I preti e la pipa di Satana

In seminari e conventi era un nemico da esorcizzare In seminari e conventi era un nemico da esorcizzare /preti e la pipa di Satana Lo storico Tamburrano: «Così è cambiata la Cgil» QuelPerede di Di Vittorio ; La pipa di Luciano Lama non è mal stata sopportata nella maggioranza dei conventi e del seminari. E' sempre stata bei saglio ed emblema del •nemico» da esorcizzare, quasi ne uscisse •fumo di Satana», almeno nel primi anni della più specifica e torte lotta di Lama nel sindacato. DI recente tutti gli hanno preferito la pipa di Pertlnl. • In realtà è sempre stato II sindacato In so atesso, soprattutto II sindacato comunista o genericamente »dl sinistra», che molti preti e frati bollarono, e alcuni bollano tuttora, con una radicalità che ha del freudiano, anche In Lama. Basta pensare al rigetto che si è verificato (e tuttora al verifica) In Italia fin dall'Immediato dopoguerra, verso I pochi pretioperai, all'Inizio accusati quasi sempre di adesione al sindacalismo comunista. . Le simpatie del clero meno Impegnato e attento al dramma sociale del lavoro e il suol sviluppi socio-Istituzionali, sono quasi sempre andate soprattutto alla Confindustria, neanche alla Osi o alle Adi. Per tutti gli altri sindacati, per Lama o I suol compagni non ci sono state, molle volte, che le battute sceme da seminario o gli Insulti gratuiti, datati addirittura dagli anni della •guerra fredda». ' Soltanto In alcuni momenti di crisi dell'occupazione o di stragi del terrorismo contro operai, Il sindacato d'ogni segno politico a'è trovato compatto anche In tempo cattolico e I critici aprioristici nel tuoi confronti hanno perso la parola. (Invettiva e II sarcasmo, ma appena per in momento. Le eccezioni lungo questi decenni al conoscono: sono vescovi coraggiosi, preti-operai fedeli quanto silenziosi e discreti, e un numero abbastanza consistente di operai più sensibili e Illuminati e di borghesi aperti al problema 0 del pluralismo sindacale. chiato di colpo» al momento dell'addio. Ha pianto. E tutti si sono commossi. L'uomo che ha sperato net tramonto dell'operaismo, che è sempre stato Insofferente verso ogni settarismo e feticcio burocratico, e contro «gli appiattimenti inaccettabili» delia linea egualitaria del sindacato, ha commosso tutti quando ha ammesso ancora una volta, patetico e dolorosamente sincero: •Abbiamo sofferto tutti, e non abbiamo saputo rinnovare il Paese». E ha precisato ancora una volta: «lo vengo dall'utopia. Sotto il segno appassionante dell'utopia marciò la mia giovinezza. Ero persuaso che si dovesse fare una rivoluzione violenta. La mia pistola di partigiano l'ho consegnata molto dopo». Ho provato a leggere alcuni passi del suo discorso a un mio amico prete che lo ha sempre bonariamente Irriso, e l'ho visto esitare e alla line commuoversi anche lui. Il riconoscimento spontaneo e lucido d'un proprio errore spesso disarma il nemico anche più critico e ostinato. E Invece, l'amico prete non si è scompósto. «Se ne va dal sindacato», ha detto, «ma anche quelli che tra i suoi non lo ritenevano più adatto al ruolo se lo ritroveranno al vertice del pei. Non è certo un "nonno" che se ne va in pensione. Il suo peso sarà sempre determinante». Senza saperlo, il prete ha fatto di Lama l'elogio più esatto, sta come uomo che come sindacalista e politico. Ed è molto probabile che proprio da oggi la sua pipa, nel conventi e nelle sacrestie, non appaia più come •// tomo di Satana». Sono passati decenni, il problema dell'occupazione é drammatico, l'unita sindacaie di fondo è urgente per tutti. Oggi che Lama esce dalla scena sindacale per occupare un posto di rilievo al vertice del pel, di colpo trovo non pochi che non esitano a unire il loro grano d'Incenso al ringraziamento generale per quest'uomo coerente, appassionato e anche autocritico. Esattamente come accadde fra I cattolici dello stesso tipo quando morì Enrico Berlinguer. Ma Lama, per fortuna, non è morto; e non riesco a credere alla sincerità Improvvisa di questa gente; temo sia dovuta, a livello più o meno Inconscio, semplicemente al tatto che Lama è uscito dal sindacato, e che, In definitiva, su quel versante non può più rappresentare un padre carismatico del sindacalismo. Ho sentito, qua e là, In questi tre giorni, voci esplìcite dì sollievo. Pronte tuttavia anche a un cavalleresco riconoscimento dei meriti del leader sindacale, quasi a volersi con questo riconoscimento cancellare qualche rimorso e sedare