Ma in quei romanzi di scrittori americani l'America non c'è

Polemica a New York: gli autori i di i i il Polemica a New York: gli autori i di i i il gaccusati di ignorare la società e il loro tempo Ma in quei romanzi di scrittori americani l'America non c'è 3» 3» Hfr* Central Park a New York (foto di Victor Larcdo) ne della letteratura è cambiata, anzi è stata restituita al suo ambito normale, che è la scrittura, la qualità del testo, l'Intensità creativa e poetica dell'autore, libero da vincoli che qualcuno chiama, con un po' di Irritazione, «del paesaggio sociale». Altri fanno capire che bisogna accettare una divisione che ormai si è creata nel mercato editoriale e che marchia ciascun libro fin dal suo nascere. E' «letterario» o «commerciale»? L'intesa sembra essere che tocca al romanzo commerciale farsi carico del fondo politico e storico. Un'avventura di spionaggio in Nicaragua avrà tutti i dati e le informazioni credibili su quel Paese. -La Tamburina' di John Le Carré ha guidato il lettore a uno sguardo su nodi e tensioni del Medio Oriente che Invece non interessavano affatto Philip Roth quando il suo personaggio si è innamorato della soldatessa israeliana ne «H lamento del Pòrtnoy». Dice lo scrittore tedesco Heiner Muller: «/o trono rutto quello che voglio sapere sull'America contemporanea nel romanzo poliziesco, nei thriller, in Stephen King, in Michener, in Ludlum, in Cruz Smith e persino in Judith Kranz». Se questo è vero, si domandano i critici americani, da dove verrà il nuovo Faulkner? E a chi toccherà riconoscerlo? Come in un buon thriller, l'avventura contl- lamud, e anche di Norman Mailer «quando scriveva». •E' possibile, — si chiede —, che tutti i personaggi del romanzo americano negli ultimi dieci anni appaiono separati dalla politica, dalla storia, dai grandi temi del tempo? Ma se persino nei compiti di scuola media i ragazzini elencano le loro paure, tra guerra, droga e ansia per il futuro? Come fanno tutti questi scrittori a essere sempre nelle loro case di campagna Un città ci sarebbe il rischio di qualche violenza, la Subway, una rapina, lo spettacolo spiacevole di chi dorme sul marciapiede) a pensare a se stessi, mescolando il solito cocktail, memoria, infanzia, e amori sbagliati?'. Era stato l'Infelice congresso del Pen Club a sollevare questa ondata di critiche. I problemi sembrano due: gli scrittori del mondo non riconoscono l'America nei suoi romanzi (e continuano ad avere dell'America una immagine grande, rifiutano perciò la miniaturizzazione dell'ultima letteratura). E gli scrittori americani, o almeno gli •editore» delle case editrici, sembrano non capire il problema. Sorridono dall' alto del loro potere di compilatori delle liste di best seller, e sembrano suggerire che tante ansie sul contenuto sociale del libro siano cosa -eia Terzo Mondo». Chi ha ragione? Le risposte non sono prive di equivoci. Alcuni (editori e agenti letterari) dicono che la funzio- In libreria «Il sole non tramonta» di Marco Pensante ■ ~: ■ri»*'"* Furio Colombo HISTOIRE D'O o Manhattan: ma senza una scelta assoluta, una filosofia del piacere, un'ascesi totale nel sesso. Non è Parigi, è New York. Nessuna tentazione decadente, piuttosto un ragionevole sperimentalismo pragmatico. Per nove settimane e mezzo si può scendere nel fondo dell'inferno erotico, toccare il confine estremo dell'abiezione morale, spirituale. Spostare il motore dell'esistenza nella zona pubica, rinunciare alle più elementari liberti, scivolare nella quarta dimensione dell'amore, trasferire l'anima nel corpo e cambiare ogni punizione, ogni umiliazione in una sottile gioia metafisica. Si tratta di una dedizione totale, ma a termine. Conclusa la prova, un grande pianto liberatorio, quindi il ritorno alla normalità. Anche se la protagonista del romanzo di Elizabeth McNeill intuisce che un'esperienza del genere è sempre senza ritorno. Conclude: «L'unica conseguenza è che Il mio termostato sensuale si è guastato: ormai sono