Morlacchi, vita agra in casa Goldoni

Morlacchi,, vita agra in casa Goldoni L'attrice magnifica protagonista della commedia in scena al Pier Lombardo Morlacchi,, vita agra in casa Goldoni De Bosio regista di un testo sospeso tra l'elogio dell'attivismo femminile e l'ironia sugli effetti che possono derivarne DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Scritta nel 1755 In dialetto veneziano e in veni martelUanl, Le donne de casa io» di Carlo Goldoni non veniva più rappresentata da metà Ottocento circa. Ha giustamente pensato a riproporcela un regista che è anche uri fine uomo di cultura, Gianfranco De Bosio, con la Cooperativa Franco Parenti: la prima per la critica u'è celebrata l'altra sera al Salone Pier Lombardo e s'è risolta in un franco e meritato successo. Scrivo meritato perché questa commedia non è aifatto minore, e poi perché l'allestimento è di quelli che sposano profondità dell'analisi critica del testo alla leggerezza della sua messinscena. Le donne de casa soa è un copione sospeso in delicata ambiguità tra l'elogio dell'at- tivismo femminile e una neppur troppo velata ironia sui perniciosi effetti che questo pragmatismo muliebre può ingenerare. In una Venezia Invernale la piccoloborghese Angiola supplisce con un'operosità da formica all'inerzia molle del marito- Gasparo, sensale senza clienti: lesina sulle spese, risparmia fin nell'abbigliamento, e si preoccupa di collocare al più presto a marito la giovane cognata Checca, per alleviare il già stento bilancio famigliare. La vicenda esterna della commedia è tutta in quelle nozze frettolosamente allestite tra la Checca e lTTonino, orfano di un mercante levantino, con l'impaccio di uno zio. il bellicoso Isidoro, e la collaborazione arguta della comare Betta e della mezzana Basttana. Ma conta molto più, come sempre nel maggior Goldoni, l'itinerario interiore del personaggi: nel caso nostro, quello di Angiola, dominatrice, sino all'asprezza dell'insulto, del consorte imbelle, del rassegnato compare Bonetto, gagliarda nel rivaleggiare in efficienza con le compagne; ma fondamentalmente sola, insoddisfatta nei sensi e nel cuore, forse amareggiata della sua stessa grettezza. E' a questo Viaggio nei recessi dell'anima della protagonista che De Bosio, senza rinunciare per questo agli af fettl comici della fabula, ha voluto giustamente guidarci In una Venezia fredda plovorna, ricreata da Nicola Rubertelll con dovizia di quinte, fondali, sipari mobili da «teatro nel teatro», tra 1 costumi di Zalra de Vincen tiis che sanno di logoro e di stinto, nella penombra lieve delle luci a gas recuperate per l'occasione da Guido Baroni, il gagliardo vitalismo di Angiola s'espande, coinvolge nelle sue spirali uomini donne, conquista a sé persln quel rodomonte di mercante schiavone: ma tutta questa giostra, che De Bosio con mano ferma orchestra, tra visite jUc«sarV';r«t5buÌfi al mariti, languorose seduzioni, pare girare a vuoto su se stessa: è la giostra di un ruolo socialmente usurpato al maschio, che per l'Illuminista popolare» Goldoni finirà per produrre piti male che bene: Mirandolina della Locandiera Il che attende d'andare in scena e, (finalmente si può dirlo!), la sua tentata ascesa sociale non verrà vista di buon occhio dal commediografo. Angiola è Lucilla Morlacchi e la sua è una interpretazione di rara misura, di squisito autocontrollo: le sarebbe stato facile buttare 11 personaggio sul grottesco nella prima parte, sul patetico nella seconda: non cede né all'una né all'altra tentazione: è rude, non -rustega., 6 immalinconita, non disperata. Di buon livello 11 fronte femminile con la Saint Denys, la Bozzolo, la La Monaca, la Poliziano; qualche scompenso in quello maschile, a mio avviso: eccellenti nei due ruoli di carattere 11 triestino (11 levantino Isidoro) e il Loreto (11 compare Benetto), un poco più esitanti, nel ruoli seri, lo Scarpati (Toni no) e 11 Giuliani (Gasparo) Guido Davico Bonino l

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