Una serata d'onore per il monologo

Una serata d'onore per il monologo Il Teatro delle Dieci presenta «Parlare da soli», regìa di Scaglione Una serata d'onore per il monologo Toma alla ribalta un genere quasi dimenticato - Testi di Ruzzati, Nicolaj, Boggio, Carsana TORINO — Quella del monologo è l'arte della concentrazione da parte del drammaturgo e dell'intensità espressiva da parte dell'interprete: deve il primo ideare una situazione, calarvi un personaggio, renderlo, in cinque o dieci minuti, interamente plausibile; il secondo deve, dal canto suo, restituircene intera la verosimiglianza, non solo in virtù di parole, ma di toni di voce, effetti mimici e gestuali: e senz'altro appoggio che la propria .maestria», fatta di studio e distinto, di talento ed esercitazione. Forse per questo il monologo, che conobbe una prodigiosa fortuna nel secondo Ottocento e nel primo Novecento, in tante celeberrime serate d'onore, quando il primattore o mattatore aveva modo di rifulgervi, dal secondo dopoguerra ad oggi ha conosciuto un'inarrestabile decadenza: Riccardo Bocchelli ne scrisse di bellissimi per la Borboni (ma nessun'attrice ci ha più ripensato/ Dino Suzzati di altrettanto suggestivi per Laura Adoni: ma restano due eccezioni. Parlare da soli, la rassegna di monologhi in due tempi che il regista Massimo Scaglione e il Teatro delle Dieci presentano al Teatro Massaia Borghiere, smentisce la radicalità di questa mia affermazione. Vi s'offrono allo spettatore divertito e sempre intrigato .classici, del passato, come un Rasi o un Gandolin, ma anche saggi di scrittori odiernissimi, come Buzeati, Nicolai, Berti, Corsana, Ambrogi, la Boggio. E anche la miscela dei temi e dei personaggi è varia: va dalla • tronche de vie» tutta contenporanea di Mamma eroina della Boggio, straziata confessione d'una madre di drogata, interpretata con sofferta quotidianità dalla D'Eusebio, al delizioso pastiche di idillio crepuscolare e atrocità di Lettera noiosa di Bussati (una moglie scrive ad una amica di primavera e fimi, ma anche del consorte fatto fuori poco prima: eccellente nel suo candore crimi¬ nale la Lotterò) all'apologo surreale di L'appuntamento del Berti: una cliente chiede d'essere ricevuta d'urgenza da un avvocato, è la Morte che passa a ghermire una nuova vittima (lo sbigottito Franco Vaccaro). Ho citato tre degli attori delta primitiva compagine: ma voglio dir subito delta maturità dette nuove leve, come il Cavallera, il Marchese, l'Anselmino, che vengono dalla scuota di teatro che Scaglione continua a dirigere con t suoi vecchi (professionalmente) compagni. I quali tutu, mi sembra, dopo una trentennale attività, di ricerca d'autori nuovi e di proposta di classici ignoti (dai Becker* e Ionesco degli Anni Cinquanta all'Alione), meriterebbero una vita diversa: una sede loro, non un teatro di periferia, e forse una diversa attenzione da parte delle strutture pubbliche. Ma di questi tempi discrezione e una certa pulizia, anche formale, purtroppo non pagano. Guido Davico Bonino

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