LA FRANCIA SVOLTA A DESTRA MA I SOCIALISTI NON CROLLANO di Enrico Singer

L'opposizione (Giscard, Chirac, Barre) conquista la maggioranza assoluta in Parlamento L'opposizione (Giscard, Chirac, Barre) conquista la maggioranza assoluta in Parlamento LA FRANCIA SVOLTA A DESTRA MA I SOCIALISTI NON CROLLANO Cinque anni di «socialismo» sono passati al vaglio degli elettori francesi, e ne nasce comunque una fase nuova della storia della Quinta Repubblica. Qualcuno pensa che ci siano ora le premesse di un'(«altra» Quinta Repubblica, se non proprio della Sesta. Ma le prime analisi del voto non incoraggiano previsioni univoche. «Socialismo» è una parola approssimativa per indicare l'azione politica di Mitterrand, in questi cinque anni nei quali ha potuto essere, oltre che il presidente di tutti i francesi, il «capo morale» di una solida maggioranza parlamentare. Questa era infatti la logica, se non necessariamente la lettera, della Costituzione che il generale De Gaulle aveva promosso nel 1958, per superare il dissesto politico e istituzionale di un «sistema dei partiti» scosso dalle lotte di potere e dall'impatto devastante della crisi algerina. Nei primi due anni, Mitterrand aveva creduto di poter realizzare una vera svolta, sia politica che socioeconomica. Del resto il suo era il primo governo di sinistra sin dal tempo del Fronte popolare di Leon Blum (1936). Quindi le nazionalizzazioni e anche il tentativo di accompagnarle con una politica economica «deflazionista», attenta alle esigenze dello sviluppo più che alla minaccia dell'inflazione. Poi, nel 1983, di fronte alla realtà di una crisi non solo francese, il dietrofront e l'inversione di marcia. Una politica di risanamento e di stabilizzazione, la riconsiderazione degli stimoli e dei valori im prenditoriali. Restavano comunque i segni di una politica sociale e culturale che aveva ammodernato la Francia. E tuttavia una caduta progressiva di consensi, segnata dalle elezioni intermedie e dai vari sondaggi di opinione. Di qui la decisione di cambiare la legge elettorale, reintroducen do, al posto del criterio maggioritario a due turni, quello proporzionale, tipico del vecchio sistema (che i francesi chiamano anche, certo senza simpatia, il «sistema italiano»). Questo, nel tentativo di «spiazzare» l'opposizione moderata e d'impedirle di diventare a sua volta un blocco maggioritario. Ora il caso è quello di un presidente socialista e di un Parlamento controllato dai liberalgollisti. Ma non dominato, perché non è andata cosi male, sembrerebbe, per il partito socialista, rimasto, come singolo partito, il primo di Francia, mentre è dubbia precaria, politicamente, la maggioranza assoluta dei moderati, anche per certe loro divisioni interne. In ogni caso, c'è margine per le grandi manovre parlamentari di Mitterrand. Come andrà la «coabitazione»? E' certo che tutti cercheranno di logorarsi a vicenda; ed è comunque una fase d'in stabilità, o di transizione, quella che si è appena aperta. La speranza di tutti gli europei è che essa non sfoci in una crisi di regime. Ha pesato sulla campagna elettorale anche una minaccia esterna, quella del «partito di Dio» musulmano, quell'estre mismo sciita che non da poco indicava nella Francia di Mitterrand, con l'America e lo Stato d'Israele, uno dei principali nemici dell'Islam. Conse guenza del coinvolgimento francese nella guerra Iran-I (Segue a pag. 2 - T col.) Il partito di Mitterrand si conferma primo con il 30,9 per cento dei voti -1 comunisti (10,5) in calo - Il Fronte di Le Pen ottiene il 9,8 (31 seggi) -11 premier Fabius forse già oggi all'Eliseo per le dimissioni - S'apre la fase della «coabitazione», densa di incertezze - Primo ministro: su chi cadrà la scelta del presidente? PARIGI — I francesi hanno ridato forza al centro-destra ma non hanno condannato la «gauche-. Dai risultati, non ancora ufficiali, delle elezioni legislative di ieri i neogollisti dell'Rpr e i liberali dell'Udf sono riusciti ad ottenere la maggioranza assoluta nelVa nuova Assemblea Nazionale con un margine di pochi seggi, incerto fino a tarda notte. L'era della -coabi lozione* tra il presidente socialista Mitterrand e un governo a lui ostile si è aperta, ma 1 margini di manovra dell'Eliseo sembrano molto più vasti di quelli che, alla vigilia, sondaggi e politologi gli concedevano. E la prudenza dei primi commenti dei leader lo conferma: in fondo, ha vinto l'incertezza. Con una battaglia tirata all'ultimo voto, i dati definitivi saranno noti soltanto oggi. Ma le stime elaborate dai calcolatori elettronici ieri notte danno già uno scenario attendibile. Del 577 seggi parlamentari da assegnare, Rpr, Udf e indipendenti di destra ne avrebbero conquistati 294: 5 in più della maggioranza assoluta che è fissata a quota 289. In particolare, 15S seggi Rpr. 131 Udf e 7 agli «indipendenti». Per un totale del 43,6 per cento dei suffragi. I socialisti (30,9 per cento), con 210 seggi si confermano il più forte partito di Francia, anche se perdono la maggioranza che detenevano, dall'81. nella vecchia Assemblea Nazionale (che era composta da 491 deputati) con 285 seggi. Nel risultato del ps è compresa la quota del Movimento dei radicali di sinistra (una ventina di deputati) che si è presentato in liste uniche col ps in 86 dei 106 dipartimenti