Dubbi molti silenzi e ritardi Più fitto il «giallo Sindona»

A Voghera preoccupato vertice tra il ministro Martinazzoli e gli inquirenti A Voghera preoccupato vertice tra il ministro Martinazzoli e gli inquirenti Dubbi, molti silenzi e ritardi Più fitto il «giallo Sindone » Non sono noti i Ancora interrog DAL NOSTRO INVIATO VOGHERA — Nulla di sicuro, nessun fatto nuovo capace di risolvere i molti Interrogativi del «giallo Sindona»: suicidio od omicidio? E più passa il tempo, più il nervosismo e la tensione sembrano impadronirsi degli inquirenti e di chi in questi giorni ha l'obbligo di chiarire cosa è successo giovedì mattina nel supercarcere di Medassino a queUo che era uno dei detenuti più sorvegliati d'Italia. Un'atmosfera avvelenata che pare contagiare anche U ministro di Grazia e giustizia. Mino Martinazzoli, arrivato ieri mattina al palazzo di giustizia di Voghera per un vertice con i magistrati e U direttore generale degli istituti di prevenzione e pena, Nicolò Amato, Martinazzoli se n'è andato in tutta fretta poco prima di mezzogiorno, con gli agenti della scorta che tenevano lontani i cronisti e le Aifette blu, di servizio, che sono scattate facendo stridere 1 pneumatici sull'asfalto. Per le scale, ad un giornalista che gli chiedeva una dichiarazione, il ministro ha risposto con un -no. duro e scontroso. Impigliatosi nel cavo di una telecamera, ha avuto una reazione di rabbia: •Non staccatemi un braccio!». Una sola battuta rivolta a Nicolò Amato, sportosi sin dentro l'auto ministeriale per salutarlo: «Va benissimo». Ma anche Amato ha preferito non parlare. Cosi, a 96 ore da quel malore che ha colto Michele Sindona nella sua cella, dopo aver bevuto 11 primo caffè della mattina, nessuno è in grado di formulare un'ipotesi attendibile sulle cause deUa sua morte, provocata dal cianuro. Né la magistratura, né la commissione d'inchiesta nominata da Nicolò Amato, né soprattutto l periti. Anzi, quattro giorni dopo, non esiste ancora l'esame tossicologico sul fondo di caffè trovato nella tazzina usata dal bancarottiere. il consulente di parte nominato dalla famiglia, il professor franco Lodi, non è ancora «entrato» ufficialmente nell'inchiesta, tutto è rinviato a oggi. Ma l risultati, ha spiegato il sostituto procuratore generale Giovanni Simoni, «non arriveranno prima di 48. ore». Insomma, l'esame più importante si fa attendere, mentre potrebbe essere decisivo per il «giallo*. Simoni taglia corto: .Qualsiasi nottata che riguarda la presenza di sostarne tossiche nel caffé bevuto da Sindona, o eventualmente non bevuto da Sindona, è prematura. Elementi di certeeea ne avremo solo fra due o tre giorni». E dal carcere, gli fa eco Amato sentito per telefono: «Credo che riusciremo ad avere qualche risultato entro pochi giorni: Per quanto riguarda poi le analisi chimiche che saranno effettuate sui prelievi organici, durante l'autopsia, il perito di parte Lodi è categorico: «Per conoscere i primi risultati potrebbe escere necessario attendere anche un palo di mesi: n direttore generale resta anche oggi nel supercarcere per proseguire il difficile la¬ risultati delle analisi chimiche effettuate sul fondo della tazza di caffè usata dall'ex finanziere atori per gli agenti addetti alla sorveglianza: debbono dire se è stato rimosso qualcosa nella cella voro delle indagini, con lui lavorano «senza sosta» gli Ispettori del ministero di Grazia e giustizia guidati da un giudice, il dottor Biagio Oiancotti. Continuano a sfilare, davanti alla commissione d'Inchiesta, gli agenti che erano destinati a sorvegliare Sindona, mentre il dottor Simoni ha smentito per l'ennesima volta l'esistenza di comunicazioni giudiziarie: «17 procedimento è ancora definito come "atti relativi all'avvelenamento di Michele Sindona". Altro non c'è: Chi non parla, Invece, è il suo superiore, Antonino Corrias, procuratore generale della Repubblica di Milano, che ha trasferito d'autorità