Freda? Un vegetariano supertifoso di Khomeini

Intervista con il «soldato nero» prosciolto dalla strage di Milano | Un uomo che partecipò alla lotta armata senza mai imbracciare un fucile Intervista con il «soldato nero» prosciolto dalla strage di Milano | Un uomo che partecipò alla lotta armata senza mai imbracciare un fucile Freda? Un vegetariano supertif oso di Khomeini L'esempio di Torres, simbolo di una Chiesa che vuoi stare al fianco dei popoli oppressi Vive a Brìndisi le alla madre - Giudiz DAL NOSTRO INVIATO BRINDISI — La sua seconda giornata da .semilibero. l'ha cominciata ieri alle 8,15. davanti ad una cabina telefonica, a pochi passi da casa. Una telefonata all'anziana madre, rimasta a Padova e che non rivede da tempo. Una piccola infrazione alle regole dettate dal giudice di sorveglianza: .Alle S. in auto guidata da altri, sino all'abitazione della moglie; poi alle 20,30 di nuovo in carcere'. Ma Franco Preda. 45 anni, nome di battaglia -Qiorgio», l'ex «angelo nero» della strage di piazza Fontana, aveva chiesto l'autorizzazione agli agenti della Digos che lo seguono come ombre, durante il tragitto dalla prigione di via Appia alla villetta di quattro piani in via Magaldi 1. Spiega: «Il telefono di mia moglie è guasto da due giorni e mia madre non l'avevo ancora sentita. Mi ha detto di avermi visto alla televisione e di avermi trovato ingrassato'. Poi. ci invita a salire per parlare. E' davvero cambiato il ■ soldato politico- che nelle aule di tanti processi trattava con durezza i giornalisti, quasi li irrideva con disprezzo. Adesso, non risparmia le frecciate, ma dialoga e racconta: « Quello che non riesco a capire è il vostro interesse di oggi. Sono passati quindici anni dal mio arresto, eppure Franco Freda sembra Raffaella Carro. Perché?-. Comincia l'intervista e il quesito di Freda riporta subito il discorso a quella data tragica, il 12 dicembre '69. i 16 morti di piazza Fontana, le tante piste della -strage di Stato-, i sei processi, la sua fuga in Costarica. Era l'anno dello sbarco sulla Luna e quello dell'.autunno caldo., fu l'anno che diede il via a una stagione di violenze e di misteri. Una farsa tragica e una commedia buffa nello stesso tempo, che per lui è cominciata il 5 dicembre 1971 ,(11 primo mandato di cattura) le forse si è chiusa l'altro ieri, sabato B marzo, quando ha «Michi» Viscardi ha sue giornate di semilibero con la moglie - Una telefonata izio benevolo su Craxi - Una torbida storia che risale al '71 Brindisi. Franco Freda. fuori dpotuto uscire per la prima volta in .semilibertà., per lavorare alla sua casa editrice. • Edizioni di AH .. Ha una sede distaccata nell'alloggio della moglie. Rita Cardone. sposala nel 1980 in carcere a Novara, dopo una convivenza a Catanzaro, durante la libertà provvisoria ottenuta nel primo processo. Ma Franco Freda. cultore dell'Europa medioevale e dei fasti hitleriani, ammiratore dell'Islam di Khomeini e un po' meno di Gheddafi («é troppo condisiato dai russi'). ha abbandonato quella storia il 2 agosto scorso. Nel secondo processo d'appello, la Corte di Bari l'ha assolto per insufficienza di prove, con l'altro neofascista Ventura e gli anarchici del gruppo di Pietro Valpreda. Difficilmente, la Cassazione rovescerà quel giudizio: a dicembre Freda dovrebbe essere libero definitivamente. Cosa prova per quella formula dubitativa? La risposta é secca, decisa. Freda sembra ritornato 11 personaggio lasciato il carcere al carcere, si avvia \erso casa sprezzante che deponeva davanti ai giudici di Catanzaro: • Non mi hanno assolto del tutto, perché con me avrebbero dovuto assolvere le mie idee». Ha ragione la madre: il procuratore legale di Padova, entrato in prigione a 30 anni, è ingrassato. I capelli sono tutti bianchi, non porta più le maglie girocollo, ma una camicia azzurra sbottonata, la stessa giacca nera e i pantaloni grigi che aveva sabato mattina. Gli occhi, però, sono sempre guizzanti, il sorriso