La Protezione civile ora chiede di salvare le norme antisismiche di Bruno Ghibaudi
La Protezione civile ora chiede di salvare le norme antisismiche La Protezione civile ora chiede di salvare le norme antisismiche ROMA — -Se ci sono delle none a rischio sismico sono proprio la Sicilia, la Calabria, la Campania e in genere tutta l'Italia Meridionale — denuncia il prof. Oluseppe Bigi dell'Istituto di Geologia dell'Università di Roma, coordinatore dell'Atlante — . Terremoti come quello del Belice, dell'Irpinia e del Friuli hanno evidenziato che le costruzioni sorte nel rispetto delle norme antisismiche hanno resistito, salvando molte vite umane. Ed è altrettanto evidente che dove queste norme non sono state rispettate le costruzioni hanno ceduto, con tutte le conseguenze'. Il grido d'allarme sulle modifica al condono edilizio che mitiga i vincoli antisismici per l'Italia meridionale accomuna ora esperti di geologia, di terremoti, di ingegneria e tecnici della Protezione civile. Il ministro è prudente, ma chiaro: « Bisogna conciliare — dice Oluseppe Zamberletti — le esigenze del condono con quelle della sicurezza'. Sono suggerimenti che il governo dovrà valutare con molta attenzione. Per anni gli esperti si sono impegnati ad approntare mappe sismiche sempre più precise per consentire ai tecnici e ai politici di stabilire vincoli e parametri sempre più aderenti alla realtà, si sono sgolati nell'esigere dallo Stato un rispetto delle norme che può garantire la sopravvivenza di molte vite. E adesso si sentono giustamente traditi e vedono 11 loro lavoro vanificato da un permissivismo che può avere gravissime conseguenze. Alla base della difesa deve esserci una classificazione delle varie zone secondo la loro sismicità. Di recente è stata rielaborata la carta «a rischio- dell'Italia, nella quale il pericolo è stato fissato secondo graduatorie più precise. Negli ultimi anni sono state riviste le norme per le costruzioni, che impongono accorgimenti tecnici irrinunciabili (come le fondazioni e le strutture portanti in cemento armato di determinate forme e dimensioni, l'uso di determinati materiali). E' chiaro che una costruzione antisismica, a parità di altre condizioni, viene a costare un po' di più di un edificio che non debba tenere conto di questi accorgimenti. Di quanto? Il prof. Bigi lo precisa subito. 'Varia da zona a zona, ma di solito non supera il 15 per cento, una maggiorazione ampiamente ripagata dalla sicurezza e dalla tranquillità acquisite'. L'Istat, dal canto suo, lo conferma. Per danni alle abitazioni, ai sistemi produttivi, alle opere di urbanizzazione, ai beni culturali e al suolo (dissesto ldrogeologico) il terremoto del 1978 in Friuli è venuto a costare più di 3500 miliardi. Quello del 1980 in Irplnia più di 13.400 miliardi. Nel Sud, soltanto i danni alle abitazioni hanno superato i 10 mila miliardi: nei Comuni colpiti le case rimaste illese sono circa la metà, mentre più del 20 per cento ha riportato lesioni gravi o è stata completamente distrutta. Si sono anche stabilite precise responsabilità: la violazione delle norme era da attribuire non soltanto a costruttori disonesti, ma anche ad amministratori irresponsabili, che per privilegiare gli insediamenti industriali o i flussi turistici avevano brigato in modo da ottenere una classificazione di rischio sismico inferiore. Adesso sono in molti a temere che un eccessivo permissivismo favorisca le economie di costruzione ma vada a scapito della sicurezza e per i fabbricati e dell'incolumità per le persone. «E' un fatto gravissimo — ha detto Antonio Janniello, segretario generale di Italia Nostra —. Con queste proposte di modifica la legge n. 47, già di per sé troppo permissiva, diventerebbe insostenibile. L'allentamento dei vincoli antisismici introdurrebbe molti rischi per l'incolumità pubblica». Bruno Ghibaudi
Persone citate: Antonio Janniello, Oluseppe Zamberletti
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