Un Beaubourg firmato Felipe

Un Beaubourg firmato Felipe Nell'albergo dei poveri di Carlo IH, a Madrid, nasce il più grande complesso d'arte moderna d'Europa Un Beaubourg firmato Felipe E' il «Centro de arte Reina Sofia», 40 mila metri quadrati, colosso «multidisciplinare e polivalente» - Le prime mostre dopo l'inaugurazione, in maggio, alla vigilia delle feste di San Isidro - «E' una bandiera sul pennone più alto», dice il ministro della Cultura Javier Solana - Enormi stanziamenti del governo Gonzàlez per la «Movida madritena» - Vanno in soffitta i miti dell'antifranchismo, scema anche la devozione per Alberti e Garcia Lorca DAL NOSTRO INVIATO MADRID — Nel ritratto dipinto da Goya e conservato nelle sale del Prado, Carlo III di Borbone, re di Napoli (suo il «San Carlo»), salito nel 4759 al trono di Spagna, ha una faccia rugosa e rubizza, un lungo naso storto, una figura tutta dinoccolata, e se ne sta appoggiato al fucile da caccia con un'aria piuttosto ebete. In realtà, è ricordato come un monarca illuminista e riformatore: a Madrid fece costruire un imponente albergo dei poveri, cosi solido e moderno che tra un mese diventerà il più grande centro d'arte moderna in Europa, superiore anche al «Beaubourg» di Parigi. Questo nuovo colossale contenitore «multidisciplinare e polivalente» ha già un nome: Centro de arte Reina Sofia (in omaggio alla moglie di re Juan Carlos). Offre una superficie di 40 mila metri quadrati, che però sarà completamente utilizzabile nel 1990; per l'inaugurazione prevista nella prima metà di maggio, alla vigilia delle feste di San Isidro, patrono di Madrid, saranno comunque disponibili 22 mila metri quadrati. Prime mostre: «Referencias e identidades», un confronto a sei, fra artisti spagnoli e di altri Paesi; e «Procesos: cultura y nuevas tecnologìa:,» sulle produzioni artistiche con video, videodischi, computer, laser. Per il governo socialista di Felipe Gonzàlez che cosa rappresenta questa quest'opera? Un successo di immagine e di iniziativa? Una questione di prestigio, un'esibizione di imprenditorialità, una metafora del buongoverno? Per il mini- stro della Cultura, Javier Solana, «è una bandiera sul pennone più alto». Solana è un fisico nucleare, alto, asciutto e pacato. Come molti politici della generazione dei quarantenni, viene dalle lotte antifranchiste nelle università. Ministro dalla prima legislatura del «cambio» (1977), oggi è il numero 2 dei socialisti spagnoli e il portavoce del governo. Il suo ministero ha sede in un edificio modernissimo, ceduto da una banca fallita. «Questo governo ha fatto della cultura davvero una bandie>, dice Solana. «il bilancio del mio ministero rappresenta l'I per cento del bilancio generale dello Stato. E' una percentuale molto, molto alta. In termini relativi, dal 1982 al 1986 il bilancio della cultura è c mentalo del 90 per cento. Nello stesso periodo, il bilancio dello Stato è aumentato del 30 per cento. E' una priorità chiara. Ciò ci ha permesso di creare un clima che favorisce tutta la produzione culturale e si esprime anche in uno stato d'animo: la Movida madritena». La Movida è come il pulviscolo su Madrid, guardando la città dai vetri opachi dell'ufficio del ministro. E* il bruii' chio, sulla superficie della capitale, di sciami di intellettuali e artisti, pittori, designers, fotografi, stilisti, cineasti, cantautori, che appaiono indifferentemente sulle riviste d'avanguardia e nei locali alla moda, vengono ritratti da Ceesepe, divo dei comics, o fanno da modelli per Ouka Lele, fotografa del postmoderno. Ma questa «aria di Madrid» è cara. Soltanto il Circulo de Bcllas Artes, nella spaziosa e luminosa Calle de Alcalà, si mangia ogni anno un miliardo e mezzo di lire. Fondato nel 1880, prima ancora di Franco era un club della ricca borghesia, dove si conversava e si giocava a carte tra vecchi mobili di legno e pelle e una splendida tauromachia in quaranta stampe, ma ora