Troppo magri con la cura Thatcher di Arrigo Levi

Troppo magri con la cura Thatcher IL REGNO DELLA LADY DI FERRO: COSA CAMBIA IN GRAN BRETAGNA Troppo magri con la cura Thatcher L'economia inglese aveva bisogno di una dieta - Ma il socialdemocratico Owen paria di «decisioni valutarie folli» - Shiriey Williams accusa: «Ha tagliato anche rami verdi» - Conservatori moderati, Alleanza e laboristi sostengono la «politica del consenso» Intanto si profila una riforma elettorale che permetterebbe al Paese di agganciarsi definitivamente al modello di sviluppo europeo DAL NOSTRO INVIATO LONDRA — Ho chiesto ad Anthony Sampson, che ha alle spalle anni di lavoro per le successive edizioni della sua Anatomy Of Brltain: qual è, a tuo avviso, la domanda più importante da porsi oggi a proposito della Gran Bretagna? Risponde: «Se siamo o no parie dell'Europa. A paragone di dieci anni fa, noi slamo molto più dipendenti dall'Europa, e diventa sempre più difficile parlare del nostri problemi come se fossero esclusivamente inglesi; bisogna capire se ciò che non va in Inghilterra sia parte di un problema europeo, o qualcosa di specificamente inglese. Questa è la giusta prospettiva. Ma la domanda se siamo o no parte dell'Europa non riguarda tanto 1 problemi, ma piuttosto la fase attuale del nostro sviluppo: sono o no le possibilità di sviluppo .dell'Inghilterra simili a quelle del resto d'Europa?». A questa domanda Sampson ammette di non avere una risposta sicura: {'«anatomia dell'Inghilterra» non dice come si svilupperà la fisiologia dell'organismo. In termini un poco semplicistici, si tratta di capire se la •cura Thatcher* abbia o no ridato a questa società una capacità di crescita analoga a quella dell'Europa. L'economia produttiva inglese aveva certamente bisogno di una vigorosa «cura dimagrante': ma ora che accadrà? «La signora Thatcher, dice William Rees Mogg, ha rappresentato in Gran Bretagna una tendenza molto diffusa in tutto l'Occidente In questi anni, quella cioè di un ritorno ai valori del mercato e contro lo statalismo. Il fatto è che il pensiero socialdemocratico non aveva tenuto conto della tendenza del sistema statale', di'qualsiasi sistema statale, in tutte le sue parti,' a "dimuiufre 'ai fejf cienza col passare del tempo, e insieme ad aumentare spontaneamente di dimensioni. In tutti 1 Paesi 11 sistema pubblico tende a crescere e a peggiorare nel tempo. Questo è il punto debole di cui 1 creatori dello Stato socialdemocratico non avevano tenuto conto». Ma, compiuta questa svolta, impostato in modo diverso il discorso sul governo dell'economia, che cosa sta accadendo dell'Inghilterra? Seguirà l'Europa, che dopo una crisi simile è impegnata in una nuova espansione? O rimarrà ancora indietro? E se rimarrà indietro, non sarà forse colpa della stessa signora Thatcher e del suo rigore ideologico eccessivo? Dice Steve Vines, labour editor aelIObserver; «Non vedo come possiamo tenerci un governo che continua ad avere una fede cosi ingenua nelle forze del mercato, quando è anche troppo evidente che le forze del mercato non ci sono, che il mercato da solo non funziona. Di questo, un governo che s'ispira all'ideologia del nongoverno non si da per inteso; e la reindustrializzazione .nòti- è minimamente alftil^' ■tezza della disindustrializzazibheMnè'e'é stata». -""'s" L'altra Lady Concetti analoghi mi vengono esposti da David Owen, leader del partito socialdemocratico, e da Shiriey Williams, presidente del partito. Shiriey, che è l'altra prima donna della politica inglese, tanto amabile, entusiasta e caritatevole quanto la signora Thatcher è dura e scostante, mi dice che è felice perché il suo è «un gran bel partito, ottimista, serio, a mio gusto». Shiriey, che ha una preparazione economica di primissimo ordine, e Owen, che è considerato il più thatcheriano degli antagonisti della signora Thatcher, fanno una critica molto dura e argomentata della politica economica thatcheriana. Ammettono che certe cose andavano fatte, ma, dice Owen, «non era necessario perdere 11 25 per cento della nostra capacita di produzione industriale, e un milione e mezzo di posti di lavoro nell'industria. Questo non era Indispensabile, è stato solo il frutto indesiderato di politiche valutarie folli». 11 «Durante qJfetìta-:recessio:ne, mi dice Sftirtey, le imprese non sono soltanto fallite: no. sono morte, hanno venduto le macchine, gli impianti, gli edifici, e non possono rinascere. Questo è un danno gravissimo e di lungo periodo. La signora Thatcher non ha tagliato solo 1 rami secchi dell'economia, ma anche tanti rami verdi Dopo altre recessioni le industrie ripartivano, ma oggi sono defunte e per farle rivivere non basta dare la luce verde al settore privato». / socialdemocratici e i liberali, come i laboristi, propongono quindi una pur cauta politica di rilancio e stimolazione dell'economia; il governo conservatore la rinvia, anche perché teme che provocherebbe un intollerabile aumento dei salari: in realtà, negli anni thatcheriani, come mi fa osservare David Blake, economista del Times, i salari hanno continuato a crescere