Sul terrore un velo di sigle di Igor Man

Sul terrore un velo di sigle Sul terrore un velo di sigle I killer mediorientali fanno impazzire gli inquirenti - La rivendicazione delle «Cellule Al Kassem», martire estraneo alla «laicità» palestinese, suscita interrogativi - Più fitti i sospetti su Abu Nidal, protetto da Baghdad e legato all'euroterrorismo (Action Directe, Raf, Età) - La sua rottura con Arafat e la presunta amicizia con il colonnello Gheddafi Non sembra credibile che l'attentato al jet della Twa sia una «risposta» ghcddafiana alla «piccola guerra» provocata dalla Sesta Flotta nel Golfo della Sirte. Per pianificare un attentato terroristico, in genere ci vogliono settimane, in particolare uno tanto sofisticato, quale quello compiuto nel cielo di Grecia, comporta una lunga pianificazione e l'impiego di professionisti. A lume di naso potremmo presumere che l'attentato sia opera di un ser¬ vizio segreto. E potrebbe essere la «risposta» al dirottamento, nel febbraio scorso, di un piccolo aereo Ubico che da Tripoli portava a Damasco alcuni dirigenti del Baas siriano. Come si ricorderà l'aereo venne costretto dalla caccia israeliana ad atterrare vicino ad Haifa: il Mossad credeva che a bordo vi fosse George Habbash; leader del Fronte popolare... Quella operazione venne, com'era giusto che fosse, con¬ dannata un po' in tutto il mondo. Gheddafi reagì annunciando di aver dato ordine ai suoi caccia.di intercettare gli aerei della «FJ Al» «per possibilmente catturare i noti terroristi Beghin, Sharon, Shamir, Peres». Dal 14 al 18 marzo, a Tripoli, si tenne un «summit» al quale parteciparono almeno ventidue organizzazioni palestinesi. In quell'occasione Ahmed Jibril, leader del Fronte popolare-Comando generale, vecchio agente dei servizi segreti siriani, disse a una agenzia di stampa: «Ammonisco tutti a non volare da ora in poi con la El Al o con compagnie americane». Come si sa l'attentato al Boeing della Twa è stato rivendicato dalle «Cellule rivoluzionarie arabe-unita Ezzedin Al Kassem». Codesta sigla comparve per la prima volta il 7 gennaio a Beirut per minacciare azioni suicide contro l'America, in appoggio a Gheddafi. Ma la minaccia non ebbe alcun seguito. La sigla si rifa ad Al Kassem, leader di una breve e tragica rivolta anti-inglese in Palestina, nel 1935. Al Kassem venne impiccato. Poiché nel documento-rivendicazione si afferma: «La lotta continuerà fino alla liberazione dei territori occupati da Israele», verrebbe fatto di attribuire l'attentato a gruppi radicali palestinesi. Epperò Al Kassem, siriano di nascita, era anche un uomo di religione, «dottore» della prestigiosa scuola teologica cairota Al Azhar. Nel documento diffuso a Beirut, Al Kassem viene definito «capo dei mujihaiihn», cioè di coloro che combattono la «Jihad», la guerra santa. Osserva giustamente una esperta quale Rita Porena che «Jihad» è un termine conente fra i gruppi integralisti islamici ma estraneo ai palestinesi, da sempre laici, e che da sempre impiegano il termine «fedayn» («dedicati» a una causa). Bisognerà dunque concludere che; visto il lessico, l'attentato è opera di gruppi integralisti come la «Jihad islamica»? Non sarebbe prudente perché il terrorismo mediorientale sembra divertirsi a far impazzire gli investigatori partorendo sigle sempre nuove, sempre diverse. A questo punto, ancora una volta, si è tentati di attribuire anche quest'attentato a Abu Nidal, che controllerebbe mille «combattenti» frazionati in cellule di non più di sette membri. Di solito, quando i cronisti parlano di Abu Nidal gli dedicano aggettivi quali «fantomatico» o «introvabile». Nulla di più errato. Sabri Khalil elBanna è nato 54 anni fa a Jaffa, suo padre era un ricco esportatore di agrumi. Sposato, con tre figli, era ad Amman nel 1970, e a quel tempo i capi di Al Fatah dicevano che disponeva d'un grosso talento organizzativo ma purtroppo aveva «la testa troppo calda». Fu lui, lo ricordo bene, a parlarmi con entusiasmo di George Habbash, quando questi occupò l'albergo «Interconunental» prendendo in ostaggio quei clienti stranieri. Quando nel 1973 divorzia da Arafat al quale rimprovera eccessiva disponibilità alla trattativa, Abu Nidal fonda Al Fatah-Consiglio rivoluzionario, doppiando tutte le sigle dell'organizzazione di Arafat. Dopo la strage di Fiumicino del dicembre 1973, Arafat lo condanna a morte e Abu Nidal si rifugia a Baghdad. Vi rimane fino al 1981, trasferendo quindi i suoi penati a Dama sco. Nel gennaio del 1981 chiesi al ministro delle Informazioni iracheno come mai Baghdad desse ospitalità ad Abu Nidal capo di «una anonima assassini senza più anonimato». Risposte: «Il compagno Abu Nidal è un leader palestinese non un assassino». Se rivolgessimo oggi la stessa domanda al ministro delle Informazioni siriano riceveremmo forse la medesima risposta. Eppure nel dicembre del 1985, intervistato dal giornale Al Qabas del Kuwait, Abu Nidal rivendica non meno di trenta assassina (ha ucciso più palestinesi «traditori» che sionisti, ha persino trucidato suo nipote, Said riamami) e poi afferma di «lavorare» in stretto collegamento «con i francesi di Action Directe, con le Cellule comuniste combattenti belghe, con l'Ira, l'Età, la Raf». (Ecco dunque accertato il legame fra Abu Nidal e il cosiddetto «euroterrorismo» al quale si può agevolmente attribuire l'attentato di Berlino dell'altra notte). E con Gheddafi? Risponde Abu Nidal: «7/ fratello Muammar è un uomo sincero; siamo uniti da una amicizia solida e profonda. Sogniamo lo stesso sogno: una Nazione araba uni la. E' un uccellino solitario che canta lontano dallo stormo. Ma un giorno gli altri uccelli volt ranno verso di lui e moduleran no il suo stesso canto». Tuttavia il colonnello non ha mai professato, almeno pubblicamente, amicizia per Abu Nidal. Come è stato ben detto, il terrorismo ha sconvolto la nostra vita, ha persino modificato la Storia (con l'assassinio di Moro, con l'assassinio di Sadat) ma in ogni caso per la sua estrema frammentazione non può essere «isolato e concentrato» in un uomo solo. Sicché la guerra, piccola o grande che sia, non serve a sconfiggere l'aggregazione delirante di si gle che raccolgono «una urna nità alienata, resa feroce dal suo destino», disposta a qualsiasi crimine pur di assolvere la propria frustrazione storica. Igor Man