La Cassazione boccia Darida non poteva congelare la Sme

La Cassazione boccia Darida non poteva congelare la Sme La sentenza riconosce l'esistenza di un contratto tra Iri e Buitoni La Cassazione boccia Darida non poteva congelare la Sme ROMA — Il ministro delle Partecipazioni Statali Clelio Darida non poteva «congelare» la vendita al gruppo Buitoni di Carlo De Benedetti del pacchetto azionario di maggioranza della Sme posseduto dairiri. Lo hanno definitivamente stabilito ieri le sezioni unite civili della Cassazione, presiedute dal primo presidente Giuseppe Tamburrino, nella sentenza con cui è stata attribuita al tribunale civile di Roma l'esclusiva competenza a pronunciarsi sulla complessa e delicata controversia tra la Buitoni e l'iri, che ha per oggetto la validità o meno del contratto di acquisto di 449 milioni 105 mila 263 azioni della Sme. La pronuncia dei supremi giudici e destinata ad alimentare polemiche perché in pratica sconfessa l'operato del governo. La Suprema Corte ha Intanto anticipato il verdetto del tribunale su uno dei punti-chiave dell'intricata vicenda: è illegittimo il decreto emesso dal ministro Darida 11 15 giugno scorso con cui si bloccava la vendita alla Buitoni e si disponeva un ulte- riore approfondito esame comparativo delle offerte presentate nel frattempo dalla società, Cofima e dalla cordata Barilla-Berlusconi-Ferrero, riaprendo cosi l'asta della Sme. La Cassazione, accogliendo le tesi dei legali della Buitoni (avvocati Pietro Guerra, Bruno Guardascione e Mario Nigro), ha testualmnete affermato che •non esisteva e non esiste disposizione di legge \che preveda il potere di autorizzazione ministeriale nei confronti dell'In (fatta ecce¬ zione per le partecipazioni ex Egam)-- Ciò significa che Darida disponendo il 15 giugno la provvisoria sospensione del provvedimento autorizzativo della vendita della Sme alla Buitoni (alla quale invece il ministro aveva aderito un mese prima) ha compiuto un atto - abnorme e radicalmente illegittimo-, come sosteneva la società umbra di Carlo De Benedetti. Infatti nell'accordo stipulato con la Buitoni è scritto che il presidente dell'Iri, Romano Prodi, si sarebbe affrettato a chiedere le autorizzazioni dì legge. Sennonché la Cassazione ha ora spiegato che l'autorizzazione ministeriale non era affatto necessaria, né richiesta dalla legge. La Cassazione ha poi ritenuto «dei tutto destituite di fondamento* le tesi sostenute sia dal ministero delle Partecipazioni Statali e dal Cipe (assistiti dall'Avvocatura generale dello Slato) sia dalla società Cofima, secondo le quali nessun giudice Italiano poteva pronunciarsi sulla vertenza, ma esclusivamente il Parlamento. Viceversa è esclusivamente competente il tribunale civile di Roma, come sostenevano i legali della Buitoni e dell'Iti. Va peraltro ricordato che durante l'udienza pubblica del 13 marzo scorso l'avvocato generale della Cassazione Bruno Fabi dichiarò che esiste il contratto tra la Buitoni e Tiri. A suo parere si potrà discutere della sua validità o meno, ma esso esiste. Resta questo il nodo cen trale su cui si impennerà nei prossimi giorni la discussione Pierluigi Franz II ministro delle Partecipazioni Statali. Celio Darida

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