Guerra, ricordo lontano nella Ciociara Anni 60
Guerra, ricordo lontano nella Ciociara Anni 60 Da Moravia, messa in scena al Colosseo con il Globo Guerra, ricordo lontano nella Ciociara Anni 60 TORINO — C'è un momento di troppo ne La ciociara che la cooperativa II Globo presenta dall'altra sera al Colosseo; è il momento in cui Ceslra e Rosetta, uscite mutate e ferite dalla guerra, ci appaiono come due donne degli Anni Sessanta. Nel tinello del «quartierino» sopra la bottega di pane e pasta c'è il televisore. Rosetta è sposata, sta per andarsene in villeggiatura con il marito, i figli e la domestica. Per l'occasione ha affittato una villetta al mare. Non porterà con sé la madre, la ciociara e contadina Ceslra: non c'è posto; più probabilmente, si vergogna di lei che dice imparare invece di insegnare. Con questa scena da commedia borghese 11 riduttore Annibale Ruccello stempera e annulla la tragica epopea delle due donne in fuga e insieme vittime della violenza, la violenza collettiva della guerra e quella individuale dello stupro. -Il romanzo di Moravia si stringe intorno a questo nero bubbone come un laccio soffocante,' segue il viaggio delle due donne U fronte, le osserva nei rapporti con un'umanità avvilita e tuttavia certa del potere assoluto del quat- trini, della roba. Tutti uguali, i bottegai e 1 contadini, gli sfollati e i disertori senza ideologia. Il solo diverso è Michele. Oiunge dritto dagli Indifferenti ed è il solo che possegga una visione lucida degli eventi e conosca solidarietà e pietà. E' «buono e vulnerabile, indifeso e gentile»; la violenza si abbatterà su di lui a guerra quasi finita, mo- rirà per salvare i più deboli. Michele è ii fulcro dell'educazione di Ceslra; ed è il perno dello spettacolo. Torna ciclicamente nei pensieri della donna come un confessore laico; le fa da coscienza civile e pedagogica; col suo ricordo, la rimanda irresistibilmente alla guerra, ai «liberatori» marocchini che violentarono Rosetta, al Lazzaro che, allora, sembrava dormire nell'anima di tutti. Quando Cesira appare in scena, seduta alla cassa del suo negozio, tutto è avvenuto, come nel romanzo. La scena di Bellando-Randone, con i sacchi ammonticchiati come alte pareti, disegna il luogo della memoria che è, di volta in volta, cascina, strada, chiesa. Cesira è Caterina Costantini, ed è singolare la sua somiglianza con Anna Magnani, l'attrice che avrebbe dovuto interpretare il film di De Sica, ma che non accettò perché, diceva, non poteva fare la mamma di Sofia lana. Recita con vitalità terragna, leonina e tenera. E' una lupa a cui la guerra ha spezzato il grande cuore, lasciandola sbigottita e sola dinanzi a una figlia divenutale estranea, una Patrizia Capuano che sa essere mite e dura. Sul concertato della loro interpretazione il regista Aldo Reggiani ha puntato quasi tutta la sua attenzione, riservando agli altri il ruolo di figurine caricate, un po' macchiettlstiche. Lo stesso Michele di Francesco Alderuccio non si sottrae a un che di eccessivo, a una visionarietà da predicatore, senza i turbamenti dell'intellettuale che sa, che ha capito per sempre. o.g. Caterina Costantini
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