Muti, Sinopoli, Abbado ora vogliono registrare in Italia

Muti, Sinopoli, Abbado ora vogliono registrare in Italia Muti, Sinopoli, Abbado ora vogliono registrare in Italia intraprendenza di certi • label manager- nostrani che finalmente si sentono di proporre lassù al nord, ad Amburgo, ad Amsterdam, a Londra, produzioni soprattutto operistiche con Enti e teatri italiani dove l'opera si fa sul serio, non da provincia dell'impero, e soprattutto la crescita d'autorità di certi direttori italiani, stanno decisamente imprimendo una svolta o almeno un correttivo all'ideologia discografica dominante nell'ambito operistico. In dicembre presentando alla stampa il nuovo contratto con la inglese Emi, la sua casa discografica, per la registrazione delle prossime sue cinque opere, una l'anno alla Scala, sulla scia del,'Emani di tre IGrammy Award per il jazz, attribuiti di recente negli Stati Uniti come per le altre categorie, meritano qualche riflessione perché contribuiscono a chiarire le numerose differenze, in questo delicato settore, fra i gusti degli spettatori europei e degli americani. C'è stato un premio speciale assegnato alla nobiltà di una lunga carriera, che è andato a Benny Goodman. Nulla, o quasi, da eccepire. Tra i personaggi leggendari del jazz classico, il prestigioso clarinettista è ormai, forse, il superstite più anziano. Diciamo al massimo che altri possono vantare titoli equivalenti. Il jazzofilo europeo, invece, arriccia ti naso di fronte al nome di Cleo Laine. eletta fra le donne vocaliste per il long playlng • Cleo at Carnegie HalU. Negli anni scorsi, Il riconoscimento è andato a Sarah Vaughan e ad Ella Fitzgerald. Ma questa, ohibò, per quanto brava è una cantante di musica leggera Considerazioni sui premi «Grammy Award» anni fa, Riccardo Muti (al quale nessuno osa negare nulla, nemmeno lassù nella mitica Abbey Road). ha detto con la categoricità che lo contraddistingue: «Torniamo a registrare l'opera in Italia». E non era solo un 'affermazione, ma quasi un secco invito. Muti lo sta già facendo: il repertorio sinfonico con la sua strepitosa Filadelfia Orchestra e con la Philharmonia. benissimo, ma l'opera italiana in Italia, con orchestre italiane e in teatro, preferibilmente dal vivo. Del suo stesso parere è Giuseppe Sinopoli, che il recente Rigoletto per la Philips l'ha registrate a Roma, con l'Orchestra di Santa Cecilia, con la quale ha instaurato un rapporto anche discografico stabile. E cosi Carlo Afona Giuìini. Per Abbado l'italianità delle sue incisioni discografiche è un fatto ormai di tradizione: si pensi al ciclo verdiano per la Deutsche Grammophon, al recentissimo Viaggio a Reims di Rossini (Fonit Cetra per l'Italia e Deutsche Grammophon per il resto del mondo) ultimamente presentato a Parigi. Ma c'è anche Riccardo Chailly, che dopo aver preso la direzione stabile dell'Orchestra al Comunale di Bologna, alla sua Decca potrà proporre e imporre più d'un progetto operistico italiano. E c'è Claudio Scintone che con la Philips ha già inciso Rossini, prima un Mose poi ti Maometto II Cosimo Steffani è originale e non è un innovatore: sarebbe stato meglio seguirlo attentamente da vicino, sema rischiare di montargli la testa e di bruciarlo verde. Un'alzata di spalle, infine, ha accolto la premiazione di John Barry per la colonna sonora del film «Corion Club». / jazzofili del Vecchio Continente, abbastanza soddisfatti della ricostruzione dello storico locale neyworchese degli Anni Venti, hanno apprezzato assai poco la copia carbone della musica di Duke Ellington curata appunto da Barry. Sarebbe stato meglio, essi dicono, rimasterizzare le meravigliose esecuzioni originali. O meglio ancora, c'era la stupenda musica di Ennio Morricone per •C'era una volta in America- di Sergio Leone. La fusion non riguarda soltanto le contaminazioni del jazz col rock, ma anche quelle con altre civiltà musicali, e quindi le note di Morricone Cantarano tutti i titoli, di forma e di sostanza.