli stranieri e la platea sta nella differenza fra un partito che deve produrre politica ed un altro destinato ad essere il potere. Fare il comunista in Occidente comporta un impegno di convinzione e di passione, di scelta ideale. Un'opzione spontanea. Non la carriera, ma a volte la rinuncia alla carriera. Nel mondo socialista entrare nel partito, più che scelta di vita è una scelta di mestiere: aiuta la carriera, inserisce nel potere e nei privilegi, garantisce quanto al resto dei cittadini non è concesso. Di conseguenza cambia il modo di essere comunisti: all'Est lo si fa tacendo, all'Ovest parlando. Criticare e protestare là comporta l'espulsione, qua al massimo si cambia il partito. Nel pei, aderendo, fai un favore al partito, il pcus ti concede un favore ammettendoti. L'impegno del membro del partito nei Paesi socialisti opportunistico silenzio o demagogico verbalismo, oltre tutto burocratica omertà. In Occidente è inquietudine del nuovo e del cambiamento. All'Est i partiti sono portati alla conservazione, all'Ovest all'innovazione. Chi in Occidente ha copiato quelli dell'Oriente si è autocondannato alla sparizione, come è successo a quasi tutti i partiti comunisti dell'Europa occidentale. L'incognita che rimane aperta è la seguente: il partito occidentale, conquistato il potere cani bierebbe diventando «orientale»? E' la sua natura ideologica e la sua struttura gerarchica quella che lo condanna alla deformazione? Al congresso fiorentino non si definiscono ovviamente le risposte. Si coglie però che il pei e i partiti suoi ospiti orientali non sono ormai gli stessi partiti. Per un verso perché questo italiano da tempo cessa di essere un partito comunista secondo i canoni tradizionali^ Ancora di più per il fatto che diventa impossibile comprendersi fra partiti per i quali la democrazia comporta la perdita del potere, quelli dell'Est, e partito che nella democrazia scopre l'unica via della conquista del potere. I delegati all'Est erano sempre finora convinti che il pei, anche nelle scorribande -eurocomuniste, si mimetizzava per impossessarsi più agilmente del governo. Rimangono ora confusi quando scoprono che il pei ormai non si mimetizza affatto. Vedendoli nel Palazzo dello Sport fiorentino ci viene una certezza: Natta nel pcus non sarebbe mai eletto al Comitato Centrale, Zaikov nel pei non diventerebbe mai segretario di una Federazione. Frane Barbieri

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