malizioso. Freda si anima, spiega le sue -idee- con riferimenti continui ai personaggi della politica italiana e internazionale. «Non sono un aristoratieo che si tiene la propria ideologia per sé. Ma non sono neppure un politicamente come quelli che ci sono in Italia. Io sono un politico. Pensando ai nostri politicanti, mi viene in mente Platone,, quando parlava di burattini nelle mani degli dèi. Le. cronache, che. leggevo in carcere mi hanno fatto pensare anche a burattini... nelle mani di Lido Gelli». Ma signor Freda. il suo ideale di politico è Khomeini. Ha letto che ha ordinato ai soldati iraniani di togliere il sangue agli iracheni catturati, prima di ucciderli, e poi di mandarlo al fronte per le trasfusioni ai feriti? Il sorriso di Freda adesso è di nuovo gelido, quasi di compatimento: • La rivoluzione di Khomeini è l'unica vera rivoluzione. Una società sacrale, guidala da un illuminato dalla verità, non da un illuminista. Il suo Iran mi ricorda l'Europa del Medioevo, e lui è un sacerdote della giustizia. Il sangue tolto ai prigionieri? Sono le tragedie di chi ha delle responsabilità. E' meglio salvare i nemici del popolo o coloro che muoiono per la comunità? Rp.agan. invece, è la quintessenza del mercantilismo e dell'egemonia degli Usa, è il peggio di una società antieuropeo». Della verità, di cui lei parla, va sempre detta? Si può mentire davanti ad un giudice, magari negando reati commessi? Ancora sicurezza, ancora sorrisi: -Non si deve mentire, ma celare la verità si. Il soldato politico lotta per la verità e può servirla anche tacendola. E poi, il codice consente all'imputato di mentire, o mi sbaglio?- Seduta al tavolo rotondo, nel salotto della sua casa, c'è anche Rita Cardone. Nel 1980. quando sposò Freda. qualcuno le attribuì una dichiarazione: 'Lo stimo, ma non lo amo-. E' vero? La donna dai capelli e dalla carnagione scura, ride, poi scuote la testa: «Fu un'invenzione di voi giornalisti. Io l'ho sempre amalo e l'ho sempre aspettato. Cosi come ho sempre sa puto che Franco è buono'. Lui. intanto, si accende la pipa. Riprende il discorso sui politici italiani. Freda non ne salva nessuno, ma con qual che «distinguo». ./Von mi è dispiaciuto Craxi. Mi pare faccia il capo del governo e non solo il presidente del Consiglio. Dicono che assomiglia a Mussolini. Forse lui lo sa e ci gioca. Ma su Sigonella lia saputo manifestare almeno il pudore contro i padroni statunitensi. Non mi dispiacciono neppure certi radicali e le loro lotte per le condizioni di vita in carcere». Ma c'è una speranza, uno sbocco per queste sue «idee-? Questa volta, la smorfia sul volto si fa seria, abbandona il sorriso: «Le sembrerà strano, ma io spero nella Russia. Se saprà liberarsi dalle sue aspirazioni coloniali, se saprà ri pulirsi dal marxismo-lenini smo. Allora potrà unificare l'Europa delle etnie. Forse, però, è solo un'utopia. Ma gli Usa no, invece, sono il male peggiore. No. non mi piace neppure Papa Wojtyla, è un capo di'Stato, non un capo spirituale». E il carcere? Ha avuto paura di essere ucciso? Come lo ricorda? «Paura no. un soldato politico non può averla, perché non rispetterebbe se stesso. Si cerca di sopravvivere, inteso come vivere sopra. La consideravo una malattia e ho cercato di curarla, perché la melma degli eventi non mi sommergesse. Una sorta di aspirina spirituale». Perché è fuggito? «Perché un soldato non si consegnò. Avevo saputo da fonte certa che per me si era già deciso l'ergastolo». Lo interrompe la moglie: «Ce lo fece sapere il segretario di un ministro democristiano». Ma Freda la zittisce: «L'abbiamo saputo e basta. Se mi hanno aiutato elementi della criminalità organizzata? Me l'hanno detto dopo che alcuni di loro sarebbero in odore di associazione mafiosa, ma a me non interessava. Quello die era importante era che fossero leali. Non chiedevo la fedina penale, ma aiuto che il singolo dà al singolo, disinteressatamente.. E quei sedici morti? Quella strage