è autogestito dagli artisti madrileni (con un bilancio totale di 3 miliardi). Qual è la strategia politica che salda i due estremi, vale a dire i lunghi investimenti, come il Centro Reina Sofìa, e le sovvenzioni correnti, come al Circulo de Bcllas Artes? I grandi progetti strutturali e la Movida di intellettuali e artisti che cos'hanno in comune sul tavolo ben ordinato del ministro Solana? In questo Paese che da 10 anni corre a perdifiato per coprire la distanza che lo separava dal resto dell'Europa, la politica culturale si trova alle prese con due nodi: il rappor to della cultura con gli anni del franchismo e la formazione di una nuova generazione di intellettuali. Sul franchismo non si scrìve, non si dipinge, non si fa cinema, né teatro, anche se in tcllettuali e artisti dichiarano in maggioranza di appartenere all'Izquierda. Ma, come dice Fernando Trueba, uno dei nomi nuovi del giovane cinema spagnolo, «un film su Franco è un fatto antiestetico». Anche i miti dell'antifranchismo vanno a finire in soffitta: Rafael Alberti? «Per i giovani d'oggi è una specie di mummia», dice secco secco Javier Barquin, direttore di «Gratix», un periodico della Movida. Che cosa è successo? Una grande rimozione collettiva? Una perdita di memoria stori ca? «E' vero — risponde Solana — nella società spagnola oggi il desiderio di non parlare del passato. Il che non significa la rinunzia a una memoria sto rica collettiva: le elezioni del 1977 e quelle del 1982 hanno dimostrato che questa memoria è ancora viva. Ma non nella quotidianità. Per esempio, sono cinquant'anni dalla guerra civile ma quasi non si faranno mani festazioni. Si preferisce dimenticare, anche non dimenticando. E' il problema di tener conto della distanza: è ingiusto dire che Rafael Alberti o Carda Lorca appaiono come delle e mummie, ma è realistico riconoscere che oggi non possono essere letti con la devozione per i simboli che sono stati». Una generazione di intellettuali senza passato e senza maestri che rapporto ha con la politica? E' un interrogativo destinato a suscitare diffidenze, resistenze e scetticismo. I politici di professione da una parte, intellettuali e artisti dall'altra, appuntamento ogni 5 anni per le elezioni. La caduta delle passioni ideologiche si salda con il tradizionale invincibile individualismo spagnolo: «Non mi identifico con niente e con nessuno», dice Borja Gasarti, fondatore della «Luna de Madrid», un altro periodico della Movida. Che cosa rendono, quanto pagano, allora, gli investimenti del governo nella politica culturale? «Le attività che promuoviamo e le opere che realizziamo — risponde Solana — hanno avuto un consenso sociale molto ampio.- Questo ministero ha ricevuto molte meno critiche di altri settori del governo. C'è una comprensione reale per lo sforzo economico che sosteniamo. E' più diffìcile valutare che peso abbia la politica culturale nel creare un consenso al governo, ma sono convinto che tra i creadores c'è un atteggiamento sostanzialmente favorevole, anche se non saprei dire in che misurai. L'antico ospedale dei poveri trasformato in grandioso centro d'arte, con gli enormi padiglioni imbiancati di fresco, l'austera facciata rosa e grigia, il vasto chiosco, le gallerie a volta, è li a due passi dal ministero, tra la zona nobile dei musei e la vecchia stazione di Atocha. Ospiterà laboratori di arti visive, cinema, televisione, musica contemporanea, produ zioni tecnologiche. Forse la nuova generazione degli intel lettuali della giovane Spagna si formerà qui, in quello che FA Pois, primo giornale spagnolo, ha già chiamato «el Prado del siglo XX». Alberto Papuzzi apvlptddivni Madrid. Tra un mese l'ex albergo dei poveri (nella foto la tromba delle scale presa dal basso) costruito da Carlo III di Borbone diventerà il più grande centro d'arte moderna in Europa, superiore anche al Beaubourg. Sarà intitolato alla consorte di Juan Carlos la regina Sofìa