l'indagine sulla morte di Sin¬ dona da Voghera al capoluogo lombardo. Questa mattina ha partecipato al vertice con U ministro, nell'ufficio del presidente del tribunale di Voghera, Mario Campana. Con lui e Martinazzoli, anche Amato e Simoni, tutti seduti intorno ad un tavolino su cui c'era una cartellina rosa, con una scritta a matita blu: «Michele Sindona». Corrias e Simoni hanno lasciato la riunione una ventina di minuti prima del ministro, alla chetichella, passando per una porta secondarla. All'una, sono ricomparsi in un bar della città per un breve spuntino: un bicchiere di latte e una pasta per Corrias, solo un caffè per Simoni. Alle 14, entrambi, sono entrati nell'obitorio dell'Ospedale Ci¬ vico, dove da sabato pomeriggio si trova il cadavere di Michele Sindona. Le porte d'Ingresso, da 48 ore, sono guardate a vista da carabinieri con mitraglietta e giubbotto antiproiettile; i militi vietano al custode di parlare con chiunque. Una ferrea sorveglianza per Sindona morto che richiama subito la «falla» nei sistemi di sicurezza del supercarcere, attraverso cui è passato il cianuro che l'ha ucciso. Mezz'ora dopo, sono giunti i periti d'ufficio, U professor Antonio Pomari, direttore dell'Istituto di medicina legale di Pavia, e la professoressa Montagna, anche lei di Pavia, esperta a livello europeo di veleni, seguiti dal consulente di parte nominato dalla famiglia, professor Franco Lodi. Alle 17,30 l'autopsia di Michele Sindona è terminata, dopo tre ore. All'uscita nessuno ha voluto parlare, solo Simoni ha confermato che è stata concessa l'autorizzazione per 1 funerali. Dovrebbero svolgersi domani mattina, nel cimitero monumentale di Milano, ma non c'è la sicurezza: ieri, nessun familiare del bancarottiere di Patti era a Voghera. Nessuno ha portato fiori; il cadavere è ancora nella ceUetta refrigerata dell'obitorio. A vegliarlo, restano 1 carabinieri con il mitra. GU stessi che per 55 ore si sono avvicendati davanti all'Ingresso del reparto di rianimazione, nell'ospedale, durante l'agonia. E carabinieri armati ci sono anche davanti al supercarcere, ieri custodito addirittura da cani lupo. All'ingresso, le guardie carcerarie hanno l'ordine «di non annunciare nessuno e di non disturbare il dottor Amato e gli ispettori: Attraverso le sbarre, al piano terreno, si scorgono 1 locali del bar degli agenti di custodia, lo stesso dove è stato preparato il caffè poi portato a Sindona, chiuso in una gabbia metallica fermata con un lucchetto. Si sa che le due guardie che lavorano al bar e le due che hanno sorvegliato il caffè nel suo viaggio verso la cella di Sindona, sono state sentite come testimoni dal giudice. La stessa cosa ha fatto la commissione d'inchiesta ministeriale, anch'essa presente questa mattina al vertice con Martinazzoli. E intanto, dal supercarcere filtrano altri particolari sulla ricostruzione di quel giovedì mattina. Sindona si è sentito male alle 8,30 circa, ma solo alle 14 il magistrato, il sostituto procuratore di Voghera, Francesco De Socio, è stato avvertito. «Sono intervenuto quando mi hanno chiamato dall'ospedale — ha spiegato ieri —, sono subito accorso e ho fatto sigillare la cella ed il reparto dove si trovava il detenuto: Prima, però, la cella è rimasta sotto la «sovranità» della direzione (anche se il direttore, Aldo Fabozzl, era assente perché in ferie). Il magistrato, poi «scavalcato» dal- la avocazione decisa da Corrias, ha chiamato il perito, professoressa Montagna, e nella cella è stata trovata la tazzina con un fondo di caffè, posata sul tavolino e non a terra. Nessuna traccia del liquido è stata scoperta sul pavimento ed anche i cestini dei rifiuti erano completamente vuoti, E' probabile che tra le tante domande poste alle guardie, da Simoni e dal commissari del ministero, ci sia anche questa: «Qualcuno, subito dopo il malore di Sindona. ha pulito il pavimento della cella e l'ha rimessa in ordine?: Ettore Boffano