Il carteggio dello scrittore tedesco dopo il 1937 In anteprima alcune lettere inedite

Il carteggio dello scrittore tedesco dopo il 1937 In anteprima alcune lettere inedite Il carteggio dello scrittore tedesco dopo il 1937 In anteprima alcune lettere inedite dell'università di Bonn. C'è poi la corrispondeva con I famigliari: le parole d'amori alla futura moglie Katja, la rottura e la riconciliazione con il fratello Heinrich, 1 consigli di un padre e di un maestro al figli. Troviamo quindi le lettere-recensione, dove al frammenti critici o ai veri e propri saggi su autori come Goethe, Schiller, Dostoevskij, Nietzsche, Bilke e Kafka, Mann alterna puntuali e illuminanti pagine di commento alla propria opera, dal «Buddenbrook» al «Felix Kroll.. CI sono Infine le lettereconfessione sulla nevrosi dell'artista e la tristezza dell'esilio, sulla fede e su Dio. Tra gli interlocutori Incontriamo personaggi famosi, come Kerényi, Uesse e Adorno, con I quali Mann intrecciò fitti epistolari, o come Brecht, Wedekind, Freud, Einstein e Jules Romains, che ebbero con lui solo rapporti sporadici. Documento insostituibile per seguire U cammino dell'uomo e dello scrittore, le lettere possiedono anche un intrinseco e autonomo valore letterario. Sono — come rileva Chiusane nell'ampia introduzione — •pesai di prosa che hanno la stessa rifinitura, gii stessi chiaroscuri leonardeschi, le stesse ambigue malizie delle grandi opere creative». Anzi, proprio In queste pagine, Mann lascia trasparire con particolare evidenza quell'Incantevole misto di riserbo e di passione, di ironico autocontrollo e di ingenua franchezza che è caratteristica costante del suo Impeccabile stile di vita e di lavoro. Ada Vigilarli to dottore in filosofia honoris causa, conferendo tutu' i diritti e gli onori legati a questo titolo, Thomas Mann, l'illustrissimo scrittore che, spiegando i problemi della vita a molti dei nostri concittadini, insieme con pochissimi contemporanei custodisce l'alta dignità della cultura tedesca». Così stranamente contraria* all'attuale concezione tedesca è l'idea che della mia esistenza si fanno gli uomini liberi e colti al di là del mare —, e mi è lecito aggiungere, non soltanto là! Non mi sarebbe mai venuto in mente di menar vanto delle parole di quel documento; ma oggi e qui posso, anzi debbo citarle; e se Ella, signor Preside (non conosco le usanze), avesse fatto affiggere alla tavola nera degli annunzi universitari la comunicazione inviatami, dovrei veramente desiderare che anche a questa mia risposta toccasse tale onore: forse, leggendo, più di un cittadino accademico, studente o professore, avrebbe un moto di sorpresa e di riflessione, uno sgomento presago, se pur subito represso; sarebbe come uno sguardo fugace gettato dalla limitazione e dall'ignoranza malvagiamente coatta nel libero mondo dello spirito. Qui potrei terminare. E tuttavia in questo momento mi sembrano desiderabili o almeno ammissibili alcune altre spiegazioni. Sulla mia decretata «perdita della cittadinanza», sebbene più volte interrogato, ho sempre taciuto; ora la scomunica accademica mi sembra occasione propizia a una breve professione di fede personale. Ella, signor Preside, che io non conosco neppure di nome, voglia considerarsi solo il destinatario casuale di questa dichiarazione, che non le è destinata personalmente. In questi quattro anni di un esilio, che sarebbe eufemia chiamare volontario, poiché se fossi rimasto in Germania o vi fossi tornato non sarei probabilmente più in vita, lo strano sbaglio di destino verificatosi nella mia situazione non ha cessato di darmi da pensare. Io non mi ero mai sognato, non avrei mai creduto di dover passare i giorni della mia età avanzata come emigrante, espropriato e messo al bando dalla mia patria, in un atteggiamento di protesta politica profondamente necessaria. Da quando ero entrato nella vita dello spirito, mi ero sempre sentito in felice armonia con l'anima della mia nazione, a mio agio e sicuro nelle sue tradizioni spirituali. Io sono nato molto più per essere un rappresentante che un martire, molto più per portare un po' di serenità superiore nel mondo, che per alimentare là lotta e l'odio. Qualcosa di ben sbagliato dovette accadere perché la mia vita prendesse un atteggiamento cosi falso, cosi contro natura Io cercai di impedire con le mie deboli forze questo orribile sbaglio — ? appunto con ciò mi preparai la sorte che ora debbo imparar ad accordare con la mia natura così estranea ad essa. Certo: non solo negli ultimi quattro anni io provocai il furore di coloro che detengono il potere, col mio rimanere al di fuori, con le manifestazioni insopprimibili del mio orrore. Già molto tempo innanzi l'avevo fatto e dovevo farlo; perché prima della borghesia tedesca, oggi disperata, io vidi chi e che cosa stava sorgendo. Quando poi la Germania fu veramente caduta in quelle mani, decisi di tacere; pensavo di essermi meritato, con i miei sacrifici, il diritto ad un silenzio che mi avrebbe reso possibile di conservare T^cjualc^rcr^'rfrrtsfaH'a'inc3^¥!cuore: lì contatto.' còl stato' pubblico nell'interno della Germania. I miei libri, mi dicevo, .sono scritti per i tedeschi, innanzi tutto per loro: il «mondo» e il suo interessamento furono sempre per me soltanto un gradito accidente. Questi libri sono il prodotto di un mutuo legame educativo fra nazione ed autore e contano su premesse che io stesso ho aiutato a creare in Germania. Sono rapporti delicati e degni di riguardo, che non si deve permettere alla politica di spezzare con rudezza Se nel paese c'erano degli impazienti, i quali, imbavagliati essi stessi, disapprovavano il silenzio di chi viveva nella libertà, la grande maggioranza tuttavia, mi era lecito sperare, avrebbe compreso il mio ritegno, anzi me ne sarebbe stata grata Questi erano i miei propositi. Non si poterono attuare. Io non avrei potuto vivere, lavorare, respirare, sarei soffocato senza di tanto in tanto «lavare il mio cuore» come dicevano i popoli antichi, senza esprimere apertamente di dal Concorso Pieve Santo Stefano

Luoghi citati: Bonn, Germania, Pieve Santo Stefano