«Flaherty mio padre, poeta della realtà»

«Flaherty mio padre, poeta della realtà» Incontro con la figlia del regista, a Torino per l'edizione sonorizzata di «Moana» «Flaherty mio padre, poeta della realtà» TORINO — Alta, volitiva, un poco austera, a tratti persino aggressiva, ma al tempo stesso dolce e Intensa, con 85 anni ben portati, Monica Flaherty è a Torino per presentare l'edizione sonorizzata di Moana, il capolavoro che suo padre Robert Flaherty girò nel 1924-25. Perché questa nuova edizione sonora? le chiediamo. •Perché volevo ricostruire non solo il film nella sua integrità, ma anche come è stato realizzato- risponde. «Volevo tornare- ai luoghi e ai tempi della mia infanzia, ai due anni passati a Samoa, quando mio padre, mia madre e mio zio David giravano migliaia di metri di pellicola facendosi aiutare, dagli indigeni e mostrando loro, di tempo in tempo, il materiale girato per sentire le loro opinioni. Allora noi ban.bìne. io e le mie due sorelle, imparavamo a memoria le canzoni dei samoani, e quando siamo tornate in America, per ben diciotto anni le abbiamo cantate ogni sera, invece di dire le preghiere-. Sono le stesse canzoni che si sentono ora nel film? • Si, almeno alcune, quella che si ascolta all'inizio, ad esempio. E' una dimensione sonora, canto e musica, che ci. ha accompagnato per quei due anni affascinanti e indimenticabili-. Ma non eravate mal più tornati laggiù? Flaherty non voleva tornare sui luoghi dei suoi film? ..irai, assolutamente. Mio padre diceva che quando una cosa è finita, è finita e bisogna partire per nuovi lidi. Non è mai pili tornato fra gli esquimesi dopo Nanuk, fra i samoani dopo Moana, nelle Isole Aron dopo L'uomo di Aran o in India dopo La danza degli elefanti. Egli era fondamentalmente un solitario, gli bastavano la moglie, le figlie, il fratello: che sono stati i suoi veri e unici collaboratori cinematografici, oltre naturalmente gli indigeni con cui riusciva a stabilire dei rapporti splendidi, perché viveva con loro, per mesi e anni, la loro vita quotidiana-. Ma come girava un film, suo padre? «Con pochi mezzi, ma con grande, infinita, pazienza. Osservava, aspettava, girava migliaia di metri di pellicola, e poi sceglieva. Aveva uno sguardo infallibile. Non aveva un proprio metodo, si affidava all'istinto, all'improvvisazione, ma non era un improvvisatore, anzi. Aveva bisogno di immergeri progressivamente nella realtà umana e sociale che voleva rappresentare, senza preconcetti, senza un'idea precisa. Erano la stessa realtà quotidiana, gli uomini e la natura, ad ispirarlo, a fornirgli le idee per il suo film.. Ma il rapporto con i produttori, allora? con i collaboratori esterni? -Fu certamente un rapporto conflittuale, il più delle volte pessimo. La Paramount, ad esempio, fece tagliare Moana quasi a metà e poi perse il negativo. Quanto alle vicende di Ombre bianche, terminato da Van Dyke, e di Tabù, terminato da Murnau, le cose sono note. Per mio padre era impossibile seguire una sceneggiatura, osservare i tempi di lavorazione. Come le ho detto, aveva bisogno di libertà, di solitudine, di molta pellicola, di lunghe attese. Per La danza degli elefanti, Alexander Korda si spaventò talmente che mandò in India suo fratello Zoltan per sistemare le cose, col risultato che il film ha perso le sue parti più belle, la sua anima sinteticamente indiana.. ■ Ma questa guerra contro produttori fu anche una guerra contro il «sistema»! una lotta politica? •■No, assolutamente. Flaherty era un artista, non un politico. Per questo fu anche contro la linea di John Grierson è della scuola documentaristica britannica, per cui non valeva la pena di fare arte, ma solo politica. Lui volle sempre, in ogni situazione, fare arte, die per lui significava calarsi totalmente nella dimensione umana e cogliere il senso della vita fuori d'ogni schema intellettuale, ideologico, morale». Ma allora «The Land', il film sulla miseria dei contadini americani, proibito dal' l'Amministrazione Roose velt? •E' il film che mio padre amò di meno, un film di compromesso. Le immagini sono sue, il testo non è suo. Lui l'avrebbe fatto diversamente. Come? -Come tutti gli altri suoi film, come Nanuk, Moana, o L'uomo di Aran. Un film sull'uomo e sulla libertà dell'uomo. Un canto alla natura.. Gianni Rondollno Monica Flaherty: «Mio padre era un artista, non un politico»

Luoghi citati: America, India, Torino