nella banca, le tante venute dopo, quella del «treno di Natale..? «Una strage non fa neppure parte di una logica autentica del terrorismo. Quando penso a quelle cose, mi chiudo in me stesso, non voglio parlarne, provo uno stupore sgomento. A piazza Fontana, potrebbe essersi trattato di un incidente di percorso, chi ha messo le bombe probabilmente non voleva quegli effetti. E mi pare che anche Andreotti abbiu scritto la stessa cosa. Perché allora continuare a parlare di strategia della tensione?». E la vita? «Nessuno la rispetta come me. Sono vegetariano per non ammazzare, io che sono accusato di essere il cattivo che uccide...'. Ettore Boffano Una clausola dell'enciclica «Populorum progressio», pur rifiutando gli atti violenti, ricorda: «Chi ha abusato della pazienza dei poveri deve essere pronto ad affrontarne la rabbia» - I casi di Soinoza. Videla. Marcos e Papà Doc: dittatori sconfitti, mai uccisi - L'opera di mediazione e di confronto nei viaggi di Giovanni Paolo II Sono già passati quindici anni dalla morte di Camillo Torres, il prete colombiano sbrigativamente ridotto per molto tempo a simbolo del diritto dei popoli oppressi alla lotta armala da una parte e considerato dall'altra un ribelle e disobbedienle alla disciplina della Chiesa. Proprio in questo momento esaltante per la Chiesa, il nome di Torres torna come quello di una profezia che si comincia sempre più rapidamente ad avverare. Egli resta inlatti una specie di sintesi tra legittimazione della lotta armata dei cristiani, in casi estremi, e l'impegno non violento nella lotta alle diverse dittature d'oggi. Egli infatti condivise la vita e la resistenza armata a fianco dei ribelli del suo Paese, ma non imbracciò mai il fucile, non sparò mai u:~. colpo. In qualche modo coniugò la scelta sia di Paolo VI che di Giovanni Paolo II. tanto per la lotta armata che per ia • teologia della liberazione». Visse 11 disagio e l'ambiguità del cristiano su questi due problemi drammatici e in apparenza insolubili, e pago questa tensione con la morte. Li visse però non a tavolino, fra gli studi teologici, bensì alla macchia tra soldati ribelli e senza essere un soldato, ma restando un radicale ribelle cristiano. Torres aveva ben presente la grande enciclica Populorum Progressio di Paolo VI. un'enciclica che rifiuta la lotta armata, ma non esclude in casi di estrema emergenza l'eccezione, segnando infatti in una clausola il diritto dei popoli oppressi a ricordarsi che, come dice alla lettera Papa Montini, «chi ha abusato della pazienza dei poveri deve essere pronto ad affron¬ tarne la rabbia-. La clausola non è che l'opinione di San Tommaso d'Aquino, il quale prevede il diritto d'un popolo oppresso e senza speranza di liberarsi dall'oppressione con mezzi violenti, a sopprimere anche fisicamente il tiranno. In nessuna delle vittorie democratiche recenti, nessun tiranno e stato iisicamente ucciso dalla resistenza, né Somoza. né Videla. né Marcos. né Baby Doc. Ma. in diverso modo, in tutti questi casi e stata sconfitta la dittatura e conquistata la liberta dei popoli. Dunque si e avverata la speranza di Paolo VI ieri e quella di Giovanni Paolo II oggi. In ognuno di questi casi e stata attuata coi fatti proprio la «teologia della liberazione», la stessa che sul versante dottrinale e stata invece condannata, esorcizzai» e de¬ nunciata come «perniciosa» sia dal Pontefice che dall'ex Sant'Uffizio, per le sue vere o presunte •conlaminazioni marxiste». La caduta di Somoza dopo quarantanni di oppressione e stragi, la scomparsa di Baby Doc, l'uscita di scena di Videla in Argentina, rendendo possibili processi impensabili prima contro i capi della giunta militare rei anche di tortura istituzionalizzata; infine la fuga di Marcos senza la necessità di cadere nella guerra civile, sono tutti episodi positivi di «teologia della liberazione •. Nel caso delle Filippine, il primate cardinale Sin e CoriAquino sono riusciti sinora a realizzare