qualche scrupolo. In tondo Lama stesso, senza torse rendersene conto, con quel suo lungo e sincero pianto davanti all'assemblea dei compagni e di tutte le rappresentanze sindacali e sociali, compresa quella della Confindustria, ha confermato nel suol critici di Ieri quello che almeno In certe sfumature e in alcune parole, può essere apparso un discorso fallimentare. Il testamento di uno sconfitto, di un sopravvissuto, di un leader che non é riuscito a veder compiuta la propria missione, soprattutto quella di mediare una convivenza pacifica anche dal punto di vista umano e civile tra il mondo del lavoro operalo. Il mondo confindustriale e Il neo-capitalismo nostrano. Lama è apparso un cronista •Invec¬ Nazar ROMA — Cinquantun anni di storia della Cgil, ed un altro grande leader che passa la mano nella guida della più grande confederazione sindacale italiana. Il professor Giuseppe Tamburrano, socialista e presidente della Fondazione Pietro Nenni, è studioso della storia del movimento operaio italiano e buon conoscitore delle vicende interne della Cgil e dei suoi dirigenti, fin dai tempi di Giuseppe Di Vittorio. Qual è il filo comune che percorre la storia della Cgil e lega Luciano Lama a Di Vittorio? «La Cgil è stata a lungo cinghia di trasmissione del partito comunista — risponde Tamburrano — ma i suoi leaders hanno mostrato una grande capacità di autonomia. Stranamente, però, sia Di Vittorio che Lama nascono socialisti, entrambi di fatto riformisti». E' cambiata molto la Cgil, dagli anni di Di Vittorio? •Da Di Vittorio fino a Lama, ha vissuto l'evoluzione di un sindacato che da organismo di lotta proletaria diventa uno strumento di gestione di interessi generalizzati». Qual è stata la caratteristica principale di Di Vittorio? ■Di Vittorio, bracciante di Cerignola, è politicamente figlio delle lotte contadine, ed è stato educato dagli eccidi proletari che hanno insanguinato la Capitanata, terra di agrari e dello squadrismo più violento. Analfabeta e autodidatta, era il corrispondente di un giornaletto, Spartaco, diretto da mio padre, Luigi, uno dei dirigenti socialisti della Capitanata. Con la calligrafia a caratteri grandi, classica dell'autodidatta, mandava le sue corrispondenze: e una volta, dal carcere, chiese a mio padre che gli insegnasse il latino, perché era convinto che senza latino non c'è cultura. Di Vittorio è rimasto sempre cosi, con questa impronta». E invece Lama? •Lama viene dalla Resistenza e dalle lotte di fabbrica. Mentre l'habitat di Di Vittorio sono gli eccidi dei braccianti, per Lama è la lotta contro il nazifascismo. L'uno è analfabeta e autodidatta, l'altro è dottore, e in comune hanno il riformismo e la grande umanità. Ma, poi, uno esprime una classe operala agricola, l'altro di operai industriali. E a mio avviso Di Vittorio sceglie Lama come suo vero successore perché capisce che nell'Italia industriale sviluppata, alla guida del sindacato ci vuole qualcuno che conosca "il latino", cioè i problemi nuovi». Qual è la caratteristica di questi sedici anni della segreteria di Lama nella Cgil? «La caratteristica fondamentale della segreteria di Lama è stata l'autonomia del sindacato dal par¬ eno Fabbretti tito comunista e la ricerca dell'unità sindacale. Lama è stato il comunista che più ha operato perché si realizzasse l'intesa tra le confederazioni sindacali, sapendo che a questo fine bisognava rendere la Cgil non più cinghia di trasmissione, ma un organismo autonomo». In questo, sviluppando la lezione di Di Vittorio? «Senza dubbio. Già Di Vittorio, in tempi in cui la cinghia di trasmissione era un imperativo rigido, aveva saputo assumere, per esempio sui fatti di Ungheria e in altre circostanze, un atteggiamento di dissenso dal partito. Aveva una forte personalità politica. Ma nel suo caso era un fatto personale, mentre con Lama è diventato un fatto istituzionale. Dunque questa coscienza della distinzione tra lotta dei lavoratori e interessi del partito c'era già in Di Vittorio. Lama l'ha estesa a tutta l'organizzazione, istituzionalizzandola». Quale Cgil lascia ora Lama al suo successore? •La Cgil che Lama lascia in eredità è quella che lui stesso ha descritto cosi bene in un recente discorso fatto a Napoli, quando ai suoi compagni ha detto: dovete volare. Ecco, è una Cgil che appare seduta per terra, con questa difficoltà a comprendere ed affrontare i tempi nuovi. Deve imparare a vo- lare" S.p.

Luoghi citati: Cerignola, Italia, Napoli, Roma, Ungheria