più in fretta della produttività. Disoccupati Non è qui possibile discutere a fondo le ragioni prò e contro una politica economica più attiva: ma rimane il dubbio che una certa inerzia governativa (anche nel campo dell'istruzione professionale, della politica industriale, dell'avviamento al lavoro e formazione dei disoccupati) sia dovuta al pregiudizio ideologico •antlstatalista* della signora Thatcher. Anche i conservatori dissidenti, come l'ex ministro Francis Pym, autore di un libro antithatcheriano, intitolato The politics of consent, criticano la mancanza di iniziative contro la disoccupazione. Pym predica il ritorno a un «vero conservatorismo» ispirato «al senso dell'unità della nazione», e chiede che si dia alla politica sociale la stessa importanza della politica economica e che si tenga conto deii'.as petto umano della disoccupazione». Cose analoghe dicono i vescovi anglicani. Sia i conservatori moderati, che l'Alleanza e gli stessi laboristi (o almeno la leadership centrista del partito), sostengono che l'Inghilterra è matura per un ritorno alla, «politica del consenso». La signora Thatcher sostiene invece con veemenza che l'Inghilterra ha ancora bisogno di leadership e non di un molle, comodo, improduttivo consenso. Chi abbia ragione, e chi torto, saranno gli elettori a deciderlo. David Owen, che è forse oggi il più vigoroso e popolare dei leader «alternativi» alla Thatcher (Owen è bello, intelligente, parla benissimo, e col tempo ha perso molta dell'arroganza che gli veniva rimproverata), rimprovera alla Thatcher di non aver saputo combinare «alla durezza, all'audacia, allo spirito competitivo, quello ?he ci voleva di tenerezza, carità e compassione». Afa soprattutto le rimprovera di aver fallito, per non aver saputo arrestare la decadenza inglese. «Non se ne abbia a male, mi dice, ma se 15 anni fa qualcuno avesse detto in Inghilterra che nel 1985 l'Italia ci avrebbe sorpassato per lo standard di vita, ci saremmo messi tutti a ridere. Ma questa è la verità e per vederla basta andare in Italia: 1 vostri edifici pubblici sono più puliti e meglio funzionanti, la vostra tecnologia è più moderna. Lo stesso vale per la Francia. E fra pochi anni anche la Spagna ci supererà. Siamo in decadenza: e se questa è la verità, allora non possiamo certo dire di essere stati ben governati», i Owen pone però al centro del •problema inglese* la questione elettorale, più ancora di quella economica. Il sistema inglese provocava, ogni tanti anni, capovolgi¬ menti politici completi: «Dobbiamo metterci in condizione di cambiare governo, dice Owen, senza dover cambiare politica da cima a fondo». £ ancora: «La signora Thatcher, per esprimere il suo disprezzo per un sistema elettorale proporzionale, dice sempre: guardate l'Italia, ha avuto 44 governi dalla guerra a oggi Ma non dice che In realtà c'è stata continuità nella linea politica. Da noi ogni nuovo governo capovolge tutto. Abbiamo bisogno di un modello politico multipartltico ja di un Sistoma elettoialftfdi ttoo propor zionalé»; Ciò 'ridurrebbe Una polarizzazione pericolosa. Se, alle prossime elezioni nessun partito avrà la mag¬ gioranza, l'iAlleanza* porrà quasi certamente, come condizione per entrare in qualsiasi coalizione (più probabilmente con un partito conservatore •senza Thatcher*: la signora di ferro ha già detto che non guiderà mai un governo di coalizione), un impegno per una riforma elettorale. Così come l'immagina Owen, è questa la condizione per cambiare da cima a fondo la vita politica inglese, ma anche per permettere all'Inghilterra di agganciarsi definitivamente all'Europa, e al •modello di sviluppo* europeo. Dopo tutto, dalla Svezia alla Germania e all'Italia, sistemi elettorali proporzionali si sono accompagnati a economie e società in grande sviluppo. Anthony Sampson, che fu tra i fondatori del partito socialdemocratico, aggiunge un altro argomento a favore della riforma elettorale, ed è il fatto che il sistema attuale •politicizza* la divisione dell'Inghilterra in due: un Nord povero e laborista, un Sud ricco e conservatore. Molti dicono che se la signora Thatcher poco si occupa dei disoccupati e delle zone depresse, è anche perché queste zone sono a maggioranza laborista, e non eleggono un solo deputato conservatore. Un sistema proporzionale (anche se certo non all'italiana) produrrebbe una rappresentanza politica più variata e faciliterebbe la riunificazione di una Nazione divisa. L'Inghilterra d'oggi è un Paese politicamente molto interessante, instabile, •mobilitato*, pluralista e polarizzato, come non è mai stato prima. E' difficile, per descrìverlo, non usare una terminologia che un tempo era esclusivamente italiana, o •europea*. Non soltanto per questo, ma anche per questo, l'Inghilterra è anche più I •Europa* di quanto sia niài., stata prima nella sua storia,Sta gli Inglesi non sono ancora sicuri se questo sia un bene o un male. Arrigo Levi Edwinstowe (Inghilterra). David Owen, leader socialdemocratico, visita una miniera. A destra, Margaret Thatcher vista da Levine f l dll t iidt il iù ththh hé t h ti litii lti