Una macchia sul made in Italy di Sergio Miravalle

Una macchia sul macie in Italy Una macchia sul macie in Italy Ezio Rivella, presidente degli Enotecnici italiani: «Finita la bufera dovremo spiegare a tutto il mondo come sono andate le cose» - Il pericolo che gli ordini internazionali vengano revocati - Nell'85 l'Italia ha esportato 15 milioni di ettolitri di vino per 1600 miliardi - Anche gli spumanti subiscono le ripercussioni della tragica vicenda DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Ezio Rivella, presidente degli enotecnici italiani e amministratore delegato di «Villa Banfi», la società italo-americana che esporta negli Stati Uniti il 60 per cento del vino Italiano, fa l'esemplo del bucato, precisando: «Prima di tornare a stendere i panni al sole l'enologia italiana deve assicurasi di non avere più macchie*. E le macchie in questo caso sono tanto grosse e gravi da rischiare di sporcare per sempre il nome che il vino italiano si era conquistato nel mondo. 'Appena sarà finita la bufera del metanolo dobbiamo fare una bèlla pulizia e spiegare su tutti i mercati internazionali come sono andate le cose- continua Rivella, che parteciperà domani alla riunione indetta dall'Ice (Istituto commercio estero) con i maggiori operatori enologici italiani. La «Villa Banfi», che ha un grande'podere a Montale ino nel cuore della zona del Brunello e un altro a Strèvi in Piemonte, manda negli Stati Uniti circa 150 milioni di bottiglie l'anno. «Per li 90 per cento sono di Lambnisco delle cantine Riunite di Reggio Emilia — spiega Rivella ■ Studieremo una nuova campagna per spiegare al consu¬ matore americano origini e sistemi di vinificazione del prodotto. Sono iniziative che dovranno essere prese anche dal governo italiano. Noi comunque punteremo molto sul nome e la marca». E' un problema che si stanno ponendo tutte le più prestigiose case vinicole italiane trovandosi, loro malgrado,, coinvolte nell'ondata di discredito e paura suscitata dallo scandalo. Ora nel mondo tutte le bottigie «made in Italy» sono guardate con sospetto. Molte aziende hanno bloccato le spedizioni in attesa dei certificati di analisi antimetillco, rese obbligatorie dal decreto Fandolf 1. •Abbiamo dovuto fermare tutti ii containers» conferma Livio Testa, direttore tecnico della Fontanafredda, una delle maggiori aziende albesi (5 milioni l'anno, di bottiglie a doc, il trenta per cento spedite nel mondo). «72 ministero si è però dimenticato di inserire la scuola enologica di Alba tra i laboratori autorizzati al rilascio della certificazione e cosi siamo costretti a portare i campioni ad Asti o Torino: La paura del vino al metilico si sta estendendo all'intera produzione vinicola italiana. «Per ora c'è ancora sgomento ma, il rischio è che tra gualche mese inizino ad arri¬ vare indietro gli ordini» commenta Giorgio Barbero, giovane enologo della cooperativa produttori di Barbaresco. «Noi produciamo 300 mila bottiglie l'anno, tutte a doc e docg; eravamo riusciti a far conoscere il Barbaresco in Europa e negli Usa, speriamo che su quel mercati sappiano distinguere e non facciano di tutta l'erba un fascio: Nell'85 l'Italia ha esportato oltre 15 milioni di ettolitri per un valore di 1600 miliardi. L'86 si presentava bene ma, dopo la tragedia del vino che uccide, sarà davvero difficile confermare le posizioni che facevano del nostro Paese 11 primo Paese vinicolo esportatore del mondo. La concorrenza francese, tedesca, spagnola e dei vini californiani non mancherà di utilizzare a proprio favore le ripercussioni dello scandalo. Aimone di Seyssel, direttore generale Martini & Rossi ivlas (230 miiliardi di fatturato '84, 45 per cento export), si dice 'estremamente preoccupato per il danno che è stato arrecato alla credibilità del prodotto italiano'. •Abbiamo richiesto che più rigidi e definitivi interventi venissero effettuati a tutela del consumatore — precisa —.Questa posizione* da noi ribadita sempre, non è stata purtroppo recepita dagli organi competenti: Anche gli spumanti, punta di diamante del nostro export, subiscono le ripercussioni dello scandalo. «Stiamo studiando una messaggio da lanciare in tutti i principali Paesi per ricordare la qualità assoluta dei nostri prodotti» spiega Gianfranco Caci, direttore generale della Cinzano. «Ci preoccupano sopratutto i mercati scandinavi, la Germania e il Giappone, dove i consumatori non hanno ancora dimenticato lo scandalo dell'antigelo. Già in quell'occasione che pur non ci riguardava e non toccava se non in maniera marginale il prodotto italiano, ci siamo accorti come bastino poche mele marce per avvelenare tutto il settore: E ci sono anche aziende che si stavano affacciando proprio in questi mesi alla ribalta internazionale. «Dopo anni di preparazione apriremo tra breve una nostra filiale di vendita a New York — annuncia Cristina Zillani, figlia del titolare della Bevucchi, prestigiosa azienda bresciana di spumanti metodo champenois —, mio padre è volato negli Stati Uniti per organizzare l'inaugurazione, speriamo che questa brutta storia non ci rovini tutto». Sergio Miravalle