Dedica a Sironi

Dedica a Sironi (CON QUARANTA OPERE) Dedica a Sironi Inaugurata all'inizio di stagione con «Guidi» e manifestato il proprio livello operativo attraverso una succesiva rassegna di «Novecento italiano», la galleria Biasutti (via Juvarrà 18) torna al monografico con una mostra di Mario Sironi (18851961). Per l'occasione ha riunito una quarantina di dipinti ad olio, acquerelli e tempere che — da Alberi, piccolo guazzo futurista del 1913 dalla singolare scansione cromatica in rosso e nero, a II grande silenzio del '54 — per ampio tratto documenta la ricca e variegata vicenda creativa dell'artista sardo-milanese, e il crescere d'una visione che, per sua natura, doveva tendere a una espressiva monumentalità. Non è, naturalmente, questione di formato, quanto d'una dimensione tutta interna alle immagini; e tale da farsi sentire anche nel più limitato spazio d'una cartolina quando questa può esser costituita dalla vigorosa essenzialità di Alberi (naturalistica china acquerellata della fine degli Anni 30) o da tante altre figure o paesaggi: Figure possenti come cariatidi o Montagne, per esèmpio, dove s'avverte il senso del rapporto cui Sironi sembra voler sempre dare attualità, anche in un sottinteso; con l'uomo che vi si misura nel momento stesso in cui attinge al sovrumano. Nessuno, fra gli interpreti del Novecento, persegui più di Sironi una propria visione, sicché lo stesso suo apporto al Futurismo puntò ad esempio sul colore quasi ignorando i problemi formali legati all'interpretazione plastica, mentre risentiva piuttosto dell'esperienza metafisica. Fu, per eccellenza, il pittore delle 'periferie urbane-, storicizzando, se si vuole, l'angoscia esistenziale cresciuta ai margini delle città Industriali, all'ombra di case simili a caserme, le facciate appena ridisegnate dalle buie occhiaie delle finestre senza vita, ma anche la severa bellezza cui può assurge re un Gasometro (1943), nel suo controluce drammatlcamen te campeggiante sul mosso fondale d'un cielo nubiloso. Nel paesaggio alpestre come nel nudo (in cui la struttura umana sembra gareggiare a volte con-la roccia) Sironi parve cercare l'impresa titanica, sia pure calandola in un realismo arcaico, alla Permeke. «Egli non lascia spazio al sogno-, annota Paolo Levi in apertura di catalogo dove giustamente rileva 1'..atemporalità» delle sue composizioni, con quella loro aspirazione classica in grado di dare pienezza espressiva anche al più minuscolo dei suoi frammenti. Ed è la prospettiva entro la quale Sironi s'è mosso anche nella progettazione architettonica di ambienti industriali e espositivi. Fu quindi a fianco di Pagano, Terragni e di altri interpreti del Razionalismo, tentando di dare autenticità ad una estetica del fascismo nel quale avevano creduto. an. dra.