il capolavoro di una liberazione non violenta d'un popolo oppresso e rapinalo da vent'anni, col solo mezzo della «disobbediema civile- Tutti i dittatori defenestrati recentemente erano cattolici o almeno cristiani d'anagrafe, alcuni anche ostinatamente praticanti, e (forse per colmo di felice paradosso storico) nei quadri sia della resistenza armata nel Sud America e in Centro America, tanto nelle forze che hanno sostenuto Cory Aquino come in quelle del.e altre operazioni di smantellamento delle dittature ci sono sinora state forti componenti dichiaratamente comuniste, comunque marxiste. Anche se. come ha confessato il cardinale Sin in un'intervista, i comunisti filippini, durante l'incontro col cardinale, si sono confessati, sono stati assolti e hanno fatto la Comunione. Lo spinoso problema che costituivano tutti questi casi di difficile soluzione è stato risolto anche per merito di Papa Wojtyla Infatti, i suoi viaggi, in quest'ottica, fanno emergere ora un'evidenza che si va precisando sempre più. Proprio quei popoli che il Papa ha voluto, con ostinazione pastorale, quali suoi interlocutori in qualche modo diretti e primari, hanno preso gradualmente coscienza del diritto e del dovere di liberarsi, senza tuttavia quasi nulla sapere della casistica e delle polemiche teoriche circa la .liberazione» cristiana. Fatta azione, almeno per le Filippine, e non lotta armata, ma scelta parlamentare e pacifica, quella teologia onora sia il Papa che i più coraggiosi episcopati e singoli vescovi ì dei Paesi che sono giunti alla ! liberta. j Come quadrare ora questo cerchio in sede dottrinale e j teologica'' O non basta sem- 1 r i plicemente questo singolare, sperato, ma anche inatteso. «miracolo»? Prima interlocutore sfumato — e discusso — di dittatori feroci ed ottusi, il Pontefice ha restituito in .gualche modo a questi popoli il coraggio eia possibilità di obbedire al Vangelo della non violenza evangelica e a recuperare la loro forza di decisionalità proprio sul processo della fine delle dittature nei loro Paesi. Resta, in questa mappa di speranze avverale, il caso più difficile, il nodo più sgradevole: quello del Nicaragua, assediato da Reagan e dalla Cia. denunciato e sconfessato il Sandinismo che ne è la ragione ideologica dalla maggioranza dei vescovi locali (brucia ancora nella gente l'episodio di Ernesto Cardenal pubblicamente rimproverato dal Pontefice a Managua). Non è però detto che. con questi recenti moti positivi e risolutivi, le cose non possano cominciare a cambiare anche laggiù. Intanto il vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga. dopo una visita di due mesi in Nicaragua, in un rapporto circostanziato a tutti i vescovi brasiliani ha affermato: «Chiedo che tutti vivano informati e che si informino. Dobbiamo rompere il blocco del silenzio e della menzogna. In Nicaragua nessuno è disturbato a motivo della sua fcde«. Nazareno Fabbretti In Sud Corea il cardinale appoggia l'opposizione SEUL — Il cardinale Stephen Kim Sou Hwan, capo della Chiesa cattolica sudcoreana, ha espresso il suo autorevole appoggio all'opposizione nell'ambito della controversia politica sorta sull'opportunità di rivedere la Costituzione. Nel corso di una messa celebrata ieri a Seul alla presenza di 1500 fedeli, l'alto prelato ha detto di condividere in generale le argomentazioni favorevoli all'adozione di una una nuova Costituzione che sancisca, tra l'altro, 11 principio dell'elezione del Presidente della Repubblica a suffragio diretto. L'attuale capo dello Stato Chun Doo Whan non intende Invece avallare alcuna iniziativa del genere prima dell'88, anno in cui scade il suo mandato. n cardinale, che si è espresso per la prima volta In pubblico su questioni politiche dopo la svolta democratica avvenuta nelle Filippine con il contributo della Chiesa cattolica locale, ha precisato che la sua non vuole essere {una presa di posizione a faI vore dell'una o dell'altra parI te. ti