Orwell e Steve Wonder sono i fantasmi di due castelli rock

Un'ondata d'impegno sulla canzone inglese Un'ondata d'impegno sulla canzone inglese Orwell e Steve Wonder sono i fantasmi di due castelli rock not the some for us) oppure si insinua l'inquietante ipotesi di un prossimo Coup d'Etat. Ma altri brani si adagiano senza problemi sul linguaggio di pura convenzione amorosa e le mille frasi fatte del quotidiano trasferito in canzone. Perché qui la parola oltre che «significare» sa di dover essere d'appoggio a un ritmo, n leader del gruppo è Mark King, basso e voce, del quale si dicono meraviglie come strumentista dal vivo. Se l'ispirazione viene dal basso invece che dalle tastiere, vuol dire che qualcosa di nuovo c'è In profondo: è al calore del ritmo che la melodia si scioglie e le armonie profumano. La produzione (e la collaborazione d'autore) sono di V'ally Badarou. il maestro spirituale non convocato ma presente in fantasma non è difficile riconoscerlo: Steve Wonder. n che conferma che per ricreare uno stile dalle ceneri della canzone bianca classica, al di.ìà dejje mode,-frequentare la scuola della musica nera- c un punto di passaggio obbligato. E' cosi che 11 messaggio diventa massaggio e la parola suono. LA nuova canzone impegnata, predestinata al Nobel, si prende sempre più sul serio. Prendiamo ad esempio un gruppo inglese nuovo di zecca e già celebrato. Nome: Faith Brothers (Fratelli In fede). Programma: al rogo la classicità artefatta, da palcoscenico... ma forse c'è dell'altro. Non si vive di sola estetica, le colonne greco-romane di cartone che bruciano in copertina simboleggiano, è chiaro, antiche istituzioni che devono cedere alla Storia. Già: la Storia, prima parola cantata in apertura di album. E i temi dei testi non vanno certo al risparmio: urge il cambiamento (Eventide) ma anche il ribelle avrebbe diritto al giusto riposo (Sunday). Non c'è tempo: si deve uscire fuori (Dust in soul), non bisogna accettare le condizioni Inique del nuovo ordine economico che processa il costo del lavoro (The tradesmans entrance), bisogna reagire all'immoralità corrente {qhe ha i soliti, nomi ; co.rruzione. divisióne, Ipocrisia, ignoranza, ambizione). Nel frattempo non è male ascoltare anche il proprio io segreto (Secret Heart) e lasciarsi andare all'estasi del visionario (A daydreamers philosophy). Ci vogliono ovviamente tredici brani per compendiare tutto, ed è un po' come fare il Socialismo in un disco solo. Val la pena di aggiungere che i testi sono scritti benissimo, in un Inglese molto poco da canzonetta, fitti di citazioni di Orwell. Blake, Eliot. Le musiche danno spazio ai sax come alle chitarre, al rock e alla ballata, all'intimo e al corale, con riferimenti a trecentosessanta gradi (da Springsteen agli Style Council). E' proprio vero che anche il ribelle avrebbe diritto al riposo: qui lo si carica di troppi compiti. Tantopiù che sfugge quello essenziale per un musicista: fare delle canzoni che possano entrare non nella Storia, ma nella quotidianità. Si apprezza nei brani del Faith Brothers un sincero bisogno di ridefinire un ambito per la musica bianca in quanto tale, senza cercare appoggi ritmici alla moda e mescolanze afro-caraibiche di rito. Ma il bisogno di fuggire la banalità e la convinzione di dover restare popolari a tutti i costi creano una corrente discontinua e mutevole: di qua l'accademismo, di là il revival pop-melodico. Non convince la monotonia stilistica del canto. Come accade spesso nella musica bianca «di messaggio» la voce conosce due sole valenze: il lamento accorato o 11 coro «ottimista». Tutt'altro discorso si può fare a proposito dell'album dei Level 42 (World Machine). Neanche qui ci si tira indietro sul plano dell'Impegno: 11 brano che dà il titolo all'album si Incentra sul difficile tema della perdita di identità, altrove si Ironizza finemente sul fatto che ogni generazione spera di non compiere gli stessi errori di quella che l'ha preceduta (It's Gianfranco Manfredi Faith Brothers: «Eventide», Siren/ Virgin; Level 42: «World Machine., Polydor/Polygrara. Illustrazione di Anna De Carlo