Alta definizione tv, l'Italia è sola di Maria Grazia Bruzzone

Alta definizione tv, l'Italia è sola La perfezione delle immagini, affare da miliardi, divide il mondo Alta definizione tv, l'Italia è sola Nei laboratori Rai di Torino si prova il sistema giapponese, che avvicina il piccolo al grande schermo ROMA — L'alta definizione tv divide il mondo e separa per ora l'Italia dal resto d'Europa. Gli ospiti che da martedì scorso si avvicendano a Torino nel laboratorio tecnico della Rai, invitati ad assistere alle prove del sistema giapponese di High definition television (HDTV) brevettato da Sony e Nhk (la Rai giapponese), sono affascinati dalla perfezione delle nuove immagini che avvicinano il piccolo al grande schermo. Una qualità die i nuovi apparecchi -muse- riescono oggi a mantenere quasi intatta pur comprimendo il gran numero di segnali in una banda di frequenza più stretta. Meno appariscente ma di non minore rilievo è lo scontro che si cela dietro quella tecnologia che il Giappone, con l'appoggio di Stati Uniti e Canada, propone di adottare, come nuovo standard di cine televisivo mondiale. Per ora limitato alla produzione di programmi e film, in seguitai probabilmente, destinato an¬ che alla trasmissione via cavo e via satellite. E' uno scontro imponente che nel Comitato internazionale di radiodiffusione oppone il blocco nippo-americano (e i suoi alleati) a una larga maggioranza di Paesi del mondo capeggiati dalle nazioni europee. Ad eccezione dell'Italia, divisa all'interno tra vertici Rai e industriali dell'elettronica. Quali sono i termini di una questione da decine di migliaia di miliardi che investe la prossima generazione di apparecchi tv? Sul fatto che l'elettronica rappresenti il futuro dell'audiovisuale tutti concordano. D'accordo sono anche sulla necessità di arrivare ad uno standard comune che unifichi all'origine televisione e cinema, abbassando i costi produttivi. Una nórma unica che), .abbracci l'intèro'pianeta Che Vjsatelliti rendono sempre più piccolo. Ma quale standard, con quali tempi? Cresciuto sul boom dell'elettronica, il Giappone studia ■ jda 15 anni il problema ed è arrivato per primo ad una soluzione. L'America l'appoggia, avendo scelto di subordinare il mercato dei programmi, in cui primeggia, a quello dei televisori e telecamere. L'Europa televisiva non ha ancora neppure uno standard comune e rischiava di presentarsi divisa fra Pai e Secam all'appuntamento dei satelliti a diffusione diretta di fine Anni SO. Le sue industrie tutt'altro che disposte a cedere ai giapponesi, pensano anzi di trarre nuovo vigore da un mercato comune dell'elettronica. L'iniziativa è partita proprio dagli industriali. «La nostra controproposta è rimandare ogni decisione sullo standard mondiale e studiare a fondo il problema», dice Angelo Bernardini, docente, ... alKUwversità di ■RtftitO^TnetfttSró della «task force» creata dalle maggiori industrie elettroniche europee. Subito, intanto, in previsione dei primi satelliti a diffusione, gli industriali hanno deciso uno standard di trasmissione comune migliorato (anche se non ad alta definizione), a quattro canali audio e compatibile con i televisori attuali: il Mac D2. Francia e Germania e ora anche Gran Bretagna lo hanno fatto proprio. L'Italia non ha deciso. E' vero che la posizione italiana sulla scena televisiva europea è anomala: il successo di un canale italiano via satellite nella moltitudine delle reti terrestri dipende molto dalla nuova qualità delle immagini. Un satellite italiano inoltre non è neppure all'orizzonte. Dice Enzo Castelli, dirigente della direzione tecnica Rai: «Nella produzione in alta definizione siamo già impegnati e un quadro di riferimento comune non può che facilitare le cose. Ne.lla.trasmissiv>ne..(ift s,a,telli-, te arriveremo ultimi: a questo punto aspettiamo gli esiti del Mac e vediamo». Ma lindustria elettronica italiana può permettersi di aspettare? Maria Grazia Bruzzone

Persone citate: Angelo Bernardini, Enzo Castelli