Ma in Malamud l'America c'era

Parliamone Parliamone Ma in Malamud l'America c'era di mistica popolare innerva la storia di un eroe trentatreeenne come Cristo, alla ricerca di alcuni dei più tipici e magari prevedibili miti americani: il denaro, la popolarità, il sesso. E in quanto Roy Hobbs viene meno alla normativa del suo sport, incrina il mito e scompagina la sua stessa dimensione esistenziale: una favola che il lettore americano può decifrare quasi allo specchio, ma la cui valenza conta per tutti. Poi, // commesso, con il mito di un possibile riscatto in un mondo di emarginati, ebrei e gentili, dove muovono gli uni accanto agli altri i discendenti di immigrati scampati ai pogrorm e di poveri siciliani. Ma un riscatto tormentoso, trasposto ancora una volta in una limpida ptospettiva metaforica, un'altra faccia sommersa eppure cruciale dell'America. Una nuova vita. Ora è l'accademico «liberal» che incarna un nuovo stereotipo americano espiotato a fondo per la prima volta in una riscoperta reale e immaginaria del West in pieno maccartismo e durante la guerra di Corea, ironico, mite e risoluto nel suo impegno civile e nelle sue avventure private, come sempre speculari nel successo e nella sconfitta. E, ormai proverbiale l'osservazione del critico e scrittore Isaac Rosenfcld che l'intellettuale ebreo americano detiene quasi naturalmente la più forte potenzialità espressiva dell'alienazione e dell'isolamento. Non meno ovvio il riconoscimento dell'apporto creativo e rinnovatore dello jiddish. Ma più di ogni altro scrittore della sua generazione, e forse non soltanto della sua, Bernard Malamud si collocava, per ricorrere alla classica frase di William Carlos Williams, «nelle vene dell'America». Non, s'intende, secondo la logora falsariga di matrice europea del primitivo, dell'autentico, del realistico, ma reinventando il mito quotidiano, giocando e rimescolando le carte dell'ironico, del grottesco, magari del patetico, di una drammaticità scabra e raccolta, di un simbolismo quasi fisiologico. Ecco la grande metafora sportiva del Migliore. Il baseball, questa sona Infine, Gli inquilini, con la scoperta lacerante ma insopprimibile che l'intellettuale ebreo fa della sua controparte nera, unita a lui dalla cupa pesantezza dell'essere. I dilemmi si riflettono in un linguaggio nervoso, slabbrato, sul confine tra realtà e sogno, dove bisogna «inventare delle scelte per mettere nel sacco la tragedia». Un'altra metafora amaramente e insieme allusivamente ludica. Così coerentemente americano era Malamud che L'uomo di Kiev suona talora falso nell'evocazione di una Russia ipotetica, e riacquista forza quando la Russia degli zar finisce per trascrivere un'America di penetrante, dolorosa urgenza. Lo scopo dello scrittore, ebbe a scrivere Malamud, «sta ntWimpedire alta avi Ita di distruggersi». Avrebbe potuto sottoscriverlo Jefferson, non gli scrittori delle nuove leve, le voci della «miniaturizzazione dell'ultima letteratura» puntualmente additati da Furio Colombo su Tuttolibri della scorsa settimana, introiettati nel loto privato universo. Non lo si dice per una moralistica condanna, ma per una pura constatazione. Con Malamud non hanno perso un padre: si erano già incaricati di d pucciderlo. Claudio Goriier

Persone citate: Bernard Malamud, Furio Colombo, Isaac Rosenfcld, Malamud, Roy Hobbs, William Carlos Williams

Luoghi citati: America, Corea, Kiev, Russia