Il vicedirettore si costituisce e dice tutto sul Banco di Napoli di Giuseppe Zaccaria

Il vicedirettore si costituisce e dice tutto sul Banco di Napoli Cinque arresti per i finanziamenti alle aziende della camorra Il vicedirettore si costituisce e dice tutto sul Banco di Napoli DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Adesso sono tutti In carcere. Raggiunti di notte nelle loro case con un'operazione che è riuscita ad anticipare la fuga' di notizie, tutti gli «uomini del Banco» da ieri attendono, nella super prigione di Bellizzl Irpina, le prime domande dei giudici sul fiume di miliardi erogato dal maggiore istituto di credito del Sud alle aziende della camorra. Sono cinque imprenditori, tra loro c'è il «padrone» indiscusso di tutto il Casertano, ma tutta l'attenzione, almeno adesso, è centrata sul sesto uomo, Raffaele Di Somma, vice direttore generale del Banco di Napoli, 11 manager che da due giorni si cercava per tutta la Campania, e che qualcuno dava per rifugiato all'estero. Di Somma si è costituito ieri mattina. A trattare coi giudici la consegna era stato, durante la notte, l'avvocato Renato Sassano, che adesso lo difende dopo aver assistito in passato uno dei più noti bancarottieri campani, Nini Grappone. Unica condizione, niente manette. Cosi verso le otto di ieri, vestito blu ministeriale un po' stazzonato, aria sofferta, «don Raffaele» è comparso in via De Gas peri e si è Infilato rapido negli uffici del nucleo di polizia tributaria. I giudici lo stavano aspettando. E dalle 9, l'uomo che per anni ha gestito tutti i finanziamenti del Banco ha cominciato a parlare. Racconta tutto, dicono. Ha deciso di costituirsi perché si sente «scaricato». Afferma che se lui merita il carcere, per altri ci vorrebbero 1 lavori forzati. Sta ricostruendo date, indicando nomi, rievocando situazioni, interferenze, preghiere, pressioni. Nel Banco di Napoli ha percorso l'intera carriera, delle operazioni finanziarie compiute negli ultimi anni (e questa citta ne ha viste: basti rammentare il caso Cirillo) sa praticamente tutto. Tenta di salvare il figlio, in qualche modo coinvolto nell'indagine. Oltre a numerose comunicazioni giudiziarie, già, emesse, mandati di comparizione — cioè incriminazioni formali — stanno per raggiungere altri medi dirigenti dell'istituto di credito. II più importante è certamente Giovanni Maggio, 57 anni, originario del Bresciano ma da sempre residente a Caserta, Imprenditore, costruttore, In passato anche editore, appassionato di cavalli, console onorario del Belgio, proprietario di una stazione televisiva, cavaliere del Lavoro, presidente della Camera di commercio, dell'Unione industriali, del Rotary, «premio Dorso» per l'impren¬ ditoria del Sud, patron della Mobilgirgi, squadra di basket in Al, costruttore in soli cento giorni di quel moderno palazzo dello sport che a Caserta tutti chiamano, semplicemente, «Palamagglò». A lui solo, il Banco di Napoli deve un «buco» di 42 miliar-di e settecento milioni. Di recente, i crediti gli erano stati rinnovati, nel tentativo di salvarlo dal crack e di recuperare parte dei capitali. Se sarà processato, avrà la soddisfazione di comparire in un edificio costruito da lui: ha ottenuto parte dell'appalto per il nuovo palazzo di giustizia di Napoli, al centro direzionale. Se Maggio è il più grande, tra gli Imprenditori finiti in carcere, Vittorio Delle Donne, 50 anni, da Foggia, è certamente il più sfortunato. Tre giorni fa 11 suo nome era venuto alla ribalta in collegamento alla vicenda dei pomodori guasti, bloccati mentre stavano partendo per l'Africa. L'altro pomeriggio si era fatto intervistare dalla radio per difendere la sua azienda. Poi, nella notte, quando 1 finanzieri gli hanno bussato alla porta, ha perso la pazien- za: "Tutto 'sto casino, per quattro latte di conserva?*. No, gli hanno spiegato, lo arrestavano per una storia di finanziamenti illeciti: aveva ottenuto dal Banco 18 miliardi e 700 milioni, sempre grazie a Di Somma. Poi c'è Vincenzo Pratichlzzo, 49 anni, da San Severo. In tanta compagnia fa un po' la. figura del poveretto: era riuscito ad avere solo 2 miliardi e 279 milioni. E ancora Domenico e Antonio Bifolco, 60 e 33 anni, padre e figlio, entrambi di Pagani, in provincia di Salerno, già inquisiti (ma a quanto pare prosciolti) per associazione a sfondo camorristico. Alle numerose attività imprenditoriali accomunano quella di banchieri: avevano rilevato tre anni fa la banca «Gatto e Porpora, trasformandola in «Banca B e B>, dove «B. sta ovviamente per Bifolco. Dovrebbero restituire 1 miliardo e duecento milioni di credito industriale e 850 milioni. I 50 miliardi di «buco, ipotizzati in partenza sono già ampiamente superati: «E l'indagine —dice il colonnello Zizzari, della Finanza — é appena all'inizio. Questi signori avevano ottenuto i finanziamenti più cospicui, ma ce ne sono sicuramente molti altri. Li sentii emo presto*. ■ Giuseppe Zaccaria

Persone citate: Antonio Bifolco, Bifolco, Di Somma, Giovanni Maggio, Raffaele Di Somma, Renato Sassano, Vincenzo Pratichlzzo, Vittorio Delle Donne