Bertoli un successo «sotterraneo»

Fortunato concerto torinese del cantautore che festeggia i 10 anni di attività Fortunato concerto torinese del cantautore che festeggia i 10 anni di attività Bertoli, un successo «sotterraneo» Un folto pubblico di tutte le età ha applaudito i suoi titoli più celebri e quelli recenti TORINO — Pierangelo Bertoli dieci anni dopo. E si ha l'impressione che sia fondamentalmente fedele al suo personaggio, che allora fece scalpore nel mondo dei cantautori italiani, per la sua capacità di affrontare temi «scomodi»: l'emarginazione, la tossicodipendenza, la lotta operaia, l'abuso del potere da parte da chi lo possiede. Stessa grinta, stessa lucidità nell'esprimere le proprie idee: la differenza è data dal crescente successo che si potrebbe definire • sotterraneo», ossia non provocato dal bombardamento della pubblicità o dei festival, ma dato dalla voce che passa da uno all'altro quando è ora di riconoscere un prodotto di qualità. Sabato sera ha concluso a Torino la sua tournée invernale, accompagnato dalla ottima «band» composta da Marco Dieci (tastiere). Gabriele Monti (chitarra), Glauco Borrelli (basso) e Mauro Gherardi (batteria). Il Colosseo era pieno in ogni ordine di posti con un pubblico di tutte le età: dai genitori ultraquarantenni ai figli quindici-ventenni. Per il suo decennale di attività Bertoli ha presentato un'antologica dei suoi brani di maggior successo, che faranno parte di un apposito ellepì. Una passerella, in cui hanno trovato spazio i suoi temi preferiti e le canzoni più note: da «Sera di Gallipoli» a «Varsavia» (la sua passione politica a fianco di Solidarnosc). da «Dirti t'amo» (piena di tenerezza e di voglia di vivere, di cui, ricorda, che .alla prima esecuzione, in un paese a 35 km di distanza da Sassuolo, dovetti replicarla ben quattro volte-) a «Caccia alla volpe» da «Natale» a «Luna sotto casa» (una personalissima visione del mondo della droga, senza concessioni al falso pietismo), da «Dalla finestra» a «Il pescatore». «Eppure soffia». «A muso duro» (che. dice, -sono i tre pezzi di maggior successo e ai quali sono più attaccato-). A fine spettacolo, Bertoli si è sottoposto al fuoco di domande dei cronisti. Come mai la decisione di «festeggiare» il decennale? -Non si tratta di festeggiamenti, ma solo di sottolineare dieci anni di carriera con questo ellepì antologico. Semmai festeggeremo il ventennale-. Cos'è cambiato in te in questo periodo? -Niente, a parte il latto che mi sono sposato e ho messo su famiglia-. Il successo ti ha lasciato dei lati negativi? -Il successo può dare alla testa, con taciuta, a un ragazzo, lo avevo già 33-34 anni quando è arrivato: sarebbe stato molto imbecille lo avessi latto-. Ti senti il rappresentante di una generazione o il tuo messaggio è valido per tutte le eia? «Sono rappresentante di una generazione in quanto canto la mia vita. Ho cominciato a vent'anni, ma la prima canzone che ho scritto parlava di una persona conosciuta quando avevo quindici anni. Ci sono le cose attuali, per cui continuo a vivere e mi adeguo ai tempi anche se non voglio. E c'è un guslo musicale, né troppo antico né troppo moderno, che è recepito da un pubblico di tutte le età, tra i quindici e i settant'anni-. Sei stato definito un «operaista» nella canzone: che significato ha tornare in una città dove l'operaio tradizionale è stato sconfitto dalla tecnologia? -L'operaio è stato sconfitto non solo a Torino, ma in tutto il mondo, lo ho la tendenza a stare dalla parte di chi ha bisogno, del più debole. A stare dalla parte delle persone dimenticate dalla legge o da essa saltate paro paro, lo non credc^nelle leggi e soprattutto non credo in chi le applica, perché non credo nella buona lede di chi ha in mano il potere: nove volte su dieci gli va bene, ma la volta che sbaglia combina un disastro. Darei molti più soldi a chi esercita il potere, ma quando sbaglia dovrebbe essere severamente punito-. Infine qualche battuta sulla situazione del mondo della canzone («Un cantautore che partecipa al Festival di Sanremo, se lo la per vincere non ha capito niente: se lo fa per proporre il suo prodotto, la bene, perché quella è la più grande platea d'Italia-: •All'ultimo Festival di Sanremo, per me il migliore era Zucchero-; • Tra I colleghi che preterisco è una bella lotta tra Guccini e De André; tra le donne senza dubbio la migliore resta Mina-) per concludere con un giudizio sul pubblico di Torino, con il quale (insieme a quello di Milano), trova davvero il maggior attiatamento. Pl Qi Paolo Querio In primavere l'operetta fa il pressing, compagnie scatenate, Iniziative discograliche, una sorpresa in libreria. Ouante novità. Si apre al Teatro Alfieri di Torino il 31° Festival che dal 26 marzo al 6 aprile mette in cartellone La vedova allegra, Cin ci là e II paese dei campanelli con la Compagnia Italiana di Operette (soubrette Nadia Furlon, comico Franco Barbero). Continua per iniziativa della Fonit Cetra e con la consulenza di Cesare Gallino e Ettore Minoretti la ristampa discografica delle operette in edizione integrale: dopo La vedova allegra, Sogno di un valzer e // passe dei campanelli, altri titoli sono in arrivo (una fie//a Elena con fior di artisti e con un Carlo Campanini in gran forma e la voce da tenore). E per finire una «chicca» per gli appassionati pronti a tutto, anche a scucire 80 mila lire per un libro formidabile, il libro che mancava: •L'operetta- di Ernesto Oppiceli!, 380 pagine, editrice Sager, una galleria di personaggi, aneddoti, stili musicali, che dal- L'appuntamento con il palcoscenico è a Torino, la compagnia di Sergio Corucci torna anche quest'anno al Teatro Altieri per presentare tre operette latte apposta per il gran pubblico. Oltre alla Furlon e a Barbero (che ha lavorato in passato con Macario) la Compagnia Italiana di Operette presenta un cast interessante: i soprani Amanda Di Tullio e Maria Ricci, i tenori Antonio Carangelo e Edoardo Guarnera, attori come Paolo Menegolli (vecchia volpe del palcoscenico e professionista di tutto rispetto). Armando Carini ecc. Due settimane con l'operetta: dall'intramontabile Vedova allegra (26 - 29 marzo), a Cin ci là (31 marzo - 3 aprile), al Paese dei campanelli (4 - 6 aprile) che chiude il Festival. Allegria e duetti conditi con finissimo e splendido cattivo gusto: «Baf/a la giava. boccuccia di baci, gira, rigira, sorridimi e taci I quando tu parli boccuccia di rose, che dolci cose tacendo sai dir,.