in cui è divisa la Francia. II partito comunista avrebbe ottenuto 40 seggi (ne aveva 44) con il 10,5 per cento dei voti. Un risultato di poco inferiore a quello delle elezioni europee dell'84 (11 per cento) ma che accentua l'emorragia della formazione di Oeorges Marchais che, nell'81, era sul 20 per cento. Un anno fa il pc giustificò 11 suo calo con la partecipazione al governo ma anche la sua nuova linea dura (che ha bollato il ps come 'traditore della sinistra.) non sembra avergli restituito l'antica forza. Al Fronte Nazionale di Jean-Marie Le Pen, le proiezioni assegnano il 9,8 per cento dei voti e 31 seggi. Per il partito dell'estrema destra (che era alla sua prima elezione politica) è un risultato leggermente inferiore all'«exploit* delle europee (10 per cento) ma che lascia l'amaro in bocca a quella che i francesi chiamano la maestra per bene-. Nel suo insieme (cioè con il Fronte Nazionale) l'opposizione anti-Mitterrand ha ottenuto il 54 per cento dei voti e una teorica maggioranza parlamentare di 325 seggi. Ma Rpr e Udf hanno sempre escluso un accordo di governo con Le Pen ed avevano invitato gli elettori ad un -voto utile- puntando ad una maggioranza assoluta più netta che gli avrebbe consentito di assediare l'Eliseo socialista. Un disegno che, se i dati si confermeranno, non è stato del tutto centrato. Alle formazioni minori (Verdi ed estrema sinistra) è andato poco meno del 3 per cento del voti con due soli seggi. E' uno degli effetti del nuovo sistema elettorale proporzionale •corretto» introdotto la scorsa estate in Francia. Il meccanismo impone una barriera del 5 per cento per ottenere una rappresentanza parlamentare, ma si applica al livello dipartimentale. In sostanza basta superare il 'barrage* in un dipartimento per avere un seggio nell'Assemblea anche se la media nazionale resta al di sotto del 5 per cento. E la destra già attribuisce alla « trappola proporzionale* la situazione di incertezza uscita dalle elezioni. Con il vecchio sistema maggioritario, in effetti, il 44 per cento dei voti ottenuti da Rpr, Udf e indipendenti gli avrebbe assicurato una larga maggioranza assoluta in Parlamento. Ma le regole del gioco sono ormai cambiate e, ieri sera, Mitterrand ha invitato destra e sinistra a «dare prova di serietà e di serenità* e, ancora prima del risultati definitivi, ha detto: 'Questa sera andrò a letto presto e alle 9 di mattina sarò al lavoro nel mio ufficio*. Che cosa succederà nelle prossime ore? La nuova Assemblea Nazionale si riunirà per la prima volta il 2 aprile. Ma la consuetudine vuole che il governo in carica presenti le sue dimissioni in tempi brevi: Laurent Fabius potrebbe salire i gradini dell'Eliseo già oggi per l'ultima volta e rimettere il suo mandato nelle mani di Mitterrand. Comincerà, cosi, l'«ero coabitazionista*: il Presidente socialista dovrà scegliere un Primo Ministro espressione della nuova maggioranza di centro-destra. Ma il margine ristretto della rivincita delle forze che la *gauche* costrinse all'opposi¬ zione nell'81 potrebbe evitare a Mitterrand una trattativa diretta con il leader neogollista Jacques Chirac. Un uomo disposto a «coabitare» ma deciso, anche, ad applicare 11 programma comune Rpr-Udf che prevede un sistematico smantellamento delle misure adottate dalla sinistra negli ultimi cinque anni: dalla privatizzazione delle banche e delle industrie nazionalizzate, alla revisione del sistema di sicurezza sociale e di quello fiscale. Il Presidente, insomma, sarebbe riuscito a scongiurare una ••coabitazione dura*. E, se i risultati si confermeranno, ha ancora molte carte da giocare. Potrebbe, prima di tutto, cercare di dividere Rpr e Udf. Un'ipotesi che circolava alla vigilia del voto in ambienti vicini all'Eliseo, per esempio, era questa: la desi¬ gnazione alla carica di Primo Ministro di Simone Veli. Eurodeputata (ed ex presidente del Parlamento di Strasburgo), la Veil non era candidata in queste elezioni, ma nell'84 fu scelta da Rpr e'Udf come capolista unica alle europee. Una personalità di centro e di grande prestigio, dunque, che la nuova maggioranza dovrebbe accettare. Ma che Mitterrand potrebbe influenzare promettendole l'appoggio del partito socialista nel caso l'Rpr non la sostenesse a fondo. Bisogna ricordare che la Costituzione della Quinta Repubblica non prevede il voto di fiducia del Parlamento ad un nuovo governo. E' il Presidente a nominare il Premier e questi a nominare i ministri: il ruolo dell'Assemblea Nazionale è, in certo senso, -negativo-. Può votare una mozione di censura (in pratica la sfiducia) e costringere il governo alle dimissioni, ma non è chiamata a dare una luce verde preventiva al Premier o al suo programma. Ecco, allora, che un leader del centro-destra disposto ad una «coabitazione morbida* (la Veli o anche il gollista Chaban-Delmas, amico personale di Mitterrand) potrebbe governare con l'appoggio più o meno segreto del ps anche senza il sostegno totale di Rpr e Udf. Ma queste formule di alchimia politica saranno verificate soltanto nei prossimi giorni. Per ora domina l'incertezza. E la prova tangibile ieri sera si poteva vivere nei quartieri generali dei partiti, dove tutti parlavano di successo, e lungo gli Champs Elysées deserti, dove nessun corteo cantava vittoria. Enrico Singer